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TURCHIA: La trattativa infinita. Ma chi la vuole ancora nell’Unione?

Come già trattato da East Journal, recentemente il primo ministro turco Recep Tayyip Erdoğan ha approfittato della sua visita ufficiale in Germania per rivolgere un ultimatum all’Unione Europea riguardo alle infinite trattative legate all’ingresso di Ankara. Erdoğan ha fissato il 2023 come data ultima del possibile ingresso della Turchia nell’Unione, facendo capire che il paese non ha più voglia di essere preso in giro, e pretendendo una svolta nei negoziati.

Turchia – UE, una storia lunga 25 anni

Sembra essere una telenovela senza fine quella che vede come protagoniste Ankara e Bruxelles: già dagli anni sessanta la Turchia manifestò il proprio interesse nel fare parte della Comunità Economica Europea (l’antenata dell’UE), interesse diventato sempre più forte in seguito ai primi allargamenti dell’Unione. L’Europa diventò quindi un obiettivo per il paese: il 14 aprile 1987 la Turchia presentò la domanda di adesione alla CEE, ma dovette aspettare però ben dodici anni prima di ottenere lo status di candidato (12 dicembre 1999). Dovranno passare altri cinque anni prima che il Consiglio dell’Unione Europea decida di dare inizio ai negoziati per l’ingresso della Turchia nell’UE, i quali vennero avviati a partire dal 3 ottobre 2005. Tali negoziati sono però attualmente condizionati da una serie di richieste alle quali ad Ankara è stato chiesto di adempire, come il riconoscimento turco della Repubblica di Cipro e la conseguente smilitarizzazione della parte settentrionale dell’isola, o l’obbligo di promuovere riforme nel campo del diritto e delle libertà civili.

Ostacoli insormontabili?

Secondo Amnesty International la Turchia ha compiuto pochi progressi per migliorare la tutela dei diritti umani negli ultimi anni. Preoccupa soprattutto la situazione delle minoranze principali, come i curdi, i quali rimangono discriminati dal governo di Ankara, vivendo in difficili condizioni sociali e reclamando i propri diritti. La libertà di stampa e di opinione sono altri grandi problemi che caratterizzano il paese, così come il problema dei rifugiati, non sufficientemente tutelati. Un ulteriore problema che sembrava ormai superato sembra infine riapparire all’orizzonte: la pena di morte, abolita in Turchia nel 2004 proprio per far fronte alle richieste di Bruxelles ma rievocata recentemente da Erdoğan, il quale avrebbe pensato di ripristinare la pena che venne abolita dal suo stesso governo (l’ultima delle minacce che il primo ministro turco ha indirizzato all’UE).
C’è poi il caso di Cipro, complicata vicenda che divide fortemente le due parti, riguardo alla quale non si riesce a trovare un accordo che metta d’accordo entrambi i litiganti. L’isola è divisa in due zone: una parte settentrionale occupata militarmente dai turchi dal 1974 e riconosciuta da Ankara, e una parte meridionale, di lingua greca, facente parte dell’UE dal 2004 e in seguito anche della zona euro. Nella sua recente visita in Germania Erdoğan ha voluto affrontare l’argomento, affermando che “la Turchia riconosce la parte settentrionale di Cipro come uno stato, mentre altri possono non farlo”, ricordando inoltre che anche la stessa Merkel, in passato, ammise che l’entrata della parte meridionale di Cipro nell’Unione Europea fu uno sbaglio. Per colpa di questa vicenda la Turchia ha minacciato più volte di interrompere le proprie relazioni con Bruxelles, soprattutto in occasione della nomina di Cipro come presidente di turno del Consiglio UE. L’Europa però non vuole abbandonare la propria posizione, e si ha l’impressione che l’isola sia destinata a rimanere ancora a lungo teatro di scontri politici tra le due parti.

Mamma li turchi

Al di là delle questioni tecniche, il temporeggiamento dell’Unione Europea nell’accogliere la richiesta turca è legato anche al fatto che non tutti sembrano volere Istanbul all’interno dell’Unione. In caso di un’eventuale adesione di Ankara nell’UE, la Turchia, con i suoi 74,7 milioni di abitanti, sarebbe il secondo stato più popoloso dell’Unione, dietro solo alla Germania (83,3), ottenendo di conseguenza un elevato numero di rappresentanti nel parlamento europeo, e facendo così acquisire al paese un grande peso a Bruxelles. Un altro motivo per cui l’Europa sembra essere diffidente nei confronti di un possibile ingresso turco nell’UE è la religione: l’Europa cristiana non vede di buon occhio la possibile entrata di Ankara nell’Unione, poiché in caso d’ingresso di quest’ultima quasi 75 milioni di musulmani diventerebbero cittadini europei, i quali sommatisi ai circa 38 milioni già presenti in Europa (tra i quali 16 milioni nell’UE) andrebbero a minare fortemente la supremazia del cristianesimo nel Vecchio Continente, cosa che i sostenitori dell’Europa dalle radici cristiane vorrebbero evitare.

Chi è Emanuele Cassano

Ha studiato Scienze Internazionali, con specializzazione in Studi Europei. Per East Journal si occupa di Caucaso, regione a cui si dedica da anni e dove ha trascorso numerosi soggiorni di studio e ricerca. Dal 2016 collabora con la rivista Osservatorio Balcani e Caucaso.

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