SERBIA: Violenza allo stadio nella sfida con l'Italia. Chi sono gli hooligans serbi

di Matteo Zola

Genova, preso il teppista serbo incappucciato

In Italia lo sappiamo bene: la tentazione dei regimi autoritari è sempre quella di utilizzare il calcio come macchina di consenso, laddove il calcio alimenta le febbri popolari e diventa fenomeno di distrazione di massa. La Serbia non fa eccezione. La partita di ieri sera tra le due nazionali, italica e serba, ha risvegliato gli interrogativi di molti. Ma che succede? si son chiesti i telespettatori. Perché ce l’hanno con noi? Senza assolvere in alcun modo il comportamento della teppa serba, cerchiamo di capire. Anzitutto ci sono le responsabilità della politica italiana nei confronti di Belgrado. In secondo luogo -assai più rilevante- i fenomeni sociali in atto in Serbia. Andiamo con ordine.

Il mondo della tifoseria serba è composto da giovanissimi, ragazzi cresciuti sotto il regime di Milosevic e che hanno subito le sanzioni che l’Occidente ha imposto alla Serbia allo scopo di far diminuire il consenso attorno al dittatore. In certa misura quelle sanzioni hanno prodotto il risultato opposto. Quando quei ragazzi erano adolescenti, si son visti piovere in testa le bombe della Nato (non dell’Onu, che misconobbe quell’azione). L’Italia era fra i bombaroli. Il senso di abbandono e di isolamento stritolò tutta la Serbia: “perché per liberarci ci bombardano?”. A pagare per Milosevic furono i civili che già in maggioranza non lo supportavano più. Quei ragazzi, dopo le sanzioni e le bombe, si sono ritrovati ventenni in un Paese senza sbocchi, fermo al palo della crisi economica, e costantemente frustrato nei sogni di grandeur. Ecco che allora il riferirsi al sogno nazionalista della Grande Serbia, il vagheggiare quella guerra (perduta) e i suoi eroi-criminali, daà un senso a quel futuro di cui essi si sentono privati. C’è poi da considerare l’intervento italiano in Kosovo (molti degli striscioni della partita di ieri si riferivano a quello). Fine delle giustificazioni socio-politiche.

Veniamo al mondo degli hooligans. Quei giovani trovano un senso nell’appartenenza a un gruppo. Il calcio è solo l’elemento di aggregazione più diffuso. Entrare a far parte dei gruppi di hooligans richiede prove di iniziazione, ovviamente violente. La violenza degli hooligans è messa al servizio di gruppi criminali che si occupano di spaccio e racket quando gli stessi “tifosi” non se ne occupano in prima persona. Il passo dallo spaccio e dal racket spicciolo alla mafia vera e propria é brevissimo. I clan mafiosi trovano negli hooligans bassa manovalanza. Va ricordato che la mafia serba fu responsabile dell’omicidio del Primo Ministro Dijndijc nel 2003, uomo che per combattere l’ultranazionalismo si trovò contro i clan malavitosi fedeli a Milosevic. La mafia serba fu infatti al servizio delle truppe paramilitari serbe durante la guerra. 

Anche dal mondo del calcio venne il sostegno attivo alla guerra di Milosevic. Zeliko Raznatovic, detto Arkan, storico capo ultras dello Stella Rossa di Belgrado, reclutò proprio tra i suoi hooligans i miliziani che sarebbero poi diventati le  sanguinarie “Tigri”, attive in Bosnia e Kosovo. In tempi più recenti gli hooligans dettero fuoco all’ambasciata americana quando, nel 2008, fu dichiarato l’indipendenza del Kosovo. Risulta evidente quindi come il tifo organizzato in Serbia sia al servizio del crimine e di gruppi politico-mafiosi dediti allo squassamento della fragile democrazia.

I fatti di ieri a Marassi seguono quelli del Gay Pride di Belgrado, il retroterra è lo stesso e gruppi nazionalisti come Movimento 1389* e Obraz, responsabili delle violenze durante la manifestazione dell’orgoglio omosessuale, sono attivi nelle curve quando non nascono proprio dagli stadi.

La questione è più complessa di così: per approfondimenti suggerisco di leggere qui e seguire i molti link che vengono proposti. Su East Journal invece si propone la lettura di un articolo sul bombardamento di Belgrado, la verità su quell’attacco e di come gli scontri tra Dinamo e Stella Rossa preannunciarono la guerra degli anni Novanta.

* Il 1389 è l’anno in cui ebbe luogo la Battaglia di Piana dei Merli, nell’attuale Kosovo, tra i principati serbi e gli ottomani. Quella battaglia è il mito fondativo della nazione serba ma è oggi strumento retorico-ideologico in mano agli ultranazionalisti che ne hanno pervertito il valore e il significato.

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

Leggi anche

Slavko Ćuruvija

SERBIA: Non ci sono colpevoli per l’omicidio del giornalista Slavko Ćuruvija

A venticinque anni dall’omicidio di Slavko Ćuruvija, i quattro imputati indagati sono stati assolti dal Tribunale d'Appello di Belgrado

10 commenti

  1. Secondo me l’interpretazione scritta qui è sbagliata. Non si tratta delle conseguenze dal passato, ma è una reazione agli attuali avvenimenti in Serbia. La partita poteva essere giocata ovunque e la stessa cosa sarebbe successa ovunque. Non è colpevole l’Italia, né Milosevic, né bombardamenti.

  2. Sul Foglio è uscito un articolo che conferma la nostra versione di questa mattina, poi anche il Foglio non è la Bibbia come non lo siamo noi. Libertà di dissentire…
    http://www.ilfoglio.it/soloqui/6446

  3. questi bei tipi me li sono visti ieri a Genova, in piazza De Ferrari: ubriachi fradici che urinavano sulla facciata del Ducale, il palazzo storico forse più famoso della città. Non è facile andare oltre la rabbia contro gli hooligan, per questo ti ringrazio dell’approfondimento. Una cosa non mi torna: che ci stava a fare lo striscione “Verona”? Serbi che abitano lì o collegamenti con qualceh realtà dell’estrema destra? ciao, Nicola

    • Ciao Nicola! che piacere sentirti. Francamente non so nulla sullo striscione Verona, proprio non l’ho visto…

      • Il bandierone c’era, l’avevo notato in tv e ho trovato la notizia anche su L’ Arena. Comunque stasera ho letto un’Ansa: dice che si trattava di una famiglia serba che vive lì, niente di più. Almeno questo 🙂 ciao! nico

  4. Ha ragione Nicola. c’era una bandiera serba con su scritto “Verona”. Credo sia legato al fatto che esiste da sempre una sorta di “comunanza intellettuale” tra gli ultras veronesi (vicini ad ambienti di estrema destra) e gli hooligans serbi.

  5. Non é per essere troppo malizioso ma: non vi sembra strano che 400 ulstras segnalati dall’Uefa come pericolosi, possono entrare in uno stadio, armati di tutto punto senza che nessuno gli dica nulla? Non é che per caso questo casino qualcuno lo vorrebbe strumentalizzare per mettere in crisi i rapporti con la Serbia e cercare di ostacolare la dipartita di mezza FIAT per Kragujevac, mettendo di mezzo l’opinione pubblica, giustamente schifata per i fattacci della serata. La gente sarà ancora più arrabbiata e dirà: Ma come? Noi li aiutiamo a sviluppare la loro economia malandata e loro ci distruggono uno stadio, la città e così viva?
    Non saprei, ma le coincidenze sono tante! Se le autorità volevano LI FERMAVANO!!!!

  6. Sory from my country…But,that people is not Serbia!!!
    That is a shame,hooligans.That is not right picture from my coutry balive me…or not.We understand you anyway

WP2Social Auto Publish Powered By : XYZScripts.com