Stati Uniti, Russia e la "guerra fredda" siriana

Lo scontro questa volta è davvero evidente: frutto di interessi strategici e geopolitici in un’area importante, ma anche di un’onta passata da dover cancellare. Parliamo di come Stati Uniti e Russia si fronteggiano sui fronti opposti della pace (se così si può dire).
La differenza di vedute sul modo in cui si dovrebbe trattare la questione siriana dura ormai da diversi mesi. Agli Stati Uniti piacerebbe un intervento militare, diretto o indiretto. Di quest’ultimo tipo in realtà già si vocifera da un bel po’: secondo varie voci di intelligence turchi e americani starebbero già armando da tempo i ribelli siriani. La Russia invece non è d’accordo: vuole porre fine alle violenze in Siria, ma attraverso un accordo fra le varie fazioni in lotta. E comunque, fra le due parti, il presidente Putin propende apertamente per il Governo in carica siriano di Bashar al Assad, con cui ha stipulato accordi militari di vario genere.

La No-Fly Zone
Gli americani avrebbero paventato l’idea di istituire una “no-fly zone” in Siria, o almeno in alcune parti di essa (lungo il confine con la Giordania), allo scopo di evitare i bombardamenti di civili da parte delle truppe governative. Ma gli stessi statunitensi sanno che questa sarebbe un’opzione troppo costosa. “Sarebbe molto meglio provare a rafforzare l’opposizione moderata”, ha dichiarato il consigliere di Obama, Ben Rhodes.
I russi sono assolutamente contrari a questa iniziativa, ricordando esplicitamente come “l’istituzione di una no-fly zone in Libia ha portato a una campagna di bombardamento su larga scala della Nato, facendo pendere la bilancia in favore dei ribelli libici e permettendo loro di rimuovere Gheddafi”.
In quell’occasione la Russia e la Cina si astennero in sede Onu dal votare contro l’istituzione della zona a volo vietato. Ma le conseguenze furono nefaste e i russi non hanno né scordato né perdonato lo scherzetto agli occidentali.

La pistola fumante
“La ‘linea rossa’ è stata oltrepassata: abbiamo le prove che il governo siriano ha usato armi chimiche”, ha detto il senatore repubblicano John McCain. Si parla dell’uso di gas sarin, un tipo di gas nervino. Ma la Russia dichiara apertamente di non credere a nulla di quello che propagandano Oltreoceano.
“Gli americani ci hanno presentato informazioni sull’uso di armi chimiche da parte del regime, ma francamente noi abbiamo pensato che non fossero troppo convincenti”, ha dichiarato l’assistente presidenziale Yury Ushakov. “Non vorremmo ricordare anche le famose prove che ci mostrò il segretario di Stato Colin Powell (ai tempi della guerra in Iraq, ndr), ma i fatti non sono per niente convincenti ai nostri occhi”, conclude Ushakov.
Powell, come si ricorderà, nel 2003 portò all’Onu delle presunte prove secondo cui Saddam Hussein stesse fabbricando delle armi chimiche all’antrace, per convincere gli altri membri dell’assemblea ad invadere l’Iraq. Prove che poi risultarono completamente false e fabbricate ad arte.
Anche il governo russo ha tentato di svolgere indagini per scoprire l’eventuale uso di armi vietate, ma senza mai arrivare a risultati univoci e certi. “Abbiamo provato in diverse occasioni, anche quando le informazioni che ci arrivavano riguardavano l’uso di armi chimiche da parte dei ribelli”, ci tiene a sottolineare Ushakov. “Vediamo come si evolve la situazione”.

La conferenza di pace
Dopo vari rinvii, è stato organizzato per il 25 giugno prossimo a Ginevra un incontro di esperti per discutere della situazione siriana. Ma se da una lato si accusano gli americani di sabotare il tentativo armando i ribelli, dall’altro il governo di Putin ha già dichiarato che la conferenza non fermerà la vendita dei missili terra-aria S-300 al governo siriano.

Il rischio di escalation
Armare i ribelli potrebbe portare a una “escalation regionale” del conflitto, soprattutto considerando che le accuse di uso di armi chimiche “non sono supportate da prove credibili”, ha affermato il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov.
Aggiunge Aleksandr Lukashevich, portavoce del ministero degli Esteri: “C’è il piccolo dubbio che la decisione di fornire nuove armi ed equipaggiamenti militari ai gruppi illegali militanti potrebbe portare l’aumento della violenza nello scontro e della violenza contro civili innocenti. Specialmente dato il fatto che essa arriva in mezzo a dichiarazioni di andare ben oltre, istituendo una no-fly zone sulla Siria per aiutare (i ribelli, ndr) non solo con le armi, ma con le armi pesanti”.

Scontro
L’immagine che emerge attualmente è che sopra la Siria si stia giocando una partita molto più grande che non il destino del popolo siriano e del governo di Bashar al Assad. Stati Uniti e Russia proteggono i loro interessi (che sono diversi) con l’appoggio degli alleati regionali (che sono diversi). E la partita si profila ancora molto lunga e complicata. La piccola guerra fredda mediorientale non pare destinata a esaurirsi in tempi rapidi.

Chi è Valerio Pierantozzi

Giornalista professionista, sono nato a San Benedetto del Tronto nel 1980, ma sono pescarese di adozione. Ho passato 20 anni della mia vita a scuola, uscendo finalmente dal tunnel nel 2006 con una laurea in Filosofia. Amo il mare, il sole, le spiagge e odio il grigiore, le nubi, il freddo. Per questo nel 2014 mi sono trasferito in Svezia. Da grande vorrei essere la canzone “Night” di Sergio Caputo.

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Un commento

  1. “Secondo varie voci di intelligence turchi e americani starebbero già armando da tempo i ribelli siriani.”
    E io che credevo che le mitragliatrici pesanti ed i lanciarazzi se l’erano comprate al mercato sotto casa …

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