La Russia e l'impoverimento democratico europeo

La Russia ha svelato la sua natura brutale e imperiale durante la guerra in Georgia, la sua immagine positiva si è definitivamente disintegrata – per chi l’ha creduta vera. Anche prima che le bombe cadessero in Georgia, lo stato di Putin ha violato ogni genere di regola democratica e civile: assassinando giornalisti, imprigionando oppositori politici, tornando a un lessico da guerra fredda. E benché a tutti gli europei fosse chiaro che l’esibizione dei muscoli da parte del Cremlino era più che altro una strategia di difesa piutosto che di offesa, si è lasciato fare. Anzi, con quella Russia si sono stretti accordi enegetici: la Germania di Schroeder ad esempio- E il fatto che poi – dopo il cancellierato – lo stesso Schroeder sia stato messo a capo di una joint venture con le due aziende tedesche Basf e E.On e la Gazprom per i lavori del Nord Stream, la dice lunga sulle connivenze tra alcuni membri dell’Unione Europea e la Russia. Connivenze che vanno a scapito dell’Unione stessa. Il Nord Stream, proseguendo nell’esempio, aggira Polonia e paesi baltici, oppositori del Cremlino.

Ora, dopo la Georgia, si è reso evidente a tutti che dietro la “democrazia controllata” si cela una dirigenza cinica e autoritaria composta dai pietroburghesi – ex gruppo di ufficiali del Kgb, tra cui lo stesso Putin.

Ma veniamo al punto: l’invasione russa in Georgia pone la seguente questione: il tempo delle rivoluzioni pacifiche, differenti nell’esito ma non nel debutto, che hanno attraversato l’Europa centro-orientale dalla caduta del Muro fino alla Rivoluzione arancione di Kiev, è da considerarsi chiuso e fallimentare? Davvero questi Paesi sono costretti a scegliere tra il peso dell’influenza russa e lo snobismo dell’Unione Europea?

Benché Saakashvili non sia Havel, la sua “rivoluzione delle rose” nel 2003, esattamente come la rivoluzione arancione in Ucraina nel 2004, sono frutti tardivi del mutamento democratico sucessivo al 1989.  Non vogliamo qui accodarci a quelli che vedono nella Russia un novello impero del male, producendo retoriche oppositive tra Est ed Ovest che ci paiono ormai anacronistiche. Ma certamente il Cremlino, nelle sue necessità espansionistiche, si trova a minacciare direttamente l’Europa. E qui poco importano le differenze tra comunitari e non comunitari. Attraverso politiche energetiche e belliche la Russia si sta estendendo sul continente, potendo contare sull’appoggio di “paesi amici” quali Germania, Francia e Italia cui poco interessano le palesi violazioni dei diritti umani perpetrate da Mosca.

Nelle democrazie occidentali, anzi, si vedono inquietanti sintomi. La malattia è l’usura della democrazia e delle libertà individuali. Le “democrazie mediatiche” occidentali hanno prodotto un nuovo homo videns, per dirla con Sartori, che non è più in grado di discernere tra la realtà e la sua rappresentazione. Un siffatto corpo sociale è indifeso di fronte alle derive autoritarie, che in nulla rassomigliano alle dittature novecentesche, ma che potrebbero rivelarsi non meno lesive dei principi della libertà democratica.

Intanto la marina russa ha da pochi giorni ripreso le manovre nel Mar Nero. Era cinque anni che la flotta dell’Armata Rossa, ancorata nel porto ucraino di Sebastopoli, faceva la polvere. Il governo Yanukovich ha dato il suo nulla osta e la flotta ora si muove nelle acque territoriali di Kiev indisturbata. L’obiettivo è chiaro, fare del Mar Nero un lago privato, con buona pace di Georgia, Ucraina e Romania.

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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2 commenti

  1. Saakashvili o Putin: difficile capire chi sia il più spregevole. Non ha senso prendere le parti dell’uno o dell’altro. La Georgia non è Davide contro Golia, godendo dell’appoggio di USA e Israele. Qui si sta giocando a scacchi sulla pelle dei Georgiani, che non hanno ancora ben chiara la destinazione finale della loro rivoluzione (un po’ come in Libia). Mi spiace un sacco per loro (e per noi).

  2. Vorrei segnalare a chi interessa che il 5 o 6 marzo prossimo (indicherò meglio la data) ci sarà un seminario sulle elezioni russe ad Unimi in via Consservatorio. Interverrà il giornalista Sergej Utkin insieme a me ed altri colleghi della statale che si occupano di Russia (Alessandro Vitale, Mario Ganino). Per chi volesse partecipare fornirò altri dettagli
    grazie

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