SLOVENIA: Pahor eletto capo di stato, tra le proteste di piazza

Borut Pahor l’ha spuntata sul presidente uscente Danilo Türk, raccogliendo due terzi dei voti ed assicurandosi la poltrona di capo di stato per i prossimi cinque anni, dopo essere arrivato inaspettatamente in testa al primo turno. A sostenere l’ex premier e leader socialdemocratico erano quasi tutti i partiti sloveni, dalla destra al centrosinistra, tranne la lista Slovenia Positiva del sindaco di Lubiana Zoran Janković, a sostegno del liberal-progressista Türk. L’affluenza alle urne, al 42% (meno di un milione di elettori in totale), è stata la più bassa dal 1991.

L’elezione di Pahor concede un sospiro di sollievo al governo di centrodestra di Janez Janša, che aveva patito la contrapposizione al presidente uscente Türk. A seguito delle ultime elezioni politiche, Türk aveva prima incaricato Janković di formare un governo, quindi aveva accettato l’iniziativa di Janša, ma ancora nell’ultimo periodo era tornato ad auspicare un governo tecnico. Ultimamente, Türk si era opposto alle politiche di tagli ed austerità, al fine di “salvare lo stato sociale”. Pahor, ex leader socialdemocratico, si era invece avvicinato progressivamente al governo in carica, sostenendo le misure di austerità. Secondo Pahor, “la politica di austerità non ha alternativa“: ”bisogna continuare con i tagli alla spesa pubblica per salvare il rating creditizio del paese”, unico modo di recuperare accesso ai prestiti internazionali e finanziare la ripresa della repubblica subalpina.

La Slovenia si trova infatti a rischio bancarotta. La disoccupazione ha raggiunto il 9,2%, e il PIL si è ridotto di più dell’8% negli ultimi 3 anni. Lubiana potrebbe presto dover chiedere aiuti alla BCE e al fondo europeo di salvataggio. Le misure di austerità introdotte dal governo Janša, nel frattempo, hanno provocato il malcontento della popolazione, con una serie di manifestazioni, nell’ultima settimana, che hanno costretto le forze dell’ordine a rispondere con la forza.

Le proteste hanno avuto inizio il 26 novembre a Maribor,con diecimila persone che manifestavano per le dimissioni del sindaco Franc Kangler per un affare di presunta corruzione. L’assalto della folla al municipio è stato respinto dalla polizia con idranti e lacrimogeni, una prima volta nella storia della democrazia slovena. Altre manifestazioni, pacifiche, hanno avuto luogo a Celje, Kranj, Murska Sobota, Jesenice, Koper, Ajdovščina e Novo Mesto.Ancora venerdì 1° dicembre, a Lubiana un corteo pacifico dell’opposizione si è concluso in serata con una sassaiola tra hooligan neofascisti e polizia, che ha fatto quindici feriti. Le proteste segnano il progressivo distacco tra i cittadini e la classe politica, considerata responsabile della crisi e incapace di salvare il paese. Il disincanto traspare anche dai bassi livelli di partecipazione alle urne: il secondo turno delle presidenziali si è tenuto pochi giorni dopo le proteste. Qualche giorno fa Janša paventava il rischio di uno “scenario greco” in economia, ma le similarità tra Lubiana ed Atene potrebbero andare oltre.

Foto: (AP Photo/Matej Leskovsek) da Il Post

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Chi è Davide Denti

Dottore di ricerca in Studi Internazionali presso l’Università di Trento, si occupa di integrazione europea dei Balcani occidentali, specialmente Bosnia-Erzegovina.

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