SPECIALE: Il Nabucco non va su ali dorate. Cosa esce dal vertice Berlusconi-Putin

di Matteo Zola


Il Nabucco non va su ali dorate

Alcune compagnie energetiche tedesche hanno espresso il desiderio di partecipare al progetto South Stream. E’ quanto emerge dall’incontro Berlusconi-Putin di domenica scorsa. Ecco che le ali del Nabucco sono sempre meno dorate e, se le cose continueranno per questa china, il progetto energetico europeo non andrà lontano. Nabucco è infatti il nome dato al gasdotto che dal mar Caspio dovrebbe rifornire i Balcani fino all’Italia e all’Austria. Lo scopo della sua costruzione è eminentemente geopolitico: estendere l’influenza “occidentale” sui Balcani e sul Caucaso. La sua progettazione è precedente all’adesione all’Unione Europea dei Balcani orientali e si profila quale strumento di persuasione a restare in orbita europea per i Paesi che vedono procedere a rilento il loro percorso di integrazione. Nabucco nasce come concorrente del South Stream russo poiché, si ragionò giustamente, dipendere dalla Russia nel settore dei rifornimenti energetici significherebbe perdere larghe fette di sovranità: come criticare la diplomazia di Mosca nel campo dei diritti umani se dal Cremlino controllano i rubinetti del gas? Come osteggiare la politica estera di Mosca, le guerre in Cecenia e in Georgia, l’assalto all’Artico, le ingerenze in Ucraina, se si diventa servi del gas russo? E ancora: come affermare l’autonomia dell’Unione di fronte a un duplice vassallaggio, militare-americano da un lato e russo-energetico dall’altro? 

Berlusconi e Sarkozy alla corte dello Zar

Ma sul Nabucco si è investito poco e male. L’Italia e l’Eni sono state le prime a capire che non c’era di che ingrassarsi col progetto europeo e si son subito vendute al “rivale” russo. Eni e Gazprom diventano così partners per la costruzione del South Stream con tanti saluti all’europeo Nabucco. L’Italia, che con difficoltà si annovera tra le democrazie compiute, predilige fare affari con Putin e Gheddafi. La torta russa piace non solo agli italiani, ecco che la Edf (Electricité de France) entra nella joint-venture con Gazprom ed Eni. Lo scorso giugno 2010 Nicolas Sarkozy vola a San Pietroburgo alla corte dello zar per sottoscrivere l’affare. 

La Germania e il cancelliere azzurro

Ora anche i tedeschi vogliono partecipare all’abbuffata. “Benone” esclama Berlusconi in visita presso l’amico Putin, in questo modo sarà possibile riscuotere l’interesse dell’Unione Europea finora rimasta fredda nei confronti del South Stream. I tedeschi, va detto, già sono partner di Gazprom per la costruzione del gasdotto North Stream, quello che aggira repubbliche baltiche e Polonia (ree di scarso amore verso lo zar) e va dritto in Germania; quello sottoscritto a inizio anni Duemila dall’allora cancelliere Schroeder, attratto dall’oro azzurro russo, poi divenuto dirigente Gazprom e responsabile proprio del consorzio North Stream; quello per cui in Polonia si stracciano le vesti gridando a un nuovo patto Molotov-Ribbentrop. 

Putin: “Il Nabucco è un tubo vuoto, che Dio li aiuti”

Rumors indicano nella Basf il nome dell’azienda energetica tedesca pronta a unirsi ai tre moschettieri Gazprom, Eni, Edf. Un’ulteriore mazzata al progetto Nabucco per il quale la Banca europea per gli Investimenti (Bei) e quella per la Ricostruzione e Sviluppo (Bers) hanno appena stanziato altri 4 miliardi di euro, segno che l’affrancamento energetico dell’Europa dalla Russia è considerato prioritario da Bruxelles che si trova a dover gestire tre serpi in seno assai velenose.

Una nota finale: il Nabucco parte dall’Iran, via Tabriz ed Erzurum. Proprio ad Erzurum raccoglie il braccio che s’avvia da Baku e passa per Tiblisi. Poi va verso Ankara, Istanbul e l’Europa. Il governo italiano si è sempre mostrato molto duro nei confronti del regime degli Ayatollah, ai limiti dell’ottusità, e si è detto favorevole all’intervento militare a stelle e strisce mentre, per ragioni che dopo questo lungo discorso parranno ovvie, non ha mai detto “beh” sul massacro in Cecenia

I partners del Nabucco, inoltre, stanno tutti cambiando casacca: L’Azerbaijan si è vincolato con Mosca, e ben poco della sua produzione resterà a Bruxelles, ma il Cremlino ha promesso protezione e denari in quantità al regime di Baku. Il Turkmenistan, altra dittatura, è da pochissimo entrata in affari con Eni e Gazprom e punta a rifornire la Cina più che l’Europa. L’Iran -grazie anche all’intervento americano- è assai indietro nello sviluppo dei suoi giacimenti. Ecco allora che non resta che prendersi in faccia l’ironia di Putin: “Che Dio li aiuti -ha dichiarato- il Nabucco è un tubo vuoto e il consorzio che lo sta sviluppando (l’austriaca Omw, l’ungherese Mol, la rumena Transgaz, la Bulgargas, la tedesca Rwe e la turca Botas. ndr) non fornirà nemmeno un metro cubo di gas fino al 2018 mentre fra un anno il South Stream sarà pronto”. Con buona pace della democrazia europea.  

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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10 commenti

  1. L’Eni, sotto pressione da Bruxelles, ha tentato una mediazione. Il niet di Putin è stato totale sabato. E la partecipazione Eni in South Stream sarà declassata, con l’entrata dei tedeschi (che fanno il suo stesso lavoro di ingegneria per North Stream). Berlusconi ha accettato il declassamento. In cambio pare aver ricevuto una sostanziosa offerta di capitali Gazprom in Mediaset.

    Sulla posizione mediatrice presa in primavera da Scaroni:

    http://www.eurasia-rivista.org/3389/scaroni-contro-glinteressi-delleni

  2. E non puoi tralasciare quello che l’Eni sta tentando di fare con il gas turkmeno e azero:

    http://www.aspeninstitute.it/aspenia-online/article/unire-nabucco-e-south-stream

    Non è esattamente alle dipendenze di gazprom e Putin. Anzi sta tentando un gioco di equilibrio quasi impossibile. E rischioso.

  3. Vero, “alle dipendenze” è un po’ forte come valutazione. Eni però è controllata per il 21% dallo Stato e per il 10% dalla Cassa Depositi e Prestiti (a sua volta per il 70% circa alle dipendenze del Ministero dell’Economia). Senza voler fare della demagogia, non si può negare una certa sudditanza da parte dei governi italiano, francese e tedesco nei confronti di Mosca. E chiamo “sudditanza” il non reagire di fronte alla crisi democratica russa e alle attività belliche promosse da Mosca. Con ciò non intendo indicare nella Russia “il male”. Al Cremlino fanno il loro gioco, e trovo lo stanno facendo bene. Quel gioco, mi dico, non è lo stesso cui dovrebbero giocare membri dell’Unione (membri fondatori, peraltro). Sull’unione dei due gasdotti, avevo letto (non da fonte così autorevole però) e non sapendo come interpretare la notizia ho atteso. Non sono un esperto, se non capisco io non posso far capire gli altri. Certo sarà oggetto di ulteriori approfondimenti.

  4. l’italia una “democrazia compiuta”? risum teneatis…

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