RUSSIA: Khodorkovski non è un martire

Ci sono cose della politica dell’Europa orientale che a quella occidentale non vengono dette, come se non la riguardassero. Ce ne sono poi altre che vengono dette troppo, al punto da distorcerle o da creare miti e figurine, come santini da pregare in chiesa, e che diventano intoccabili per l’opinione pubblica. Khodorkovski è uno di questi. Nessuno qui nega che sia in carcere per motivi politici, vittima del potere putiniano. Khodorkovski però è anche vittima della sua (legittima) sete di potere. Occorre ricordare che non stiamo parlando di un attivista per i diritti umani o di uno strenuo difensore della democrazia, ma di un oligarca che -per un po’- ha fatto i suoi affari nella Russia corrotta e scadente degli anni Novanta, e poi con l’avvento di Putin (trovatosi senza sponde politiche) ha provato a disarcionarlo finanziando l’opposizione.

Dopo questo j’accuse (perdonate, è nel mio nome) diamo qualche dato di sostegno. Attivista del Komsomol (la gioventù comunista sovietica), il giovane Khodorkovki ha cominciato la sua brillante carriera di businessman e miliardario già poco prima della caduta dell’Urss. In virtù della nuova politica della perestroika, fonda una banca, la Menatep Banking Group. Con questo strumento di credito, Mikhail – insieme ad un’altra ventina di oligarchi saliti dall’ombra sovietica – si pone nella miglior posizione per profittare delle privatizzazioni, ossia la svendita del patrimonio industriale e minerario dell’Urss.

Nel 1995 compra la Yukos, colosso petrolifero tra i più grandi del mondo, per 350 milioni di dollari. Un prezzo stracciato poiché il valore di Yukos, come risulterà dalla sua quotazione in borsa, è di 15 miliardi di dollari, ossia 42 volte il suo prezzo d’acquisto. Erano quelli gli anni in cui la Russia era in svendita, in cui  Boris El’cin era l’ebbro presidente a libro paga degli oligarchi, e che la fu potenza russa si trovava ad essere un supermerket per i businessman amici di Washington. Non c’è da stupirsi che dopo un periodo così deprimente il Paese abbia trovato in Putin il suo duce.

Al momento del suo arresto, nel 2004, la borsa di Mosca fu chiusa per un’ora per ridare stabilità ai prezzi collassati. Il pacchetto azionario nella Yukos in possesso di Khodorkovski era intanto passato a Jacob Rotschild. Quest’ultimo, barone e suddito di sua maestà britannica, è uomo d’affari d’altri tempi, filantropo e banchiere, erede di una famiglia di banchieri, ricorda un po’ quel Fugger (anche lui Jacob) che teneva i cordone della borsa di Carlo V.

Cosa c’entra Rotschild con Khodorkovski? Ufficialmente nulla, ma si vocifera che Casa Rotschild abbia dato a Khodorkovski i soldi per l’acquisto di Yukos. E perché mai avrebbe dovuto farlo? Mistero. Quel che è certo è che il barone, nella sua attività filantropica, ha dato vita a una fondazione per la promozione della democrazia in Russia (la Open Russia Foundation) nella quale siederebbe anche Hanry Kissinger. Quindi Rotschild avrebbe avuto interessi a pilotare (certo non era il solo) la politica russa per fare affari? Impossibile dirlo.

E’ facile, da parte di Putin, accusare Khodorkovski di corruzione, malversazione, evasione. Erano gli anni del far west (o meglio, east) russo, dei magnati arricchitisi con le privatizzazioni selvagge che poi diventavano finanziatori del potere politico in cambio di favori per le loro aziende. Uomini che tenevano il pugno il Paese, oligarchi appunto. E’ altrettanto facile capire che si tratta però di accuse dal preciso intento politico, Khodorkovski è un uomo potente e in libertà sarebbe pericoloso per Putin. Più pericoloso, ad esempio, di Berezovsky -ex tycoon mediatico, poi rifugiatosi in Inghilterra- che finanziò la campagna elettorale di El’cin e fece propaganda dalle sue televisioni. Finché un giorno Gazprom non comprò tante, troppe, azioni della sua emittente.

Insomma, gli oligarchi erano corrotti, manovratori della politica, speculatori sulle teste delle persone, mafiosi. Una cricca di criminali. E Khodorkovski era uno di loro. Anzi, era quello più importante. Un nemico politico per il regime di Putin, ma anche un nemico di qualsiasi società democratica quale la Russia non è ma l’Europa sì: quindi prima di stracciarsi le vesti per i diritti violati, occorre sempre valutare bene di chi si sta parlando. Poi, certo. Il regime di Putin può e deve essere combattuto. Ma Khodorkovski sembra l’arma meno adatta.

 

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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9 commenti

  1. Scusate, ma questo post risulta essere del 29 dicembre 2010 (???) Se aveste letto il libro appena uscito con scritti e interviste a Khodorkowski (“La mia lotta per la libertà”, Marsilio 2012) capireste che la questione attuale non riguarda il fare o meno di Khodorkowski un martire, oppure quanto egli fosse o meno parte de sistema di potere corrotto in Russia negli anni ’90. Ciò che è importante è la profonda trasformazione che otto anni di carcere hanno avuto su Khodorkowski dal punto di vista intellettuale e umano. E’ in questo che Khodorkowski si differenzia dagli altri (e quindi ritenuto ancora più pericoloso dal regime putiniano).

    • sì, il post è del 2010. Abbiamo molto materiale in archivio e ogni tanto lo riproponiamo su facebook…

    • Se Kodorkovskj fosse oggi ritenuto un pericolo per il regime putiniano, non avrebbero deciso di rimetterlo in libertà. Il pericolo, per Putin, sono i potentati economici e le cordate politiche interne che gli si oppongono. Insomma, gente con soldi, tanti soldi. Oggi Kodorkovskj non conta più nulla, e il Cremlino si fa una risata della sua trasformazione morale e intellettuale: ormai è impotente, quindi può tornare libero. Questo articolo era stato scritto per evitare che si confondesse uno che ha fatto i suoi interessi, e che per questo è entrato in collisioni con Putin, con una vittima innocente o, peggio, un campione dei diritti umani in Russia. In Europa si fa facilmente confusione, anche con Navalny è stato così.

      Matteo Z.

  2. sempre tutto giusto. da noi non ci si rende conto che le categorie europee nell’ex urss fanno ridere…e che i metodi, là, sono molto diversi dai nostri…l’europa affonda nella politically correctness…salvo francesi e inglesi che si comprano la Libia con una bella guerra neocoloniale…ma ufficialmente è per ragioni umanitarie…

  3. Per chi volesse saperne di piu sull’oligrca, incollo il link di un articolo di Pino Arlacchi, ex capo dell’antimafia ONU

    http://www.pinoarlacchi.it/it/rassegna-stampa/articoli/347-linganno-khodorkovsky

  4. L’articolo è abbastanza obbiettivo, a differenza del coretto ammaestrato dei media occidentali. Solo qualche concessione alla propaganda come “il Paese abbia trovato in Putin il suo duce” (la Russia è una Repubblica e Putin è il presidente liberamente eletto) e alcune considerazioni alquanto strane tipo: “Il regime di Putin può e deve essere combattuto”, ti chiederei a che titolo, visto che ai russi Putin piace e la Russia è il LORO paese. Mi sembra un po troppo presuntuoso voler insegnare agli altri come devono vivere a casa propria.

    • @Vlad – In passato ero molto più esplicito nell’esprimere le mie opinioni (l’articolo è del 2010), che pure restano quelle di allora. Non sono “antirusso”, lo trovo stupido, né “russofobo”, ma sono profondamente critico nei confronti del putinismo a cui riconosco il merito di avere risollevato la Russia dopo gli anni di “vassallaggio” occidentale ma che trovo pericoloso per l’Europa: è un concetto che esprimo spesso. Il regime russo non è democratico (su questo sarà d’accordo anche lei) e tende a imporsi all’estero (la Georgia, una certa parte di Ucraina, i baltici, la Polonia sentono la pressione o la violenza dell’imperialismo russo). In questo senso dico che va “combattuto”.

      Che i russi abbiano diritto di scegliere il loro leader è giusto fino a un certo punto, per due ragioni secondo me: 1) la Russia è un regime autoritario, la “scelta” è pilotata e indotta, per questo ho iperbolicamente parlato di “duce” 2) anche i tedeschi negli anni Trenta scelsero il loro leader solo che poi non è rimasto “a casa loro”. Gli stati non sono compartimenti stagni ed è per questo che è nostro diritto esprimere la critica. Da italiano, inoltre, trovo che una voce critica al putinismo sia necessaria visto che il nostro paese fa parte del club degli amici di Mosca, come lo definì Caracciolo, e spesso i media sono teneri con Mosca.

      Infine, non pensi che io voglia insegnare qualcosa a qualcuno. Io esprimo un’opinione e lo faccio in modo chiaro, a viso aperto. Sono un democratico, di ispirazione liberal-socialista, e userei parole ben più affilate per le democrazie europee. Non uso due pesi e due misure, non sono a libro paga di Bruxelles né di Mosca, non faccio parte di partiti, fondazioni, lobbies. Sono libero perché non conto nulla. Dico quello che penso, a volte argomentandolo a volte no, per creare una discussione dalla quale – questa è la mia convinzione – si possa uscire tutti con elementi di valutazione in più. Me compreso.

      Grazie per leggerci

      Matteo Z.

  5. “ma sono profondamente critico nei confronti del putinismo a cui riconosco il merito di avere risollevato la Russia dopo gli anni di “vassallaggio” occidentale ma che trovo pericoloso per l’Europa: è un concetto che esprimo spesso. Il regime russo non è democratico (su questo sarà d’accordo anche lei) e tende a imporsi all’estero (la Georgia, una certa parte di Ucraina, i baltici, la Polonia sentono la pressione o la violenza dell’imperialismo russo). In questo senso dico che va “combattuto”.”


    Che il “putinismo” (ma che diavolo è?) sia pericoloso per l’Europa mi sembra alquanto opinabile. Quantomeno non la pensa cosi la Germania che ha messo la sua sicurezza energetica nelle mani della Russia, e non lo pensano cosi neppure l’Italia e un’altra decina di paesi UE che hanno fatto altrettanto. Il tuo è un pregiudizio ideologico che fa a pugni con i fatti, da quando c’è Putin la partnership tra Russia e UE è cresciuta tantissimo e lo sarebbe pure di più se non fosse per l’ostruzionismo di qualche paese telecomandato dagli USA (questi si deleteri per l’Europa). Anche tu cadi nel pregiudizio per cui la Russia non ha il diritto di difendere i propri interessi nel suo estero vicino, mentre l’occidente può organizzare colpi di stato, mandare ministri a manifestare contro il governo ucraino, fare pressioni allucinanti (il capo del Pentagono si è permesso di minacciare al telefono il ministro dell’interno ucraino !) e tutto questo è sempre legittimo, mentre se i russi alzano un sopracciglio è “imperialismo”. Nei paesi baltici le minoranze russofone subiscono discriminazioni da Sudafrica dell’apartheid nel silenzio vergognoso della UE, ma se la Russia si permette di obiettare qualcosa è “violenta”. Cosi non va. Anche perchè la Russia diventa sempre più forte e l’occidente sempre più debole, prima o poi si dovrà pagare tutto, i russi sono pazienti ma non amano lasciare conti in sospeso.

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