Ivan Franko, il marxismo è religione fondata sull'odio

RUBRICA: Ucraina in pillole

(cultura)

F come Franko

La sua tomba al Lychakivskyi di Leopoli, lo splendido cimitero monumentale considerato il Père Lachaise dell’Europa Orientale per la sua allure gotica, è ancora oggi una delle più visitate. Oggetto di vera e propria venerazione perché anche agli occhi degli intellettuali e dei patrioti odierni, Ivan Franko, nel pantheon degli eroi nazionali, occupa un posto di assoluto rilievo. Solo un gradino sotto, forse, a quello di Taras Shevchenko.

Figlio di un fabbro di Nahuyevitsi, piccolo villaggio vicino a Drohobych, Ivan Franko studiò letteratura all’Università di Leopoli che oggi porta il suo nome e fu uno dei più lucidi intellettuali di fine ‘800. Punta di diamante del rinnovamento letterario ucraino, ma anche autorità riconosciuta del pensiero politico dell’intera area slava, Franko, nel cui nome i sovietici nel 1962 ribattezzarono l’antica Stanyslaviv in Ivano Frankivsk, con il semplice scopo di tenere a freno il movimento nazionalista ucraino, è stato per decenni vittima di letture fuorvianti imposte dal regime.

Lo scrittore, che studiò a fondo il marxismo, arrivò presto alla conclusione che l’avvento di tale filosofia avrebbe schiuso le porte a uno stato totalitario. In un saggio sostenne profeticamente che il marxismo è “una religione dogmatica fondata sull’odio e la lotta di classe”. Dimostrando lungimiranza fuori dal comune, Franko – che morirà alla vigilia della rivoluzione del 1917 – profetizzerà l’avvento di un gigantesco regime poliziesco, fondato sui principi del marxismo, che avrebbe superato per spietatezza gli imperi dell’epoca.

L’ideale di Franko è piuttosto un socialismo antico, un socialismo che, come ha sottolineato acutamente Oxana Pachloska, “si fonda sulla crescita etica e culturale delle masse popolari, sulla diffusione dell’istruzione, della scienza, del senso critico, della libertà individuale e nazionale, e non sul dogmatismo partitico, non sul dispotismo…”. Ed è proprio all’interno di questo socialismo “dal volto umano” che l’intellettuale galiziano auspica sin dal 1899 la costituzione di uno stato ucraino libero e democratico.

Vilipeso dai “filo-moscoviti”, che lo bollano come nazionalista, emarginato dai letterati esteti, che considerano la sua opera troppo impegnata politicamente, e ostracizzato dagli attivisti politici, che al contrario lo reputano un “decadente”, Franko vivrà di stenti per tutta la vita, ma non rinuncerà mai al suo “progetto intellettuale”. Ossia emancipare l’Ucraina occidentale dal suo provincialismo, senza cancellare tutto ciò che di sano c’era nella matrice culturale del paese.

“Franko – scrive ancora Oxana Pachlovska – libererà l’Ucraina occidentale dalla sua solitudine storica, determinando quella sincresi definitiva delle “due Ucraine” che darà nuovi impulsi alla cultura nazionale. Il suo lavoro darà unitarietà al processo culturale ucraino, che stentava a trovare una consapevolezza comune, diviso com’era tra frontiere ed esperienze storiche diverse”.

Chi è Massimiliano Di Pasquale

laurea alla Bocconi in Economia Aziendale, ha lavorato a Londra come consulente di marketing, per imprese americane e inglesi, nel settore tecnologico. Tornato in Italia si dedica alla cultura, lavorando come consulente e scrittore freelance. E' è membro dell’AISU, Associazione Italiana di Studi Ucraini e scrive di politica internazionale sulle pagine di diversi quotidiani nazionali. Nel giugno 2007, con un’intervista all’allora Presidente ucraino Viktor Yushchenko, inizia la sua collaborazione con East, bimestrale di geopolitica sull’est dell’Europa e del mondo. Ha pubblicato il libro fotografico "In Ucraina, immagini per un diario" (2010) e "Ucraina, terra di confine" (2013).

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