La situazione delle comunità LGBTQI in Europa Centro-Orientale: Turchia

La nostra serie dedicata alle comunità LGBTQI dell’ Europa Centro-Orientale si occupa oggi della situazione delle minoranze sessuali in Turchia. La comunità LGBTQI turca, pur essendosi rafforzata notevolmente negli ultimi anni (sono sempre di più, per esempio, le persone che partecipano ai Prides di Istanbul), vive un momento particolarmente difficile e complesso. Il progresso dei diritti civili si scontra infatti, sia con la crescita di un Islamo-nazionalismo particolarmente aggressivo, sia con una società che, negli ultimi anni, é divenuta più conservatrice e religiosa. Una svolta conservatrice di cui le donne (vedasi il recente attacco lanciato dal governo contro la legge sull’aborto)e le minoranze sessuali sono una delle prime vittime.

Il quadro legale

Formalmente le relazioni omosessuali non sono mai state un crimine, però continuano a esistere leggi che sanzionano il cosiddetto “scandalo pubblico” e che possono essere usate per perseguire le minoranze sessuali. L’esercito turco continua, inoltre, a classificare l’omosessualità come una “malattia”. Per evitare di essere reclutati nell’esercito le persone LGBT necessitano del cosiddetto “certificato rosa” che viene concesso solo a coloro che possono portare “prove” inconfutabili della loro omosessualità (quali, per esempio, esami anali o video e fotografie che li ritraggono mentre fanno sesso). Si tratta di pratiche umilianti che, qualche mese fa, furono denunciate in un documentario della BBC che generò una polemica internazionale.

Riassumendo la situazione legale delle persone LGBTQI é la seguente:

  • non esiste riconoscimento giuridico alcuno per le coppie e famiglie LGBT.
  • non vi sono leggi contro l’omofobia
  • non vi sono leggi che sanzionano le discriminazioni sulla base dell’identità di genere e l’ orientamento sessuale
  • l’adozione per le coppie o individui LGBT é illegale
  • sono previste procedure che permettano alle persone che si sottopongono ad una operazione di riattribuzione chirurgica di sesso di ottenere il riconoscimento amministrativo del cambio di genere ma solo dopo la sterilizzazione obbligatoria e il divorzio
  • ILGA Europe afferma che, durante gli ultimi 10 anni, le autorità turche hanno violato sistematicamente la libertà di associazione delle persone LGBT.

Vista questa situazione non sorprende che il paese si collochi agli ultimi posti in Europa per il rispetto dei diritti umani e civili delle minoranze sessuali. Nell’ultimo “Rainbow Index”, che é stato pubblicato recentemente dall’organizzazione ILGA-Europe, la Turchia ha ottenuto -3 punti (come Monaco e San Marino), in una scala che va dai -4,5 punti di Russia e Moldavia ai +21 del Regno Unito. Sulla situazione della comunità LGBT in Turchia si veda anche l’ Annual Review 2011 on Turkey (si può scaricare cliccando qui).

Censura e discriminazioni

In un rapporto sulla Turchia presentato lo scorso aprile il Parlamento Europeo espresse la sua “profonda preoccupazione per le continue persecuzioni nei confronti di lesbiche, gay, bisessuali e transessuali (LGBT) basate sulla legge concernente gli illeciti e sulle disposizioni in materia di «comportamento immorale»” e rilevò “la necessità di adottare ulteriori azioni contro l’omofobia e ogni altro tipo di discriminazione, molestia o violenza per motivi di orientamento sessuale e identità di genere, in particolare includendo i motivi in parola in una legge antidiscriminazione”. In questo stesso rapporto l’Europarlamento si riferì anche al comportamento dell’esercito e ribadì “il proprio appello al governo turco affinché ordini alle forze armate turche di sopprimere la classificazione dell’omosessualità come malattia «psicosessuale»”

La censura e le discriminazioni sono all’ordine del giorno. Solo il mese scorso, per esempio, la corte suprema di cassazione ha dettato una sentenza nella quale ha affermato che il sesso anale e orale sono “innaturali” e li ha comparati alla zoofilia e alla necrofilia. Negli ultimi anni, inoltre, hanno avuto un’ampia risonanza internazionale i tentativi di censura di cui sono stati oggetto siti web con contenuto omosessuale; i ripetuti tentativi di illegalizzare delle associazioni che lavorano in difesa dei diritti delle minoranze sessuali e casi come quello dell’ arbitro di calcio Halil İbrahim Dincdağ, che fu licenziato quando la sua omosessualità fu rivelata da alcuni giornali (Dincdağ ha presentato un ricorso contro il suo licenziamento e ha denunciato la federazione turca per licenziamento illegittimo. Il processo é ancora in corso).

I cosiddetti “crimini d’onore” continuano a mietere vittime. Tra i molti, troppi, casi avvenuti negli ultimi anni segnaliamo in particolare quello dell’omicidio di Ramazan Çetin (una donna transessuale che fu brutalmente uccisa da suo fratello) e quello dello studente gay Ahmet Yildiz (ucciso da suo padre).

Secondo un rapporto sulla situazione delle persone LGBT in Turchia, che l’associazione Amnesty International pubblicò l’anno scorso, almeno 16 persone furono uccise nel 2010 in ragione del loro orientamento sessuale (questa cifra non include i crimini commessi contro persone Transgender), ma si sospetta che i casi siano in realtà molti di più. Cifre confermate anche da un rapporto pubblicato nel 2011 dal Consiglio d’Europa.

La situazione della comunità Transgender

La situazione delle persone transessuali é particolarmente difficile. La Turchia occupa il primo posto tra i 47 paesi membri del Consiglio D’Europa, e il settimo posto al mondo, per il numero di omicidi motivati dall’odio transfobico. Nel 2011 furono assassinate 28 donne trans. Il gruppo Pink Life ha raccolto inoltre 30 casi di violenze molto gravi, tra cui due tentativi di linciaggio, avvenuti nello stesso periodo.

Dal 1988 sono previste procedure che permettano alle persone che si sottopongono a un’operazione di riattribuzione chirurgica di sesso di ottenere il riconoscimento amministrativo del cambio di genere, ma solo dopo la sterilizzazione obbligatoria e il divorzio.La transfobia sociale é molto elevata. In molti casi le persone Trans sono ripudiate dalle loro famiglie e sono obbligate a esercitare la prostituzione. Molte sono fermate regolarmente dalla polizia con l’accusa di “disturbare la quiete pubblica” e portate in commissariato dove spesso sono vittima di violenze e abusi da parte di membri delle forze dell’ordine. Un esempio é il caso dell’aggressione di cui fu vittima, nel 2010, un gruppo di militanti transgender appartenenti al gruppo Pembe Hayat. Un sondaggio condotto nel 2011 su un campione di 104 donne transessuali rivelò che l’89% affermava di essere stata vittima di violenze da parte delle forze dell’ordine.

L’anno scorso le organizzazioni di difesa dei diritti umani Human Rights Watch e Amnesty International fecero pubblici due rapporti nei quali accusavano le autorità turche di non fare nulla per proteggere le minoranze sessuali dalle violenze, l’harassment e le discriminazioni di cui sono vittima.

Auge del conservatorismo autoritario

Più in alto abbiamo menzionato la sentenza della corte di cassazione che ha definito “innaturali” il sesso anale e orale e gli ha comparati alla “tortura, alla violenza sadomasochista, alla zoofilia e alla necrofilia”. Il sessuologo Selçuk Candasayar ha affermato che la sentenza é indicativa “dell’auge di un conservatorismo autoritario in Turchia”. Il professor Candasayar non é, del resto, l’unico a preoccuparsi della sempre più evidente deriva autoritaria, religiosa e nazionalista del governo di Erdoğan. Molti analisti, come Soner Çagaptay,allertano da tempo che é in atto un “processo di ingegneria sociale il cui fine é quello di islamizzare la società turca”. É innegabile che il governo stia tentando di limitare e, in alcune zone, di proibire il consumo di alcohol e che il comune di Istanbul (in mano all’AKP), sia stato accusato di avere lanciato una campagna per “purificare” e islamizzare il quartiere di Beyoğlu, il “Soho” di Istanbul.

Il sociologo Sencer Ayata, che é anche vicepresidente del maggior partito dell’opposizione, il Partito Repubblicano del Popolo (in turco: Cumhuriyet Halk Partisi o CHP), ha presentato recentemente un rapporto nel quale afferma che le autorità hanno incarcerato più di 600 studenti e espulso dalle università a altri 5.000 col fine di “formare una gioventù puritana”. Non si deve neppure dimenticare che la Turchia é attualmente il paese che conta con il triste record di avere il maggior numero di giornalisti detenuti al mondo. Lo scorso febbraio lo scrittore Paul Auster si rifiutò di recarsi nel paese proprio in protesta contro le detenzioni di giornalisti. Un comportamento che scatenò la reazione infuriata di Erdoğan che dichiarò che Paul Auster é “ignorante”. Eppure l’associazione turca di editori ha appena pubblicato uno studio in cui si afferma che la censura e l’autocensura sono in crescita nella stampa turca e che sempre più libri sono proibiti dalle autorità. L’editorialista del giornale Taraf Ahmet Altan ha riassunto la situazione dichiarando che Erdoğan é ormai un “capo che é proibito criticare”.

Una situazione della quale, come abbiamo detto, le minoranze sessuali sono divenute una delle prime vittime. Il governo turco si é negato a promuovere una legislazione contro le discriminazioni e ha tollerato che politici dell’AKP e membri del governo facessero dichiarazioni apertamente omofobe. É questo il caso, per esempio, della ministra della famiglia Aliye Kavaf che, nel 2010, definì l’omosessualità un “disturbo che necessita di trattamento” o del ministro dell’Interno İdris Naim Şahin che l’anno scorso incluse l’omosessualità in un elenco di “situazioni immorali, indecenti e inumane”.

Eppure, non si deve dimenticare che (r)esiste una Turchia laica e moderna e che vi é una comunità Trans e LGBQI meravigliosa, soprattutto a Istanbul, che conta con gruppi come Kaos GL e LambdaIstanbul che fanno un gran lavoro in circostanze spesso molto difficili (si vedano i continui tentativi delle autorità di proibire le loro attività). Una Turchia che é stata abbandonata dall’occidente che le ha preferito la chimera dell’Erdoğan “democratico” e della Turchia “esempio da seguire” per i governi sorti dalla “primavera araba”.

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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