NAGORNO KARABAKH: Gli elettori scelgono la continuità. Ora si costruisca il futuro

L’esito delle tanto discusse elezioni presidenziali del 19 luglio in Nagorno-Karabakh, svoltesi tra non poche polemiche, e inoltre non riconosciute dalla comunità internazionale, ha confermato le aspettative che già alla vigilia vedevano come favorito assoluto Bako Sahakyan, presidente uscente, rieletto dunque alla guida del Paese con il 66,7% dei voti. Sahakyan effettuerà così il suo secondo mandato da presidente della repubblica, riconfermandosi dopo la netta vittoria alle elezioni del 2007, dove raccolse l’85,12% dei voti totali, sbaragliando la concorrenza.

Sahakyan – già ministro dell’interno dal 1999 e capo dei servizi di sicurezza dal 2001 al 2007, anno in cui lasciò la carica per presentare la propria candidatura alle presidenziali – è stato rieletto in maniera abbastanza netta, avendo la meglio su Vitali Balasanyan, ministro durante il primo mandato di Sahakyan, il quale ha ottenuto il 32,5% dei voti, e su Arkady Soghomonyan, rettore dell’Università di Stepanakert, che ha raccolto solo lo 0,8% dei voti totali. Il quarto candidato alla presidenza della repubblica, Valery Khachatryan, ha deciso di ritirare la propria candidatura ad una decina di giorni dal voto, non presentandosi così alle elezioni.

Il secondo mandato di Bako Sahakyan comincerà ufficialmente il 7 settembre, giorno in cui il presidente de facto, attraverso una solenne cerimonia, dovrà prestare il giuramento ufficiale, prima di potersi insediare.

Da queste elezioni il Nagorno-Karabakh si aspetta molto, a partire da due punti di fondamentale importanza per la piccola repubblica de facto: i diritti civili e la questione del riconoscimento. Due punti che Sahakyan, che sarà alla guida del paese per altri 5 anni, dovrà dimostrare di essere in grado di risolvere, tentando di districarsi tra i mille altri problemi, non troppo marginali, che la situazione presenta.

Per quanto riguarda il problema dei diritti umani, attualmente il Nagorno-Karabakh è classificato da Freedom House – organizzazione non governativa internazionale che si occupa di democrazia, libertà politiche e diritti umani – come paese “non libero”, al pari dei vicini Azerbaigian ed Iran, ma anche della Russia stessa. Secondo le ricerche condotte da Freedom House, il paese sembra aver fatto passi indietro negli ultimi anni, sia riguardo alla tutela dei diritti umani sia a quella delle libertà civili. Fino a pochi anni fa il Karabakh era considerato un paese “parzialmente libero”, come lo sono ad esempio Armenia, Georgia e Turchia, arrivando addirittura a scavalcare per un certo periodo la stessa Armenia nella graduatoria generale. La situazione, ultimamente, ha subìto però una flessione, portando il paese a non garantire più le stesse libertà di un tempo. Questo problema dovrà essere affrontato, per garantire alla piccola repubblica de facto un livello di democrazia accettabile.

L’altro punto fondamentale che sta a cuore a Stepanakert è la problematica questione del riconoscimento: il Nagorno-Karabakh, attualmente, a livello internazionale non è riconosciuto da nessun paese ONU. Non sembra essere facile, infatti, trovare un compromesso che venga accettato sia dall’Armenia che dall’Azerbaigian riguardo alla sorte del Nagorno-Karabakh, territorio che nessuna delle due parti è disposta a sacrificare. Se da una parte l’Armenia sembra avere accantonato il desiderio di voler far ricadere il Karabakh sotto la propria diretta sovranità, dall’altra non vuole di certo rinunciare a difendere a spada tratta l’autonomia della regione, ottenuta in seguito al sacrificio di molte vite. Anche l’Azerbaigian è deciso a non muoversi dalla propria posizione: l’indipendenza del Nagorno-Karabakh è vista come illegittima, e il paese, in seguito alla guerra civile, si è visto sottrarre, oltre al territorio corrispondente alla vecchia Oblast’ sovietica, anche altri 7 rajon (distretti amministrativi) “cuscinetto” popolati da azeri, i quali sono stati costretti a sfollare. Le trattative di pace condotte fino ad oggi, sono state però infruttuose, per questo tensioni ed incertezza regnano ancora sovrane nel paese.

Se nel corso del nuovo mandato di Bako Sahakyan il paese riuscirà ad affrontare i suoi maggiori problemi e cercherà di avviare un dialogo costruttivo con l’Azerbaigian, l’intera regione ne risentirà in modo positivo. Sahakyan, in carica dal 2007, conosce bene il paese e le sue problematiche; dopo aver ricevuto la fiducia da parte degli elettori dovrà quindi dimostrare di essere in grado di continuare e portare avanti quanto di buono fatto nel corso del suo primo mandato.

Chi è Emanuele Cassano

Ha studiato Scienze Internazionali, con specializzazione in Studi Europei. Per East Journal si occupa di Caucaso, regione a cui si dedica da anni e dove ha trascorso numerosi soggiorni di studio e ricerca. Dal 2016 collabora con la rivista Osservatorio Balcani e Caucaso.

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