KULTURA: Being Bosnian: identità, confini, limiti. Un progetto che fa parlare i Balcani

Being Bosnian, essere bosniaco. Un concetto ancora difficile da definire nonostante siano trascorsi più di vent’anni dalla dichiarazione di indipendenza della Bosnia Erzegovina e la dissoluzione della ex Jugoslavia. I problemi, verrebbe da dire, sono sempre gli stessi: la divisione in due entità distinte, la presenza di tre gruppi etnici e una macchina statale paralizzata dagli accordi di Dayton, tutti fattori che ostacolano la formazione di una identità nazionale condivisa in grado di garantire la ripresa e gettare le basi per un’integrazione europea da tempo auspicata ma al momento irrealizzabile.

Il 1° marzo a Pescara sarà inaugurata la prima edizione della mostra itinerante Being Bosnian, un progetto cross-mediale che utilizza i linguaggi della fotografia e del documentario, messi in dialogo continuo con altre discipline come il teatro, il cinema, la letteratura e la filosofia, per cercare di fare luce sulle dinamiche che sottostanno alla costruzione di un’identità nazionale in un paese che sta attraversando una delicata fase di transizione.

Nell’estate del 2011, il fotografo Matteo Di Giovanni e il video-maker Roberto Tenace hanno viaggiato attraverso la Bosnia Erzegovina alla ricerca di storie, persone e luoghi di confine. Il risultato è un documentario di 24 minuti – Babel – e una serie di scatti accompagnati da testi per riflettere sui concetti cardine di identità, confine, frontiera. Concetti che assumono sempre più importanza nell’odierno contesto internazionale, dove si parla tanto di identità europea, di confini sempre più instabili e in continuo movimento, frontiere che si spostano anno dopo anno seguendo nuove adesioni e (forse) future e imminenti uscite di scena.

La natura itinerante del progetto non si limita solo alla produzione dei contenuti, ma riguarda soprattutto la presentazione finale del lavoro. Il materiale raccolto, infatti, sarà presto esposto anche a Napoli, Roma, Bari e poi nei Balcani, precisamente in Bosnia Erzegovina e in Serbia. La scelta di queste città nasce dal fatto di pensare il Mediterraneo come un luogo di scambio, un bacino dove si può individuare una cultura condivisa, spesso creduta molto diversa, ma in realtà molto simile nei suoi tratti principali. In questa ottica anche il mare Adriatico sta assumendo sempre di più un ruolo fondamentale, tornando ad essere un luogo di scambio economico, sociale e culturale tra l’Italia e i Balcani Occidentali dopo anni di isolamento a causa del blocco comunista. L’intensificazione dei rapporti tra i due spazi, tra le due sponde, fa nascere il bisogno di comprendere le dinamiche che finora, colpevolmente, sono state ampiamente tralasciate. È qui che la particolarità bosniaca assume un carattere più generale messa a confronto con le dinamiche presenti nella “nostra” Europa, tra minoranze linguistiche, coesistenza di diversi gruppi etnici, città di confine, regioni in transizione e popoli alla ricerca di autonomia.

Il bisogno di concentrarsi sulla Bosnia Erzegovina nasce anche dal fatto che, con la probabile entrata nell’UE da parte di Croazia e Serbia, la Bosnia si troverà ad essere un paese al limite dell’Europa, uno dei vari stati di confine che delimiterà la fortezza Europa. Una fortezza, a quanto sembra, sempre più ricca di incertezze.

La traduzione in immagini di tutte queste dinamiche è Being Bosnian.

www.bosnianproject.com

foto di Matteo Di Giovanni

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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3 commenti

  1. Un progetto che non fa parlare i balcani ma,
    vedendo il filmato e conoscendoVi oramai, fa parlare i serbi
    e gli italiani filo serbi

    E ”il materiale sarà esposto anche nei Balcani, precisamente in Bosnia Erzegovina e in Serbia”
    Immagino 😀

    Per quanto riguarda l ultima frase dell’articolo, non capisco cosa Le/Vi fa pensare che Serbia possa entrare
    in UE prima della Bosnia Erzegovina? A parte Croazia ed Islanda, che sono due casi particolari,
    la politica della UE è non far entrare i singoli stati quindi probabilmente Bosnia Erzegovina (se ci sarà ancora),
    Serbia ed altri paesi entrerano insieme

    • Ciao Chiara,

      Non sono l’autore del pezzo, ma cerco di risponderti sull’ultimo punto. La Serbia ha ottenuto ad ottobre lo status di paese candidato, ed attende una data per l’avvio dei negoziati di adesione. In breve, sta superando la Macedonia (ferma allo stesso punto per via del veto greco) e raggiungendo il Montenegro (che ha appena iniziato i negoziati). La Bosnia invece è ferma al punto zero: l’accordo SAA di associazione e stabilizzazione non è ancora in vigore, tra le altre cose per la necessità di riformare la costituzione per conformarsi alla sentenza CEDU sul caso Sejdic-Finci (ne parliamo proprio nel numero di MOST appena uscito, dacci un’occhiata se ti va).
      La politica d’allargamento dell’UE, al momento, è proprio di valutare ciascuno stato individualmente secondo i suoi progressi verso l’integrazione(regatta approach). Vedi la Croazia. Quindi sì, è probabile che anche gli altri stati dei Balcani entrino ad uno ad uno nell’UE. Nulla fa pensare, per ora, che la Commissione europea cambi idea rispetto a questo approccio. Ed è attualmente probabile che la Serbia arrivi a tale traguardo prima della Bosnia, posto che parte con un vantaggio di alcuni anni sul percorso d’integrazione. Le ci vorranno comunque almeno altri 7 anni.
      La mia personale opinione, comunque, è che la situazione bosniaca si sbloccherà quando la Serbia sarà ben avviata verso l’integrazione (verso la fine dei suoi negoziati d’adesione) e le élite politiche bosniache riconosceranno che non c’è alternativa fattibile all’integrazione europea, e che lo status quo è per loro una perdita. Probabilmente solo allora si potrà riformare Dayton dalle fondamenta.

      • Davide, sono piu o meno d’accordo con la tua opinione personale.
        Ma, in questo momento, non credo che Serbia entrerrà da sola. E neanche che presto raggiungerà Montenegro.
        Il problema è l’instabilità politica in Bosnia e in Kosovo dove la Serbia ha un ruolo importante (ex presidente serbo Tadic ha sempre ignorato il governo di Sarajevo andando a Banjaluka),
        quindi penso che gia con i negoziati eu-serbia si andranno a risolvere queste cose.
        Ho seguito la candidatura della Serbia e penso che alcuni paesi l’hanno ”accettata” lavandosi le mani,
        sperando che la Grecia continui a bloccare la Macedonia all’infinito

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