Ombre sull'Aja, in dubbio l'indipendenza del presidente Meron

Una tempesta ha scosso di recente il Tribunale Penale per l’ex Jugoslavia. Il presidente del Tribunale, Theodor Meron, è stato accusato da un suo collega, il giudice danese Frederik Harhoff, di aver emesso delle sentenze politicamente motivate aventi ad oggetto l’assoluzione di diversi imputati di alto profilo accusati di crimini di guerra e contro l’umanità. La tesi di Harhoff è che Meron e altri giudici a lui fedeli agiscano per conto degli USA e abbiano come fine quello di limitare la portata giurisprudenziale del principio di responsabilità di commando. Questo, secondo Harhoff, andrebbe a favorire le gerarchie militari americane e quello di altri paesi influenti nelle loro operazioni militari.

Ora, la tesi di Harhoff non è stata ancora sostanziata con elementi probatori chiari. Per questo motivo alcuni commentatori non esitano a relegare quanto affermato dal giudice danese a teoria del complotto. Bogdan Ivanišević, avvocato belgradese, argomenta in un lungo articolo che Meron non ha inventato niente ma che ha meramente seguito la giurisprudenza stabilita in precedenza dal Tribunale. In ogni caso, secondo Ivanišević, Meron non potrebbe agire da solo ma ha sempre bisogno di una maggioranza di giudici per imporre la sua “agenda”. Altri, come Martin Burcharth, citando fonti delle Nazioni Unite, ritengono che le tesi di Harhoff siano motivate.  Ad alimentare quanto sostenuto dal giudice danese sono anche rivelazioni di wikileaks relative al 2003 e messe in rete dal sito di Assange nel 2011. Secondo questi documenti, Meron non si sarebbe soltanto regolarmente incontrato con alti ufficiali statunitensi, dimostrando un vivace scambio di informazioni fra ambasciate USA e il presidente del tribunale, ma sarebbe, secondo un cablogramma, “il principale sostenitore degli sforzi del governo USA presso il tribunale” (“the Tribunal’s preeminent supporter of United States Government efforts”).  Meron ha anche redatto, assieme a USA e Regno Unito, una bozza per una risoluzione del Consiglio di Sicurezza in merito a poteri e priorità del procuratore dell’Tribunale Penale per l’ex Jugoslavia.

Il documento più controverso è senz’altro quello in cui Meron chiede la revoca di Carla del Ponte dal ruolo di procuratore capo dell’ICTY. In primo luogo, Meron afferma che Del Ponte è un personaggio mediatico interessato prima di tutto alla propria immagine. In secondo luogo, Del Ponte non avrebbe alcun controllo sul suo staff, non “capirebbe nulla di gestione manageriale” e non avrebbe né la visione né le capacità necessarie per esercitare il ruolo di procuratore capo dell’Aia. Altresì, i capi di accusa chiesti dal procuratore sarebbero troppo estesi, rischiando per questo di intralciare il lavoro del Tribunale per diversi anni e mettere a rischio la “completion strategy, la strategia per chiudere i lavori del tribunale entro pochi anni. Per questo, Meron chiedeva al governo USA nel 2003 di non rinnovare il mandato di Del Ponte come procuratore capo dell’ICTY. Secondo il professore Kevin Jon Heller, il comportamento di Meron rivela una chiara violazione del principio dell’indipendenza del procuratore sancita dall’articolo 16(2) dello Statuto del Tribunale Penale per l’ex Jugoslavia.

In ogni modo, nonostante il ruolo di supporto di Meron trova riscontro nei documenti wikileaks, ciò non significa, come affermato dalla Sueddeutsche Zeitung, che egli abbia seguito direttive impartitegli dagli USA. Prove che dimostrerebbero la malafede di Meron e di altri giudici, per ora, non sono emerse pubblicamente ma trovano riscontro soltanto in voci di corridoio. Qualora queste prove emergessero, ci troveremo nel mezzo di una vera e propria guerra fra giudici. Dato che tale scenario comporterebbe delle conseguenze gravissime sulla reputazione e funzionalità del Tribunale, non appare certo che altri giudici siano disposti a seguire l’esempio di Harhoff e di uscire allo scoperto manifestando il loro malcontento nel futuro prossimo.

Theodor Meron, nel motivare l’assoluzione di Momčilo Perišić, ex capo di stato maggiore dell’esercito jugoslavo, ha ritenuto che non era possibile concludere che l’unica possibile interpretazione degli aiuti militari da lui forniti all’esercito della Repubblica Srpska (RS) era la loro destinazione al compimento di crimini di guerra. Meron ritenne che tali aiuti non erano destinati esclusivamente a crimini di guerra, ma anche allo sforzo bellico della RS in generale, e che alla stregua di questo erano legali. Preoccupa perciò che un’istituzione così delicata per la riconciliazione nell’ex Jugoslavia e per lo sviluppo del diritto internazionale umanitario come il Tribunale Penale per l’ex Jugoslavia abbia a capo una figura la cui indipendenza, come direbbe Meron, non è l’unica possibile interpretazione dei fatti.

Foto: UN Photo/Sophia Paris

Chi è Stefan Graziadei

Dottorando in diritto internazionale all'Università di Anversa

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