ARMENIA: Siglata alleanza con la Russia, per il petrolio e non solo

di Matteo Zola

DANZA CAUCASICA

Altro giro di valzer nel Caucaso. La Russia ha firmato un trattato di alleanza con l’Armenia, valido fino al 2044. Così Medvedev assicura l’appoggio russo al suo collega di Yerevan, Serzh Sargsyan. Lo scopo dell’alleanza è uno e trino: 1) in funzione anti-Azerbaijan e anti-americana; 2) garantire un transito senza intoppi delle pipelines dal Mar Caspio; 3) estendere ulteriormente l’egemonia russa nei territori dell’ex-Urss.

LA QUESTIONE DEL NAGORNO KARABAKH

Andiamo con ordine. C’è il problema del Nagorno-Karabakh, regione a maggioranza armena ma parte dell’Azerbaijan dal secondo dopoguerra. Il Nagorno-Karabakh è però storicamente una regione armena (oggi popolata da armeni, curdi e in minima parte azeri)  e nel 1991, con un referendum, venne proclamata l’indipendenza. L’Unione Sovietica, nei suoi ultimi giorni di vita, propose allora una maggiore autonomia al Nagorno-Karabakh all’interno dell’Azerbaijan. Era un tentativo di far rientrare una crisi che Mosca non sapeva più controllare. Ma la proposta non soddisfaceva né la parte armena né quella azera e ciò pose le premesse per la guerra tra i due stati. La contesa per la regione divampò quando sia l’Armenia che l’Azerbaigian si resero indipendenti da Mosca nel 1991. Nel vuoto lasciato dal crollo sovietico, lo scontro tra le due neonate repubbliche finì con l’essere fortemente influenzato dalla politica militare della Federazione Russa e della Turchia, alleato storico dell’Azerbaijan e persecutore storico degli armeni. Il conflitto, tutt’ora irrisolto, ha causato 30 mila morti. Una pace firmata nel 1994 (con l’appoggio di Mosca) ha consentito all’Armenia di controllare la regione cui comunque l’Azerbaijan non intende rinunciare.

AZERBAIJAN A STELLE E STRISCE

Negli ultimi mesi Baku si è garantita l’appoggio americano con la visita del capo del Pentagono, Robert Gates, in aprile e del Segretario di Stato Hillary Clinton a luglio. Scopo degli incontri era quello di ottenere dal regime di Ilham Aliyev il permesso di istallare nel suo paese una base militare a supporto della guerra in Afghanistan, per sopperire all’eventuale chiusura della base americana in Kirghizistan. E non solo per quello.

Già oggi lo spazio aereo del paese caucasico è regolarmente attraversato da aerei militari Usa carichi di soldati americani diretti al fronte afgano (100 mila solo nel 2009), mentre sulle ferrovie azere e nel porto di Baku transita un terzo dei rifornimenti non militari destinati alle truppe Usa.

QUESTIONE DI TUBI

Inoltre costituirebbe una presenza militare strategica a guardia delle rotte energetiche che partono dal Mar Caspio (la pipeline Baku-Tbilisi-Cheyan) e molto utile in caso di conflitto con l’Iran (Teheran dista solo 500 chilometri dal confine azero). L’attuale alleanza tra Russia e Armenia è dunque una replica a quella tra Usa e Azerbaijan. Le due potenze si contendono infatti il controllo politico-energetico del Caucaso da cui dipendono strategie geopolitiche di portata continentale (vedi Gazpromenade).

ALLA RICONQUISTA DELL’IMPERO

C’è un ultimo punto. L’alleanza tra Mosca e Yerevan è un ulteriore tassello della politica estera del Cremlino che mira con chiarezza a ricostituire un’unità politica dei territori che furono sovietici. Certo non di tutti, ma nel mirino di Mosca ci sono Bielorussia, Ucraina, Kazakistan. Con queste, seppur in misura diversa, il Cremlino ha già avviato politiche di “unificazione” politico-militare-energetica. Accanto a questi interventi diretti, c’è poi la volontà di influenzare le politiche di altre repubbliche, come nel caso della Georgia, del Kirghizistan e dell’Armenia.

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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