SLOVENIA: Un curioso caso di pulizia etnica amministrativa

– Hanno violato i diritti dell’uomo – , ha affermato la Camera della Corte Europea per i Diritti umani. E così lo Stato sloveno è stato condannato al risarcimento di 20.000 euro  ad alcuni cittadini della ex-Jugoslavia, residenti a quei tempi in Slovenia, e privati della propria cittadinanza. Ma andiamo con ordine e ricostruiamo le fila di questa lunga storia, iniziata il 25 giugno 1991, quando Lubiana dichiarò l’indipendenza dalla Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia e l’Europa si apprestava ad assistere all’inizio del massacro fratricida nei Balcani meridionali. Quel famoso 25 giugno, entrò in vigore un nuovo regolamento per l’ottenimento della cittadinanza slovena, e non più jugoslava, il cosiddetto Citizenship Act ; la scadenza utile entro cui bisognava consegnare tutta la nuova documentazione, fu fissata al 25 dicembre dello stesso anno, 6 mesi di tempo per tutti i cittadini che abitavano quel lembo di terra.

Ma è bene ricordare che, essendo stata per decine di anni parte di una repubblica federale, in Slovenia non vivevano soltanto cittadini di etnia slovena: erano più di 200.000 gli abitanti provenienti dagli altri stati della ex-Jugoslavia, di cui più di 170.000 riuscirono ad ottenere in tempi utili, la documentazione richiesta per ottenere la nuova cittadinanza. I restanti che non ci riuscirono, furono cancellati nel febbraio del ’92 dai registri anagrafici sloveni, senza però essere informati di tale decisione. Molti abitanti del piccolo stato si ritrovarono a scoprirlo in occasioni del tutto normali, ad esempio nel rinnovare un documento e venne fuori che molti di loro, proprio perché non inseriti nei nuovi elenchi anagrafici, non avevano più diritto ai contributi pensionistici, nonostante avessero lavorato per decenni , né i giovani avevano più diritto allo studio e questi cittadini non potevano viaggiare né  sposarsi .

Chi, prima del 25 giugno 1991, possedeva lì case o proprietà, ne era stato privato: più di 25.000 persone persero il proprio status di residenti, e cercarono diverse soluzioni. Molti di loro si trasferirono nei paesi limitrofi della ex-Jugoslavia, ottenendo lì la loro nuova cittadinanza, altri ottennero la cittadinanza slovena tramite ricorsi per vie legali, altri invece furono espulsi. Ne rimanevano comunque più di 10.000 senza uno status giuridico nella norma, che permettesse loro di vivere in maniera adeguata secondo le regole civili e nel rispetto di diritti e doveri da cittadini di uno stato. Alcuni di loro, nel 2006, decisero di ricorrere alla Corte Europea per i diritti dell’uomo. Inizialmente erano in 11, poi rimasero in 8; inizialmente erano tutti cittadini sloveni, ma di diversa etnia: qualcuno serbo, qualcun’altro bosniaco, alcuni croati,  due “stateless person” ovvero due persone senza nazionalità, e un ex cittadino sloveno ora residente in Macedonia.

Il processo ha sancito la colpevolezza della Slovenia che però è ricorsa in appello, pur non ottenendo nulla: la Corte di Strasburgo ha nuovamente conferito la ragione ai cittadini , barbaramente cancellati e privati dei loro diritti perché non erano riusciti in tempo a terminare le pratiche per ottenere la nuova cittadinanza. Anche se le cronache non hanno mai dato il giusto risalto a tali episodi, la pulizia etnica nei territori della ex-Jugoslavia, non è avvenuta soltanto con le armi e con incursioni violente nelle abitazioni o nei luoghi di culto. A livello amministrativo, gli Stati hanno contribuito a distruggere qualsivoglia forma di libertà a quei cittadini che da un determinato momento in poi, non dovevano più far parte della nuova compagine etnico- politica. La decisione della  Corte Europea per i diritti umani , ha stabilito che Lubiana dovrà provvedere ad un risarcimento morale e alle spese processuali, nei confronti dei cittadini che hanno presentato causa nel 2006. Inoltre la Corte ha stabilito che lo stato sloveno insieme alle Ong presenti sul territorio e ai legali delle parti lese, dovrà impegnarsi inoltre a risarcire anche i danni patrimoniali. I rappresentanti legali dello Stato sloveno avevano fatto presente che molte cause processuali fossero andate ormai in prescrizione, trattandosi di una vicenda ormai risalente a più di 20 anni fa, ma la Corte Europea ha parlato chiaro e ha fatto sapere al Parlamento sloveno che dovrà approvare una legge apposita per rendere esecutiva la sentenza emessa da Strasburgo, per far sì che i cittadini  privati dei propri diritti anche 20 anni fa, ottengano il risarcimento che meritano.

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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