I greci sperano che “l’usato sicuro” abbia imparato a negoziare con Berlino

Scene da anni Cinquanta del secolo scorso, con il partito della sinistra Eda che, a nove anni dalla sconfitta comunista nella guerra civile, conquistava il 25 per cento e diventava primo partito di opposizione, gettando nel panico la Nato e gli alleati d’oltreoceano. Ora al posto degli americani ci sono i tedeschi, ma nella remota provincia greca i termini dello scontro sembrano immutati nel tempo, tramandati da padre in figlio, da nonno a nipote. Nuova Democrazia ha ottenuto risultati molto sopra la media nazionale (30 per cento) a Sparta, nella Macedonia settentrionale, in Tracia, nell’Epiro. Proprio nelle zone dove la guerra civile imperversava già prima del ritiro delle truppe naziste, con stragi di civili da ambedue le parti. La controprova: le tradizionali “roccaforti rosse”, l’isola di Lesbo, Icaria, il quartiere di Kokkinia ad Atene.

Per una quarantina di anni erano passate ai socialisti del Pasok, ora sono tornate in mano ai “comunisti” di Syriza. La guerra civile oggi è combattuta con il voto, ma è sempre negli stessi campi di battaglia e sempre in nome della retorica anticomunista, rispoleverata per l’occasione da Antonis Samaras. Il deciso spostamento a destra ha avuto effetto in tutte le regioni e le piccole città della profonda provincia greca, anche in quelle senza memorie di sangue. Dove è mancato il “pericolo rosso”, si è schierato per Samaras un popolo di piccoli imprenditori del turismo (“roomletades”), agricoltori a tempo perso, professionisti, evasori fiscali, impiegati e aspiranti golden boys nell’incontrollabile amministrazione pubblica delle aree urbane. Tutti colpiti solo in parte dalla crisi e con pochissima voglia di cambiare. Con due casi particolari: a Creta gli elettori di centrodestra si sono ribellati alla candidatura di Dora Bakoyannis e si sono spostati in massa verso Syriza. Lo stesso hanno fatto a Patrasso i socialisti in rivolta contro George Papandreou.

Sono molto diversi invece gli elettori ateniesi del centrodestra. La regione dell’Attica concentra circa la metà dell’elettorato greco e comprende collegi elettorali agli opposti. Nei viali centrali degli affari, Kifisias (servizi) e Syngrou (armatori), come nelle banche in affanno, i consigli per gli elettori della Commissione europea e della stampa tedesca sono stati presi molto sul serio. Lo stesso è avvenuto tra quelli che stanno da più di due anni con un piede sospeso sul baratro: il popolo decimato dell’Iva, i professionisti in crisi, i negozianti sopravvissuti. Anche là le incertezze della sinistra hanno alimentato il sospetto che un default ellenico fosse probabile e forse anche auspicabile in Europa. Un rischio che non potevano correre. Meglio turarsi il naso e andare sull’usato sicuro. Sperando sempre che quest’usato abbia imparato come si negozia (e si rinegozia) con i panzer tedeschi.

Il clima è del tutto diverso nei quartieri popolari di Atene e del Pireo, l’immensa periferia di una città monstrum di 5 milioni di abitanti. Là Syriza ha staccato Nuova democrazia di ben 20 punti e saccheggiato a man bassa voti non soltanto ai socialisti del Pasok (12,2 per cento) ma anche ai comunisti stalinisti, ridotti ai minimi termini (4,5 per cento). Sono quartieri dove la disoccupazione raggiunge quote del 70 per cento e dove, secondo il ministero dell’Interno, il tasso di criminalità si è moltiplicato del tremila per cento rispetto al 2008. Per le tante famiglie senza lavoro, senza reddito, molto spesso senza neanche un tetto, la minaccia di espellere la Grecia dall’Eurozona non poteva che avere una valenza molto ma molto relativa. Syriza ha promesso loro un poker duro con i partner e l’elettorato popolare l’ha presa in parola. Poteva rischiare perché non aveva più nulla da perdere.

I quartieri della periferia ateniese e pireota hanno premiato anche Alba dorata, stabilizzata ormai al 7 per cento. In questo mese di intervallo tra le due elezioni, il partito neonazista ha avuto modo di mostrare la sua vera natura, aggredendo quotidianamente immigrati, avversari politici e donne in diretta televisiva. Ma non ha perso elettori. Con le risorse di politica sociale ridotte al minimo e la polizia in stato semicomatoso, la sinistra continua ad avere un atteggiamento ideologico verso l’immigrazione, e l’estrema destra ne approfitta. Facendo proseliti specialmente tra i giovani disoccupati.

E i famosi statali greci? Rispetto al 2009, anche tra loro Nuova democrazia ha perso in favore di liste dissidenti, mentre i socialisti si sono spostati in massa a sinistra, seguendo la loro leadership sindacale. Le vecchie clientele stanno crollando e gli impiegati si sentono traditi e vittime sacrificali. Lo conferma anche l’esame dell’elettorato per età: Nuova democrazia domina con il 33-34 per cento fino ai 54 anni, dopo crolla al 20 per cento, mentre Syriza fa il percorso inverso: 20-24 per cento fino a 54 anni per poi decollare al 39 per cento. Chi si trova nel mezzo del cammin di nostra vita non teme l’ignoto e i suoi rischi.

da Il Foglio

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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