KOSOVO: L'Aja riconosce l'indipendenza. Qui prodest?

di Matteo Zola

Sorpresa sorpresona. La Corte Interanzionale di Giustizia dell’Aja ha riconosciuto la legittimita’ l’indipendenza del Kosovo, avvenuta il 17 febbraio 2008. Doccia fredda per Belgrado, proprio dalla Serbia infatti era stato richiesto un giudizio all’Aja. Ora che dieci membri della Corte hanno detto il loro “si'” contro solo quattro voti contrari, da Belgrado brontolano, velatamente minacciano ma nulla possono fare. Il parere della corte, pur non essendo vincolante, non potra’ che accelerare il processo di costruzione dello stato kosovaro. Il Presidente serbo Tadic si era mostrato aperto a ridiscutere la posizione serba sul Kosovo: a margine della recente Conferenza di Sarajevo, infatti, la Serbia aveva mostrato aperture. Indipendenza no, ma una larga autonomia si’. Un’apertura ormai vanificata e che qualcuno ha giudicato tardiva.

Va ricordato che il Kosovo e’ per la Serbia parte integrante dello Stato e cuna culturale della nazione, e va ricordato che la secessione del Kosovo nasce da un’operazione unilaterale di alcuni membri del Patto Atlantico allo scopo di “tutelare” gli interessi americani nella regione. Infine occorre rammentare come l’attuale classe dirigente del Kosovo si compone degli stessi individui che -quali leader dell’Uck, l’esercito di liberazione kosovaro- compirono massacri a danni della popolazione serba residente in Kosovo e finanziarono la loro battaglia con il traffico di armi e droga. E non solo, anche con il traffico d’organi.

Secondo il magistrato Carla Del Ponte, civili serbi, incluse donne e bambini, sono stati rapiti dall’UCK e sarebbero stati in seguito trasferiti a Burrel, in Albania, dove sarebbero stati tenuti prigionieri in attesa dell’espianto dei propri organi diretti a cliniche turche specializzate in trapianti.

La decisione della Corte dell’Aja legittima, dunque, un Paese nato da intrighi internazionali, dall’intervento Nato contro la Serbia di Milosevic malgrado il diniego dell’Onu, dall’azione violenta dell’Uck. Un Paese che ancora oggi vive di traffici illeciti, reciclaggio di denaro, e relazioni “economiche” con le mafie italiane e balcaniche sotto lo sguardo connivente della Nato che ancora presidia il territorio.

Resta da chiedersi a chi giova questa indipendenza e se davvero si tratti dell’autodeterminazione di un popolo o piuttosto non si tratti di un’altra mossa giocata sullo scacchiere internazionale dalle potenze che hanno interessi -energetici, politici, economici- nella regione balcanica.

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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