INCHIESTA: Il segreto del bosco di Khimki

di Toni Castellano


Russi, giornalisti, ambientalisti e oppositori del sistema politico di maggioranza del loro paese. Quattro caratteristiche comuni a Oleg Kashin, Anatoly Adamchuk e Mikhail Beketov.
Ne avrebbero una quinta, le violenze subite, e forse una sesta, l’interesse per il bosco di Khimki, ma le indagini giornalistiche e giudiziarie in cui sono finiti non sono ancora arrivate al termine e sarebbe prematuro usare l’indicativo.
Il bosco di Khimki è un terreno di almeno mille ettari che si trova a Nord Ovest di Mosca. È un’enorme distesa di betulle e querce, oltre che habitat di numerose specie animali.
Da tempo nei pressi del bosco vivono anche animalisti e ecologisti russi, sullo sfondo di ruspe e gru. Proprio attraverso quegli alberi il governo Putin ha deciso di far passare il raddoppio dell‘autostrada Mosca-San Pietroburgo. I lavori si sono resi necessari dato l’elevato traffico di merci e persone e la struttura viaria non sufficiente a reggere tale traffico.

Da questa descrizione ciò che risulta fuori posto è la presenza degli ambientalisti. L’unico modo per spiegarla ragionevolmente è raccontare che, urbanisticamente parlando, il passaggio del nuovo tratto autostradale dal sobborgo di Khimki solleva non poche critiche. Oltre a danneggiare la superficie ossigenante del bosco, compromettendone l’ecosistema, il passaggio da Khimki dell’autostrada sarebbe una deviazione, un allungamento: esattamente il contrario di una scorciatoia. Anche la viabilità ne risentirebbe. Dunque non si riesce a comprendere quale possa essere la funzionalità dello slabbro su Khimki. Va detto che Khimki si trova in una posizione comoda, non per un’autostrada, ma per dare un’apertura al percorso che dirige verso l’aeroporto internazionale Sheremetyevo.

Una volta aperto il varco da Khimki i gestori delle flotte che usano le piste di Sheremetyevo disporranno gratuitamente un collegamento con il flusso di merci e uomini ad alta velocità che metterà in miglior comunicazione le due città più ricche della grande madre Russia: Mosca e San Pietroburgo. In più creerebbe un indotto su cui molti imprenditori hanno già fiutato affari. Per questa operazione il governo Putin è già riuscito a entrare in accordi collaborativi con banche come Bers e la Banca europea degli investimenti. Insomma, a questa manovra fatta di motoseghe e bitume sono legati interessi di cospicue dimensioni; interessi che sembrano potersi estraniare anche dalla legge.

Si badi bene che non stiamo parlando di un’opera qualsiasi. “Stando all’agenzia federale delle strade la costruzione del manto tra il chilometro 18 e 58 ammonta a 42 miliardi di rubli, secondo i prezzi del quarto trimestre del 2005. Per la prima parte, dal chilometro 15 al 29, il costo di costruzione è approssimativamente di 27 miliardi di rubli. Secondo il Comitato Statistico Russo per l’inflazione nel periodo tra il 2005 e il 2009 il tasso di inflazione ammontava all’1,5. L’equivalente in rubli per euro è circa uno a 42. Ciò significa che la stima complessiva del costo per l’autostrada è di 1,5 miliardi di euro”. Sono parole di Ivan Blokov, campaign leader di Greenpeace Russia. Lo abbiamo sentito per avere conferma diretta dei fatti che in Russia si stanno verificando.

Blokov ci ha raccontato che dietro alla costruzione del raddoppiamento autostradale Mosca – San Pietroburgo ci sono numerose anomalie. “Secondo la legge russa – ci spiega Blokov – prima della costruzione di una strada come quella di cui stiamo parlando sono obbligatorie delle audizioni pubbliche. Nel caso di Khimki le audizioni sono state fatte solo per la strada che da Mosca porta a Sheremetyevo”. Insomma, la discussione in merito al resto dei lavori è stata omessa. Ma non è tutto. “Le terre che la foresta occupa – dice Blokov – non sono ancora private o vendute e secondo la legge possono essere vendute solo quando non sono coperte da bosco. Circa 120 ettari (12.000 metri quadri) sono stati disboscati per essere dati in aggiunta al terreno necessario per la strada. Il costo di quella terra si aggira almeno sui 100/150 euro al metro quadro”.

Infine Blokov ci ha illuminato su una questione che non può passare in secondo piano: “Il ministro dei trasporti russo, Igor Levitin, è anche l’amministratore delegato dell’aeroporto internazionale di Sheremetyevo”. Lo stesso ci conferma la giornalista della Novaya Gazeta, Elena Kostyuchenko, che aggiunge sarcasticamente: “La strada che passa da Khimki per Sheremetyevo è una curvatura: le autostrade russe sono tendenzialmente tutte dritte!”. Non è dunque difficile capire le proteste degli ambientalisti, e non solo le loro.
In merito a tutto questo Igor Levitin, durante una seduta della Camera pubblica (corpo organizzato dal presidente russo) del 16 settembre, ha dichiarato che “tutte le procedure sono state eseguite in conformità con la legislazione attuale. Abbiamo ottenuto tutti i documenti necessari. Non c’è alcun bisogno di ottenere qualsiasi altra cosa…Il progetto è stato svolto in piena conformità con la legislazione russa”. Levitin ha chiuso la faccenda dicendo: “Stiamo parlando la lingua delle leggi, non si può parlare col linguaggio delle emozioni, della retorica o delle fantasie”.

Portavoce di questi erano i tre giornalisti citati in capo all’articolo. Oleg Kashin, Anatoly Adamchuk e Mikhail Beketov si sono occupati in momenti differenti di riportare i fatti di Khimki e di altri boschi.
Oleg Kashin, reporter di Kommersant, è stato aggredito la notte dell’8 novembre 2010 da due uomini. Armati di mazza metallica gli hanno rotto gambe, braccia e mandibola, infierendo in particolare sulle ossa della mano destra, quella con cui il trentenne scriveva. Ha passato alcuni giorni in ospedale in stato di coma, risvegliandosi solo il 14 novembre.
Anatoly Adamchuk, reporter del giornale di provincia Zhukovskie Vesti, era stato picchiato pochi giorni prima di Kashin da due uomini, anche lui. Si occupava delle proteste degli ambientalisti e stava approfondendo il caso della foresta di Djukovskiy, un altro bosco nei pressi di Mosca che si pensa di abbattere. La differenza con Kashin è che Adamchuk è stato anche accusato di aver organizzato il proprio pestaggio. Il ministero dell’Interno russo ha annunciato di aver catturato i due aggressori. Questi a loro volta avrebbero confessato di essere stati pagati mille rubli ciascuno dalla loro stessa vittima per malmenarla.
Mikhail Beketov dirigeva fino al 2008 la Khimkinskaya Pravda, una piccola rivista con sede e interessi nel paesino fuori Mosca. Nel novembre del 2008 fu aggredito da due uomini con mazze metalliche. Oggi, a causa di quell’aggressione, si muove su una sedia a rotelle: ha perso una gamba e quattro dita di una mano. Le lesioni al cervello gli hanno creato danni permanenti.

Pochi giorni fa Beketov ha dovuto recarsi presso un’aula di tribunale. Lì è stato condannato ad una multa per calunnia di cinquemila rubli, che non dovrà pagare solo per il lungo tempo passato dai fatti che gli erano contestati. La “calunnia” di Beketov era stata rivolta al sindaco di Khimki, Vladimir Strelchenko. Il giornalista accusava nel 2007, all’inizio dei lavori di allargamento dell’autostrada, l’amministratore di essere lo “sponsor della politica del terrore”. Secondo Beketov, Strelchenko era coinvolto nell’organizzazione di un attentato per far saltare in aria la sua auto. Un anno dopo quella accusa Beketov ricevette la visita a casa dei due picchiatori.

Dal 2000 a oggi sono 19 i giornalisti uccisi in Russia. Di nessuno di questi 19 si è ancora conosciuto un colpevole. Le aggressioni ai reporter in Russia sono diventate un fenomeno ricorrente. Gli “attacchi contro i giornalisti” solo nel 2009 sono stati 59 secondo il sito di Glasnost Defense Foundation.
Pochi giorni fa la Novaya Gazeta è stata ammonita dall’Osservatorio di Stato sulla comunicazione per aver propagandato idee fasciste e aver pubblicato documenti e pagine del sito ultranazionalista e neofascista Russkij Obraz. L’ammonizione avvertiva che non ci sarebbe stata una seconda volta, pena la chiusura. Va aggiunta a questo fatto l’informazione sul sospetto che Anastasja Baburova, cronista che lavorava per Novaya Gazeta, sia stata uccisa proprio da appartenenti al gruppo fascista sul conto del quale il giornale aveva pubblicato un approfondimento. Baburova fu uccisa il 19 gennaio 2009 insieme a Stanislav Markelov, giornalista, attivista nonché avvocato difensore di Beketov.

Tornando a Kashin, Beketov e Adamchuk possiamo dire con certezza che tutti e tre si sono occupati o si stavano occupando della polemica relativa al bosco di Khimki e se a tutti e tre è toccato un trattamento violento, gli ultimi due sono anche stati accusati davanti a un giudice per l’insostenibilità di alcune affermazioni da loro stessi pronunciate e relative alle persone coinvolte nel lavoro che conducevano.
Quella delle violenze non è una pratica riservata ai soli giornalisti. Konstantin Fetissov, attivista di Ecodefense, impegnato proprio nel coordinamento delle proteste per il disboscamento del bosco di Khimki è stato massacrato con la solita spranga di ferro la notte del 4 novembre 2010.
Il 14 novembre hanno sfilato a Mosca 200 persone chiedendo che si fermino le aggressioni ai giornalisti. Ufficialmente i lavori a Khimki sono ora fermi col fine di “approfondire la questione”, su ordine del presidente Medvedev.
Interpellata da Bright, Greenpeace Russia ha commentato: “Sono centinaia i casi simili a Khimki Russia. Questa questione ha numerosi precedenti e dimostra la sordità delle istituzioni sia verso l’opinione pubblica sia verso le analisi di esperti del settore. Khimki è l’esempio lampante di cosa e quanto è sacrificabile per il raggiungimento di profitti a scapito della natura”.

 

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