TURCHIA: Prove di futuro. Intervista a Nagehan Uskan

(Q-Code) Nagehan Uskan, cineasta e  dottoranda di Sociologia, una delle voci della Turchia dei giovani che immaginano un futuro diverso. In Turchia la tensione è alta: alla cesura storica tra islamisti e militari, per la prima volta si inserisce una frattura nel fronte confessionale.

In Italia e in Europa il momento politico in Turchia viene presentato come un regolamento di conti all’interno dello schieramento islamista tra Erdogan e Gulen. Da Istanbul e dal punto di vista della società civile, quanto risponde al vero questa visione?

Non e’ proprio un regolamento dei conti, ma piuttosto una lotta di poteri.  Sono anni che assistiamo a diversi periodi in cui la politica di Akp e quello di Gulen si incrociano e poi si separano ma a un livello estremo come questo non eravamo mai giunti prima. Ormai e’ riconosciuto da tutti come le forze di polizia siano sotto il controllo di Gulen  (il titolo di libro di Ahmet Şık lo nomina L’esercito dell’imam) e che senza dubbio l’operazione anticorruzione del 17 dicembre e’ stata fatta con l’obiettivo di indebolire la forza di Akp. E altri hanno considerato questa operazione  come la strategia della Comunita’ di Gulen (in turco cemaat) per porre un ostacolo sulla via che potrebbe portare Erdogan alla presidenza della Repubblica (elezioni previste quest’anno). Sappiamo bene che il processo Ergenekon e’ stato portato avanti grazie al ruolo svolto dalla Comunita’ in ambito giudiziario e se per anni Akp ha potuto governare tranquillamente senza il perenne rischio di colpo di stato e’ stato sempre grazie a questo. Ma Erdogan non ha risposto in maniera adeguata a questi ”favori” come era necessario, ad esempio assegnando agli uomini della Comunita’ i posti di governo richiesti.

La corruzione nell’Akp, secondo te, sarebbe un colpo fatale per il prestigio di Erdogan, che ha sempre utilizzato la moralità come cavallo di battaglia della sua propaganda?

E’ decisamente un brutto colpo, ma non e’ la prima volta che vengono alla luce le loro corruzioni. Sono anni che gli oppositori di Akp denunciano questo tipo di fenomeni, ma questa e’ la prima volta che essi sono stati accettati anche dal grande pubblico tra cui anche una parte di sostenitori di Akp. Vedere tutta la gente manifestare in piazza urlando ”Attenzione, c’e’ un ladro!”  (Hırsız var!) e’ stato decisamente un evento importante. Erdogan adesso sta negando queste corruzioni e dice che sono delle calunnie, e purtoppo trova sempre un pubblico che ci crede. A mio parere una parte del pubblico di Akp ha perso la fiducia (come e’ successo anche durante la resistenza Gezi), ma poi esiste anche uno zoccolo duro che si affeziona sempre di piu’ e non vuole lasciarlo da solo in questi ”giorni difficili”.

In passato, uno dei pilastri del successo dell’Akp è stato quel ceto imprenditoriale islamico che ha contribuito allo sviluppo economico della Turchia. La corruzione potrebbe incrinare questo rapporto?

Si, e’ vero, grazie ad Akp e’ nata una nuova borghesia che ha le sue radici nella cultura musulmana di Anatolia. In particolare Akp ha saputo utilizzare e trarre profitto dal mercato arabo che per anni era rimasto lontano dalla visione della repubblica turca, che voleva guardare sempre verso Occidente. Pero’ il programma economico sviluppato da Erdogan non era diretto a tutti: ha sempre favorito innanzitutto la classe sociale a lui vicina politicamente, e poi chiunque fosse pronto a ”turarsi il naso” per arricchirsi con il nuovo sviluppo economico. In questo senso, a mio parere i rapporti di interesse potranno anche non essere influenzati tanto dalla perdita di fiducia morale. In ogni caso, il ”favoloso sviluppo” economico di questi ultimi anni sta gia giungendo a termine, dato che per alcuni economisti la Turchia e’ gia diventato un ”paese a rischio” per gli investimenti.

Per anni siamo stati abituati a pensare alla vita politica turca come una frizione tra il potere dei militari e l’islam politico. In che condizioni versa la sinistra turca?

La repubblica turca sin dalla sua fondazione ha cercato di escludere l’islam politico come tante altre identita’, allo scopo di fondare la repubblica dei turchi puri, ”bianchi”, ”laici’, ”occidentali”. L’Islam politico e’ stato certo una delle vittime di questo approccio, in particolare con il colpo di stato ”postmoderno” del 28 febbraio 1997. Pero’ l’Islam politico e’ stato molto abile ad approfittare di questo vittimismo. Sappiamo infatti bene che non erano gli unici ad essere sotto la pressione della repubblica (di cui l’esercito ha sempre difeso i principi fondativi, tra cui il laicismo). In particolare, quando durante gli anni ’90 nell’est del paese c’erano terribili massacri contro i curdi, noi non ne sapevamo niente e continuavamo a credere che la questione di religione e laicismo fosse l’unico problema del paese. Per quanto riguarda la sinistra turca invece, essa e’ sempre stata molto frammentata, e spesso con componenti nazionaliste. Ma da circa un anno, grazie alla spinta propulsiva e all’apertura politica del movimento curdo, e’ nato un nuovo partito-ombrello (HDP) che ambisce a raggruppare tutta la sinistra (compresa quella curda) su un programma di sinistra democratica, multiculturale e non-nazionalista.

Che atteggiamento ha assunto, per ora, l’esercito turco nella vicenda? Quanto la vicenda Ergenekon ha cambiato le cose in Turchia?

L’esercito turco ha dichiarato di non voler essere coinvolto in questa discussione. Come ho detto prima, la vicenda Ergenekon ha consolidato la forza dell’AKP azzerando quasi del tutto il ruolo politico dell’esercito. Paradossalmente, gran parte dei pezzi grossi dell’esercito che attualmente si trovano in carcere, hanno avuto un ruolo importante nei massacri e le violenze compiute negli anni ’90 contro i curdi, ma di questo non hanno mai dovuto rispondere. La principale ragione per cui ora si trovano in carcere e’ che avrebbero costituito una sorta di organizzazione segreta (Ergenekon) per pianificare un colpo di stato contro il governo dell’Akp. C’e’ da dire inoltre che la perdita di potere politico dell’esercito in questi ultimi anni ha permesso all’AKP di provare ad affrontare con maggıore liberta’ la questione curda (dialogo con Ocalan…). In questo senso, l’attuale scontro tra Gulen e Akp fa chiedere a molti quale possa essere il futuro di questo possibile processo di pace.

Il popolo di Gezi Park era in piazza per motivi più profondi di un parco. Che è accaduto a quella mobilitazione? Credi che la situazione attuale possa portare di nuovo a esplosioni di dissenso generale?

Gezi e’ stato un punto di svolta, ha fatto capire a tutti quale genere di forza e potenzialita’ possediamo. Tanti non erano neanche coscienti di questa loro forza, e neanche il ”potere” immaginava che potevamo essere cosi numerosi ed eterogenei. Un’altra esplosione del genere non credo che si possa piu’ ripetere. Anche se il 22 e il 27 dicembre ci sono state di nuovo delle grandi manifestazioni, sara’ difficile raggiungere di nuovo l’utopia di Gezi che abbiamo visto con i nostri occhi. Ma ormai ci sono numerosi punti di resistanza diffusi in diversi punti di İstanbul, anzi in tutta la Turchia, con varie e diverse modalita’ di resistenza. Infatti gia’ a giugno, quando abbiamo conquistato il nostro parco, avevamo detto: ”Bu daha başlangıç” (Questo e’ solo un inizio).

Credi che un possibile passo indietro di Erdogan rispetto alle prossime presidenziali possa bastare a mettere a tacere le polemiche e le tensioni?

Non credo che sia possibile un passo indietro di Erdogan, dato il suo grande desiderio di mantenere il potere il piu’ a lungo possibile. E in ogni caso non penso sia in alcun modo possibile che le tensioni si rilassino in breve tempo, dato il susseguirsi di tre diverse elezioni nei prossimi 18 mesi.

Photo: ADEM ALTAN/AFP/Getty Images

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