Odessa, splendore e tragedia di una città di sogno

Recensione a “Odessa. Splendore e tragedia di una città di sogno” di  Charles King (Einaudi, Torino 2013)

“Sono arrivato a Odessa in macchina, aereo, treno e nave e ogni volta sono stato accolto con l’ospitalità e la vitalità per cui questa città è giustamente famosa” (Charles King)

È un libro davvero avvincente, frutto di anni di incontri, ricerche sul campo e  bibliografiche, quello scritto su Odessa da Charles King, docente di Affari Internazionali alla Georgetown University di Washington. Un libro che già dall’indovinato titolo, Odessa. Splendore e tragedia di una città di sogno, dice di una città leggendaria, la cui identità meticcia ne ha fatto nel corso dei secoli un luogo dalla spiccata vivacità culturale. Sin dalla sua fondazione, avvenuta nel 1794 ad opera dell’ammiraglio Josè Pascual Domingo de Ribas y Boyons – un protetto del generale Grigorij Aleksandrovič Potëmkin – figlio del console spagnolo a Napoli e di un’aristocratica irlandese, Odessa si è sempre contraddistinta come punto di incontro e fusione di etnie, fedi religiose, costumi, avanguardie politiche, artistiche e culturali.

Quella stessa vivacità sprigionata da un centro multiculturale, come si evince dal lungo racconto di King – mirabile per rigore filologico e ampiezza di documentazione –, ha altresì lasciato emergere anche dei lati inquietanti.

“Come molte altre vivaci città portuali e come molti tessuti urbani multiculturali, essa ha sempre liberato i suoi demoni più vitali, quegli spiritelli che incarnano le muse palpitanti della società metropolitana e i creatori instancabili dell’arte e della letteratura. Spesso, tuttavia, ha lasciato emergere anche i lati più oscuri, quelli che stanno in agguato nei vicoli e bisbigliano parole di odio religioso, invidia di classe e vendetta etnica”.

Il libro dello storico statunitense, dedicato alla famiglia Martens e ai suoi avi “che con coraggio e speranza, hanno lasciato le sconfinate steppe russe per la pianura americana”,  è, a ben vedere, costruito proprio su questa polarità che da sempre caratterizza la storia di Odessa.

Il luogo mitico che ha ispirato registi come Ėjzenštejn e scrittori come Aleksandr Puškin e Isaak Babel’ (molto interessanti i capitoli Il governatore e il poeta e Il nuovo mondo  dedicati rispettivamente al conflittuale rapporto tra Voroncov e Puškin – il poeta fu l’amante della bella moglie del conte russo che governò Odessa a partire dal 1823 – e alla Odessa ebraica dei racconti di Babel’, ambientati nel quartiere Moldovanka tra boss mafiosi, ladri, prostitute e gente comune), è stato anche il teatro in cui si è consumato, per esempio, un capitolo dimenticato dell’Olocausto, quello perpetrato dalla Romania, alleata del Terzo Reich, sulla popolazione ebraica nell’ottobre del 1941.

Non fu peraltro la prima volta che gli ebrei, che all’inizio degli anni Ottanta dell’Ottocento rappresentavano i due terzi dei mercanti e dei commercianti registrati in città, furono oggetto di persecuzione.

“Le aggressioni contro gli ebrei a Odessa si codificarono in un modello di spiegazioni comunemente accettate e di risposte ufficiali, che furono reiterate in tutto l’Impero per i due decenni successivi”.

Il termine pogrom, comunemente usato per definire queste persecuzioni violente nei confronti degli ebrei, spiega King, deriva dalla parola grom, che in russo significa tuono, “come se gli attacchi contro gli ebrei avessero una ragione naturale, forse persino celeste”.

Il saggio, che segue l’arco della storia di Odessa dagli albori della sua esplosione urbanistica – a Mark Twain, lì in visita nel 1867 parve una copia dell’America! – passando per le tragedie del XX secolo, fino alla sua consacrazione di luogo mitico e leggendario, si conclude con uno sguardo sulla città odierna. Una città che a partire dal censimento del 1979 è soprattutto ucraina in termini di popolazione e che dal 1991 è diventata il più importante porto passeggeri di una nazione relativamente nuova, l’Ucraina, emersa dalle ceneri dell’Unione Sovietica.

“Gli amministratori cittadini sono molto più benevoli di quelli di altre epoche. Sotto molti aspetti, si sono impossessati del suo passato variegato e complesso invece di cancellarlo. Come i loro predecessori sovietici, hanno scoperto che la nostalgia permette di fare affari”.

Nel capitolo finale Crepuscolo, King ricorda che oggi “nessuna città supera Odessa per la quantità di guide storiche tascabili, libri di barzellette e monografie su strade, palazzi, quartieri, famiglie, negozi, visitatori famosi e oscuri personaggi storici ”.

Chi è Massimiliano Di Pasquale

laurea alla Bocconi in Economia Aziendale, ha lavorato a Londra come consulente di marketing, per imprese americane e inglesi, nel settore tecnologico. Tornato in Italia si dedica alla cultura, lavorando come consulente e scrittore freelance. E' è membro dell’AISU, Associazione Italiana di Studi Ucraini e scrive di politica internazionale sulle pagine di diversi quotidiani nazionali. Nel giugno 2007, con un’intervista all’allora Presidente ucraino Viktor Yushchenko, inizia la sua collaborazione con East, bimestrale di geopolitica sull’est dell’Europa e del mondo. Ha pubblicato il libro fotografico "In Ucraina, immagini per un diario" (2010) e "Ucraina, terra di confine" (2013).

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3 commenti

  1. splendida città, chisasà che riesca ad andarci, prima o poi, prima della morte! 🙂

  2. Ma per carità, Odessa è una città in prevalenza russa, basta sentire la lingua che vi parlano, l’ucraino non lo parla quasi nessuno !

  3. L’ autore di questo articolo Odessa la deve aver vista attraverso i libri. probabilmente il giorno prima del censimento, la maggioranza della popolazione se n’era andata in crociera.

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