CROAZIA: Davvero Europa?

di Antonio Lukic

A più di 20 anni dalla guerra, dopo una recessione che ha visto il PIL in calo per più di un anno, cos’è la Croazia oggi?

Iniziamo l’analisi a partire dal referendum per l’ingresso nell’UE, il secondo referendum nella storia della Croazia dopo quello per l’indipendenza di 20 anni fa: meno del 50% degli aventi diritto al voto ha votato. Ma con i 2/3 dei voti (66.27%) ha vinto il SI per l’ingresso. Come mai, se ancora oggi girando per Zagabria vediamo sui muri le scritte “EU ROBLJE”, ossia “UE RAPINA”? La risposta è semplice: è il qualunquismo di un popolo sfiduciato nella classe politica, non abituato alla democrazia, stanco di come vanno le cose ma troppo preso dalle proprie preoccupazioni.

Non abituato alla democrazia perché tutti gli over 40 risalgono alla generazione jugoslava: il Governo si prende cura di tutto, il vostro unico compito è lavorare. L’entusiasmo per l’Europa c’era, ma con le lunghe trattative prima e l’arrivo della crisi dopo questa unione sembra sempre meno attraente. E’ questo il qualunquismo: in realtà solo 1 croato su 3 desiderava l’ingresso nell’UE. Tutti quelli che non hanno votato, erano contro. Il qualunquismo ha vinto sulla voglia di decidere, per questo ha vinto il SI. Pensate che prima del referendum giravano addirittura catene di sms contro l’ingresso. Il partito politico più attivo in questo senso è l’HSP (Hrvatska Stranka Prava, di destra ma diverso dal partito principale HDZ, di destra filoeuropea, fondato da Tudjman). L’HSP girò anche degli spot contro l’UE, mai trasmessi in TV.

E dopo il referendum? I partiti contrari protestano: con un’affluenza inferiore al 50% non può essere considerato legittimo; cosa sensata in ogni democrazia, ma dato che per legge non esiste un quorum minimo da raggiungere, il risultato non è impugnabile.

Con data di ingresso 1 Luglio 2013, la gente accetta il risultato e tira avanti. Gli entusiasti dicono che la vita migliorerà, e che così la Croazia non sarà isolata. Gli euroscettici (vengono veramente chiamati così) dicono che secondo tale teoria siamo stati isolati fino ad adesso, ma ciò non ha impedito lo sviluppo del turismo e il miglioramento delle condizioni di vita dalla fine della guerra al 2007. E i cittadini ponderano da soli sulla politica estera: con il turismo, si sono accorti che arrivano sempre più russi spendaccioni, e qualcuno capisce che verso est ci potrebbe essere un futuro migliore; ma la Croazia rimane comunque una provincia della Germania. La comunità croata nei paesi di lingua tedesca (Germania, Austria, Svizzera) è notevole e i croati guardano alla Germania come ad una guida morale, nonché come ad una terra promessa dove emigrare perché si guadagna bene e ci sono migliori condizioni di vita.

Intanto tra le strade, tra la gente comune, quella che deve far quadrare i conti e che subisce la disoccupazione, iniziano a uscire fuori i ricordi, e un bel po’ di persone si permette di dire anche a voce più alta che durante la Jugoslavia socialista si stava meglio.

Nonostante i media siano orientati verso una propria politica, la situazione reale non è come la rappresentano. Vedendo la TV si vede un Paese filoeuropeo, nazionalista, che ancora odia i serbi. La realtà è che a Zagabria vivono molti serbi, alcuni hanno anche posizioni importanti e lavori manageriali. Ci sono quartieri dove vivono soprattutto serbi, e i nazionalismi estremi, o per meglio dire l’ideologia Ustaša, si riscontra principalmente nelle famiglie più povere e di un livello culturale molto basso.

Ma considerazione e popolo a parte, l’Europa alla Croazia conviene o no? Si e no, sarebbe la risposta. Da una parte entrando la Croazia potrebbe beneficiare di un commercio più libero nei Paesi UE e potrebbero aumentare gli investimenti del Paese, visto che l’economia croata può giocare sul tasso di cambio tra la Kuna e l’Euro (1 € = 7.5 Kune circa).

Dall’altra parte c’è da considerare che la Croazia è un Paese di 4,5 milioni di abitanti, un’inezia rispetto alle dimensioni dell’UE, e avrebbe un potere decisionale irrisorio; cosa da ricordare bene, poiché le leggi europee sono al di sopra delle leggi nazionali, quindi se una legge di un Paese UE è in contrasto con una legge approvata dal Parlamento Europeo, la legge nazionale va abrogata – pena multe. Inoltre l’UE ovviamente si sostiene tramite tasse che versano i singoli Paesi, ciò comporta un aumento delle tasse dato che va aggiunta la “tassa europea”; infine consideriamo tutto l’apparato burocratico comunitario che verrà costruito in Croazia, una spesa extra per i contribuenti.

Durante i tempi della guerra, mentre ancora si combatteva e la Croazia e i croati erano in trepidante attesa per il riconoscimento della propria indipendenza da parte della comunità internazionale, ogni giorno alla radio veniva trasmessa una canzone dal titolo “Stop the War In Croatia” del cantante Tomislav Ivčić. Più che una canzone era un appello, e il testo recitava “noi vogliamo condividere il sogno Europeo / vogliamo democrazia e pace / permettete che la Croazia sia una delle stelle Europee / Europa, tu puoi fermare la guerra”.

Questo appello è stato accolto in maniera tardiva. La guerra è finita, la Croazia si è risollevata da sola dai momenti di maggiore difficoltà, e ora è tardi per l’Europa rispondere a tale appello.

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38 commenti

  1. giorgiofruscione

    meno male che esiste qualcuno che come me sostiene che la Croazia sia sostanzialmente euroscettica perchè l’ultima volta secondo fantomatici dati “gallup” in Croazia erano tutti per l’ingresso in Unione…bravo majstore 🙂

    • Purtroppo la realtà a volte è diversa da quello che scrivono i giornali; questo è il vero umore della popolazione che ho riscontrato a Zagabria e in Croazia.

      • Domanda: ma quanto Zagabria rispecchia davvero la Croazia? Io ad esempio della Serbia conosco Belgrado, ma Belgrado è molto lontana (politicamente, socialmente, educativamente, storicamente…) da quello che è veramente la Serbia… vale anche per la Croazia?

        • Considerando i numeri, praticamente 1 croato su 4 vive a Zagabria; molti di loro vengono da altre zone della Croazia, per cercare lavoro. Quanto rispecchi davvero il resto del paese non lo so, perchè la situazione cambia da zona a zona: la Dalmazia è sicuramente diversa da Zagabria, la Slavonia anche – è interessante notare che all’epoca del referendum le regioni dove ci sono stati meno voti per il si all’ingresso sono state quelle di Split e Dubrovnik, nonostante logica suggerisce che per via del turismo avessero più interesse per l’ingresso. I più forti nazionalismi vivono indubbiamente nelle aree che hanno risentito maggiormente della guerra. Da quello che so Zagabria ha vissuto dei brevi scontri ma assolutamente nulla che si possa paragonare a quello che è successo a Vukovar o Sarajevo.
          Lo scetticismo verso l’UE è comune a tutti, per trovare le vere differenze bisognerebbe esaminare le varie regioni; comunque il livello di nazionalismo è generalmente proporzionale al livello di coinvolgimento della propria città nella guerra.

          • giorgiofruscione

            io conoscevo i risultati del referendum ma se questo non è votato che da meno del 50% della popolazione non è rappresentativo per niente quindi si: chi non ha votato era “disinteressato” dalla questione, quindi era per il no…ho la fortuna di conoscere croati di zagreb, di slavonia, dalmatinci. istriani, erzegovesi e bosniaci…onestamente la fiducia verso l’ue non me l hanno mai data a vedere…

          • Non sono d’accordo che “disinteresse = no”.

            A lungo la CEE/UE è stata costruita su quello che i politologi hanno chiamato un “consenso permissivo”: alla maggior parte della gente la costruzione europea non interessava, quindi si poteva provedere nell’integrazione senza incontrare troppe resistenze. A partire dal 1992, la situazione è cambiata ed oggi si parla piuttosto di un “dissenso costrittivo”: la crescita dell’euroscetticismo fa sì che alcune opzioni di politica europea (specie quelle più federali) siano indisponibili ai politici nazionali, se questi vogliono mantenersi in sella. Ma l’euroscetticismo, benché presente anche nei paesi candidati, resta principalmente un fenomeno dei paesi membri.

            Tutto ciò per dire: il disinteresse, anche in Croazia, può semplicemente indicare disinteresse, senza per forza trasformarsi in dissenso.

  2. Non c’è nulla da fare: ormai da tempo mi son reso conto, che gli articoli sulla Jugoslavija, suscitano un Grandissimo Interesse e sono un continuo terreno di “scontro” (ringraziando il cielo solo intellettivo!) con lunghi “duelli” di idee. Ciò è anche una fortuna! Lo si vede dal numero di repliche fatte: spesso da 15 a 25!!!
    Quale collaboratore “caucasico” del giornale, mi sono dato una regola, che è quella di scrivere e commentare solo nella mia sezione riguardante il Caucaso. Ma alcune volte trovo davvero difficile, non commentare i fascinosi articoli o le irresistibili repliche che nascono puntualmente dopo la pubblicazione!
    Una cosa è certa: I Balcani non hanno pace nemmeno sulla “carta”!

    • Direi… “Balkan is not dead”! (è anche il titolo di un film recente;produzione macedone)

  3. Complimenti all’autore per l’articolo.
    Per quel che mi riguarda, io di Croazia ne ho viste almeno 3, non 2: Zagabria, la costa, e l’interno.
    Dal mio punto di vista non stupisce che la costa (turistica) non abbia votato in maggioranza per l’adesione. I visti con l’Europa sono già aboliti e -almeno alla friontiera terrestre con l’Italia- non ci sono nemmeno controlli della carta d’identità. Insomma, l’attuale rapporto con l’Europa già garantisce un buon numero di turisti.
    L’interno – da quel che ho visto io, ma pronta ad essere smentita – è decisamente più povero, e probabilmente un ingresso nella UE che tanto tutela i propri agricoltori potrebbe essere solo che positivo.

    Infine, non condivido assolutamente la posizione di Giorgio (stranamente una volta tanto sono d’accordo con Davide 😀 ), secondo il quale un referendum che non raggiunge il 50% non possa essere ritenuto valido.
    Ritengo anzi il referendum uno dei migliori strumenti di democrazia, e mi ha sempre fatto arrabbiare il fatto che in Italia il disinteresse e il voto contrario venissero associati. Fosse per me, abolirei il quorum anche nel bel paese: se ti disinteressi ad una questione, il tuo non-voto non pesa, mentre chi se ne interessa sarà incentivato a votare no. Visto che in Croazia il quorum non esiste, tanto più chi era contrario all’ingresso nell’UE è andato a votare no…quindi solo la minoranza dei cittadini è contraria.

    Baci

    • giorgiofruscione

      ho solo detto che non è rappresentativo e di fatto è cosi: votiamo ad un referendum in 100 e quella legge viene abrogata o meno? non funziona cosi…la volontà popolare deve essere del popolo non di un 30 % di esso. ciao

  4. Non ho mica tanto ben capito la logica per cui il non voto non pesa…

  5. giorgiofruscione

    continuate a guardare i balcani con gli occhi da “occidentali” e continuerete a non capirli

  6. Che c’entra questo? Scusa ma, senza offesa, la tua frase e’ un po’ arrogante. Io chiedevo solo in base a cosa si puo’ dire che in un contesto sociale il non votare non pesa. A meno che non si abbiano posizioni di “minoranze illuminate” per cui si e’ avanguardia di masse oggetto della storia penso che il non votare pesi eccome sugli equilibri sociali… Tornando alla tua frase io sono un seguace delle teorie di incomunicabilita’, figurati… Non sai quante discussioni ho fatto con un mio amico che vive in Mongolia, ed e’ diventato piu’ realista del re…

  7. Giusto per ribadire che non volevo offendere e che forse ci stiamo fraintendendo ti dico che sul referendum sono d’accordo con te, il problema e’ che sono posizioni “ideologiche”. Quando al popolo non frega nulla che fai? Blocchi la vita politico amministrativa del paese? La democrazia deve essere condivisa, se poi decidi di farla condividere a forza sono scelte… Basta che non si fa come la sinistra europea che parte da posizioni ideali (e non dico ideologiche) e poi quando non sono condivise ne rivendica la legittimazione tramite leggi. Se si e’ un vero democratico penso non si debba aver paura della dittatura. In fondo nella rivoluzione francese, la madre di tutte le politiche, le due anime sono convissute. In fondo la democrazia non e’ che la dittatura di molti, che diventano pochi e poi diventa uno quando i molti vogliono fare altro… L’unica roba che non sopporto e’ l’ipocrisia democratica che si vuole assoluta e intoccabile come un monarca sancito dal diritto divino.

  8. giorgiofruscione

    ci siamo fraintesi proprio perchè io non volevo rivolgere a te il mio commento 🙂 e di fatto leggendo quanto mi hai detto adesso sono in totale accordo con te: la democrazia non è un idea ne un valore, è uno strumento, un mezzo col quale vive una società e io sostengo solo che essa non possa essere standardizzabile a tutti a mo’ di “guerra per la democrazia”, di conseguenza se la gente non va a votare questo è sintomo che FORSE la democrazia non sia IL sistema per antonomasia ma solo una possibilità. inoltre, e questo è un mio pensiero, la democrazia o è TUTTA qui per me e per sempre oppure non vale nulla, NULLA e la democrazia reale nasce dal basso, dalle volontà molteplici di io e te che non ci conosciamo nemmeno e parliamo di ideali su un social network, e non un sistema di vita che, decorsi dei tempi, bisogna raggiungere per forza (a costo della sua imposizione dall esterno) per non essere tagliati fuori da “questo mondo”. della serie, se un sistema non è democratico qual è l elemento che lo distingue da un paese che “sulla carta” è democratico ma di fatto è una democrazia monca (per esempio l italia)? nessuna!
    ripeto: non mi sono offeso e non ce l avevo con te, cosi come con nessuno; mi riferivo al fatto che i balcani hanno delle particolarità che necessitano di contestualizzare una “propria” idea di democrazia.

  9. Sulla democrazia, non che sia vangelo quel che penso io, scrissi un post e la frase in questione mi sento di rivolgerla a Giorgio: “I cittadini che ancora non rinunciano a rivendicare spazi di libertà si trovano però a combattere contro un simulacro, talvolta accusando la democrazia (come sistema di potere) di coercizione e abuso quando la prima a essere coercita e abusata è la democrazia stessa. Il rischio è la deligittimazione della democrazia e la possibilità di lasciare campo aperto a nuovi sistemi di potere autoritari, populismi mascherati, libertà sloganistiche.”

    Come saprai la democrazia può essere considerata “strumento” o “valore”. Io, che non sono nessuno, penso che lo strumento ha valore, un suo valore è la partecipazione. Ma non il solo. Lo strumento resta positivo. Invece di accusarlo di insufficienza, usiamolo meglio. Credo che la critica alla democrazia sia “facile”, benché un tantino demodé, e mi sembra persino populisteggiante. Tu Giorgio, ti lamenti di gamba sana, ché della democrazia puoi lamentarti e dire che non va bene, che l’Unione Europea è una schifezza, che i Balcani vanno visti con altri occhi. Doglianze che ti sono consentite perché sei in una democrazia, perché l’Unione Europea ti ha messo al sicuro le frontiere (e con esse il tuo modello sociale, europeo), perché grazie a qualche programma di scambio hai potuto vivere un poco nei Balcani e conoscerli. Per carità, nel tuo piatto puoi sputarci quanto vuoi, è il tuo, ci mangi tu.

    Matteo

    • giorgiofruscione

      Matteo, finito di leggere il tuo commento ho avuto un espressione di sbigottimento che purtroppo neanche uno smile può rendere. Per punti: io ho parlato di partecipazione dal basso e è innegabile che questo sia un mezzo più che un valore (come facciamo a far valere una cosa che vogliamo entrambi? partecipandovi, e quindi usare la democrazia come mezzo); “usiamolo meglio” perchè possiamo? possiamo scegliere i nostri candidati? no! a livello europeo possiamo, ma questi non vi hanno potere; demodè e populista? no, realista, perchè è inutile che mi si scriva su una “carta” (che non vien rispettata) e poi di fatto lo stato Italiano non funziona con principi democratici; gli scambi europei? meno male! è da 50 anni che parlano di solidarietà e mobilità sociale e perlomeno l hanno reso pratico negli ultimi anni. Per me ne Italia ne Unione Europea sono democratici, e non lo diventeranno scrivendo su un trattato che non sarà vincolante, che lo sono.

  10. Beh proverò a creare un pò di confusione!
    Giorgio ha detto una grandissima verità: “non possiamo guardare i Balcani con gli occhi da occidentali”! In realtà, questo modo di analizzare un contesto slavo si chiama “orientalismo”, come direbbe il nostro “collega” del giornale e lettore Davide D., ma ahimè non è il metodo risolutivo di tutto!
    Ad esempio facciamo un discorso alla rovescia. Proviamo a fare una domanda sugli italiani visti da occhi slavi o americani : Noi italiani siamo come ci vedono da fuori ( dato che l’occhio dell’osservatore fa si che oggettivamente un giudizio o un’analisi sociologica sia più veritiera e più esatta) oppure siamo “come noi stessi ci percepiamo”, dato che nessuno al di fuori di Noi può realmente comprenderCi” ???
    Penso che siano ambedue le cose. E quindi, è vero in parte ciò che dice Giorgio F.
    I Balcanici vanno visti con occhi italiani (dato che siamo occidentali) e compresi con intelletto, senso e cuore Balcanico! Se non si riesce ad avere questo doppio “senso”, è meglio non fornire nessuna analisi o avventurarsi in alcuna valutazione, perchè altrimenti si rischia di cadere nell’errore più frequente e grossolano che è quello di non avere visione giusta “delle cose balcaniche”!
    Enzo Nicolò D.G.

  11. @piotr: chiedo scusa perchè il mio commento era certamente confuso.
    Quando ho scritto che il non voto non pesa intendevo dire che – dal mio punto di vista – il non votare non deve avere peso in un referendum, mentre lo legittimo nel caso delle elezioni. E ora ti spiego il perchè.
    Non sono un’entusiasta della democrazia rappresentativa, o della democrazia nella sua forma attuale in Italia, tanto meno una sostenitrice delle guerre per la democrazia. Tuttavia- in attesa del governatore saggio di cui parlava Platone – ritengo che la democrazia sostanziale sia la migliore forma di stato a nostra disposizione. Qui la parola chiave è sostanziale: una semplice democrazia “formale” (per esempio in cui si tengono elezioni) non necessariamente è una democrazia sostanziale.

    Dal mio punto di vista il referendum (nelle sue varie forme) è un ottimo strumento di democrazia diretta, e quindi un passo in avanti verso quella sostanziale.
    E siccome pone solitamente una domanda secca, a cui rispondere con un si o con un no, in cui si può davvero esprimere il proprio parere su un determinato argomento, trovo che chi sia interessato ad occuparsi della vita politica-sociale-etica etc del paese in cui si trova vi partecipi, esprimendo la propria posizione. Non votare al referendum è solitamente un sintomo di disinteresse (e quindi perchè considerare disinteresse= sono contrario?) più che di protesta, o in alternativa dipende da una generale disaffezione al sistema democratico (e allora perchè non pensare, proporre, cercare delle alternative? ma come?).
    Nel caso delle elezioni invece, secondo me, il non voto deve essere tenuto in maggiore considerazione, perchè può manifestare disinteresse, ma anche scontentezza nei confronti della classe politica, volontà di non legittimare chi sarà eletto, volontà di non scegliere a scatola chiusa – che è quello che accade con i partiti. (anche se, a mio avviso, il miglior modo di “protestare” è la scheda nulla, proprio per distinguersi dal disinteresse).

    Spero di essermi spiegata meglio.

    Proprio perchè sono disillusa dall’attuale esercizio del potere, sono invece una “fan” del referendum.

    Baci

  12. a me sembra più corretto dire che è la democrazia che sembra e rischia di diventare un sistema autoritario.
    mi chiedo spesso, perchè negli ultimi 20 anni l’ uomo e gli uomini abbiamo inventato di tutto, fatto innovazioni tecnologiche di ogni tipo, nuovi trattati e messo in discussione ogni cosa. tutto tranne la democrazia.
    il problema, è che evidentemente la democrazia cosi com’è (o come è stata resa/abbiamo accettato di renderla, per venire incontro a Matteo) non funziona. per niente. e come se non bastasse, ha creato problemi ENORMI e irreversibili come quello dell’ ambiente (uno tra tanti). ulteriore aggravante è che la democrazia che ha creato questi problemi, non ha gli strumenti utili a risolverli. e ripeto, vista l’ irreversibilità di alcuni, si devono risolvere. invece alla democrazia non va nemmeno di parlarne di questi problemi. quindi onestamente preferirei rinunciare alla partecipazione, se partecipazione significa quello che abbiamo oggi. anche perchè, siamo veramente convinti che possa essere usata meglio???????? ci stiamo/stanno provando da un po’, e onestamente in nome di questa democrazia vedo solo recrudescenza. in una forma o nell’ altra…
    più che parlare di demodé, direi che è esattamente il contrario. trovo più che altro che sia demodé l’ attacamento cieco, quasi affettivo, che molti oggi hanno alla democrazia.

    saluti

    • Gent. Silvija

      la democrazia non crea problemi, gli uomini che siedono nelle istituzioni li creano. La democrazia è uno strumento, secondo alcuni, un valore, secondo altri. Una democrazia può essere formale o sostanziale. Chiariamo dunque di cosa stiamo parlando. A me sembra che ci sia molta confusione in giro. La democrazia non è un’ideologia di potere, come le ideologie novecentesche, quello semmai (cosa che molti confondono) può essere il liberalismo. Le nostre europee sono democrazie liberali, con un occhio di riguardo (chi più, chi meno) allo stato sociale. C’era la splendida democrazia della repubblica democratica tedesca, talmente splendida che han dovuto tirarci su un Muro per tenere la gente dentro. Era democrazia anche quella, a sentir loro. Non lo è agli occhi di qualsiasi persona di buon senso. Purtroppo il concetto si piega, ma non è pieghevole. Esiste, per fortuna, la scienza politica a mettere dei paletti. A indicare quali sono i requisiti necessari affinché un regime sia democratico. E in che misura, e fino a che punto, lo è davvero al di là delle etichette (anche il Congo è “democratico”).

      Quel che mi spaventa, Silvija, è che convinzioni come la sua, che intersecano diversi piani della riflessione politica in un unicum informe, sono assai diffusi. L’antipatia verso la democrazia lascia spazio a populismi, e i populismi (se va bene) realizzano sistemi di potere in cui la democrazia resta una forma ma viene privata della sostanza. Credo che un sincero impegno, intellettuale e civile, specie dei più giovani, sia l’unica possibilità di salvezza per le nostre società. Ahimé è più facile dire che la democrazia è una schifezza, senza proporre modelli alternativi che siano altrettanto rispettosi delle libertà individuali e delle necessità sociali. Senza cioè proporre modelli di crescita democratica. E’ più facile e a me pare il prodotto di menti annoiate, mediamente colte, votate alla critica destruens e al disimpegno nei confronti della società. Non parlo di lei, che nemmeno conosco, e che non può certo esprimere un’idea complessa in così poche righe. Non mi permetterei mai. Il fatto è che la complessità della materia è sovente ridotta a slogan mentre richiederebbe spazi di analisi ben maggiori. Il prossimo anno ci sarà la terza Biennale democrazia, a Torino, ecco: quello è uno spazio adeguato al dibattito, che noi qui possiamo solo fare per approssimazione scadendo tutti nella banalità, posto che un sano scambio di idee è sempre una boccata d’aria buona, direi “democratica”. Un saluto cordiale

      Matteo

  13. giorgiofruscione

    però vedi, Matteo, quello di cui sto parlando io è che secondo me tu e ugualmente nessuno può permettersi di dire “Non lo è agli occhi di qualsiasi persona di buon senso.” Eppure lo è stato anche la DDR agli occhi di molti suoi cittadini. Ma va bene, hanno tolto il muro (meno male!) in nome della “democrazia” e mezza europa, quella che di cui discutiamo e scriviamo, “è cambiata”, ma secondo te 20 anni fa se avessero previsto che la democrazia li avrebbe portati a vivere cosi (CON LE PEZZE AL CULO) cosa avrebbero detto??
    e ancora, LO SDEGNO dei liberali, democratici, capitalisti, globalizzanti e infine anche quello di tutta l’Europa dov è quando si parla, per esempio, del muro di Gaza??? sto solo cercando di rispondere a queste domande, LUNGA VITA ALLE DEMOCRAZIE VERE E REALI

    • beh, non mi sembra di scoprire altro che l’acqua calda nel dire che certo la Germania orientale era democratica solo nel nome. La percezione dei cittadini conta fino a un certo punto.

      Con le pezze, come tu dici, vedo certa parte della ex-jugoslavia, che dopo una guerra di cinque anni ha certo fatto fatica (e la fa ancora) a realizzare una democrazia che vada oltre la forma delle istituzioni. In Romania e Bulgaria, in modi diversi, ci solo oligarchie che hanno occupato la democrazia. La forma democratica è salva, ma la sostanza non molto. Altrove (Polonia, Slovacchia, Ungheria, Boemia) le cose vanno meglio pur con diversi problemi. La perfezione è utopia, ma una democrazia sana sa raddrizzare da sé il timone quando la rotta presa va altrove. Ecco, una democrazia sana ha istituzioni che non richiedono l’intervento di Spartaco. Oggi la regressione democratica è diffusa a est come a ovest. Forse a est non ha nemmeno avuto modo di svilluparsi. Ma con questo? E’ colpa della domocrazia come sistema di potere? O piuttosto è il contesto storico che influisce sulla qualità dello sviluppo democratico? Accusare la democrazia, ripeto, è facile. Un gioco da ragazzi. Da ragazzacci: il fascismo imputava alla democrazia di essere troppo “fragile”, infatti l’ha soppiantata con la forza.
      Te lo dico fuori dai denti, secondo me accusare la “democrazia” è segno di pavidità e pigrizia intellettuale. Poi, ti ripeto, la scelta è individuale. Non sei costretto a “credere” nella democrazia, né io intendo convincerti.

      Matteo

  14. @Matteo: “E’ più facile e a me pare il prodotto di menti annoiate, mediamente colte, votate alla critica destruens e al disimpegno nei confronti della società”. Questo sono io!!! 😀
    A parte le battute capisco la tua posizione ed apprezzo il tuo idealismo ma il mio cinismo mi porta a non essere del tutto d’accordo. Io ritengo il sentimento antidemocratico avente lo stesso valore, se motivato e se non semplice qualunquismo, del sentimento democratico. Ed ogni popolo deve decidere da se’, se il contesto storico vede un popolo avere sentimenti antidemocratici benissimo, la forma di governo sara’ di conseguenza. Se poi poi persone come te la pensano giustamente in modo diverso e vogliono cambiare le cose ben vengano, ma si tratta di “avanguardie illuminate”, la politica e’ sempre questione di elite piu’ o meno estese. L’importante e’ la consapevolezza che la democrazia di fatto non esiste, al massimo esiste una dittatura della maggioranza, delegante o meno. Termini come buon senso e pericoloso io li escluderei da un discorso politico appartendendo alla sfera della soggettivita’. Condivido la tua critica ai critici, troppo facile attaccare e si deve costruire. Ma come cantava un gruppo (dal nome emblematico di “Oltragio”): “distruggere per costruire e’ il nostro modo di lottare”; Sappi che mi sono arruolato dalla tua parte… 🙂
    @Giorgio: sono pienamente d’accordo con te sul fatto che una carta non possa cambiare le cose. E sono d’accordo sul tuo accenno allo “sdegno” ma il tuo slogan finale rischia di vanificare tutto e permette a quei “dannati liberaldemocratici” come Matteo (scherzo eh :D) di smontare le tue posizioni. Come nei cortei quando dai fuoco al bancomat e sopra ci sta una casa…
    @Dany: adesso ho capito meglio, anche se io equiparo referendum ed elezioni politiche. Secondo me la gente che non vota non vota, senza stare a fare distinguo tra disinteresse e scontento ecc ecc. A volte si da’ alle persone un’autocoscienza che non hanno, colpa dell’avere studiato… 🙂 Sono tutte categorie di analisi sociologica interessanti ma resta il fatto che la gente non vota e che una legge, od un governo, sono decisi da una minoranza. E ad un certo punto va bene cosi’…
    @Enzo: sono d’accordo a meta’ col mister. Condivido quello che hai scritto. Intendevo dire proprio quello, che serve una posizione mediana tra l’essere piu’ realista del re e fare il turista. Anche se non credo si possa mai essere quello non che si e’. Non condivido invece l’uso del termine “giusta” finale. Non penso esista un giusto o uno sbagliato. A volte il linguaggio ci fa scivolare. Perche’ una visione deve essere piu’ giusta di un’altra? Puo’ essere piu’ aderente alla realta’, piu’ comprensiva, piu’ illuminante ma non ritengo possa essere piu’ giusta. Il grosso pericolo di noi persone che ci informiamo e studiamo (io molto meno della maggioranza di chi scrive qui) e’ di cadere in un pregiudizio intellettuale secondo il quale il mio impegno equivale ad una maggior “giustezza” di opinioni rispetto agli altri, una sorta di ripagamento dello sforzo.

    • social-liberale, prego. Democratico lo sono per forza, sennò non potrei avere che l’idea imposta dal regime “anti-democratico”. Che è una, perché se ci fosse pluralismo allora saremmo in presenza di una democrazia. Anti-democratico non vuol dire nulla. La democrazia ha istituzioni proprie, dette “democratiche”. Quali sarebbero quelle anti-democratiche? Ciò detto, non sono un idealista. La democrazia è qui, basta migliorarla. E la democrazia, perdona, è esattamente il governo della minoranza, poiché delle maggioranze la democrazia ha una paura fottuta. Lo diceva bene Stuart Mill.

      In generale, a me non piace l’atteggiamento da maestrino, degli “altri occhi” che ci mancano, delle verità rivelate tenute in tasca. Mi aspetto di più dalle persone.

  15. Mi sono alzato in piedi davanti al pc ed ho applaudito… 😀

  16. @londonpiotr : “Sono totalemnte d’accordo a metà col mister” (Garzja ex giocatore della Roma – ripersa come tormentone dalla Gialappa’s ai suoi esordi) ipse dixit.
    Perchè il termine “giusto” sarebbe da sanare quasi come se fosse inesatto, arrogante, pretestuoso od equivoco, ed invece il termine “illuminato” è correttemente esatto, semanticamente (almeno per Te!)!?
    Differenze terminologiche a parte, credo che siamo abbondandemente fuori tema….! L’articolo era sulla Croazia e non sulla democrazia o sulle dittature “democratiche” stile DDR!!!
    Comunque sia, ribadisco il concetto di prima: gli articoli sui Balcani, creano molti dibattiti! (Sembrerò un contabile, ma vi dico…30 commenti in questo articolo, con una media di 8 su qualsiasi altro articolo balcanico, a fronte di una media generale di 2 o 3 commenti!)
    A presto

  17. @enzo: io ho detto illuminante, non illuminato. Il che e’ ben diverso, Illuminante e’ cio’ che rischiara, tutto quello che contribuisce ad una visione migliore. Giusto invece e’ una presa di posizione. Sul fuori tema penso che non esista un fuori tema… A presto e viva i dibattiti costruttivi

  18. @Matteo:
    Penso che non si sia colto il punto principale del mio argomento.
    Come hai detto tu “la democrazia non crea problemi, gli uomini che siedono nelle istituzioni li creano”. Perfetto. é esattamente questo il punto. Diciamo che ormai sono troppi anni che con questa frase vengono giustificate, azioni e decisioni che di democratico non hanno nemmeno la “d”. Ma siccome ad oggi noi la democrazia la concepiamo solo come qualcosa che presuppone degli uomini che siedono nelle istituzioni, mi pare che ci poniamo in un vicolo cieco. Dobbiamo davvero sperare che prima o poi vi siedano persone con un VERO occhio di riguardo allo stato sociale e all’ equità? (che sono stati infatti gli obiettivi migliori che le democrazie sono riuscite a raggiungere nell’ ultimo secolo). Non lo so.
    Tu mi dirai, dipende dagli elettori. Si certo.
    Al di la del fatto che a me questo comincia a stare stretto. Penso che il problema centrale della democrazia moderna sia piuttosto il fatto che ci troviamo ad eleggere (non voglio nemmeno perdere tempo a parlare dei pessimi sistemi elettorali che molte “democrazie” usano) degli individui che propongono poi dei programmi, che agiscono spesso con poca trasparenza ed ancor minore “accountability”.
    Come hai detto tu, non mi conosci e io in poche righe non posso esprimere la mia idea. Io studio scienze politiche, e di proposte ne ho.
    Il punto centrale del mio discorso (che infatti aihmè andava al di là del bel articolo sulla Croazia) era che a mio avviso la democrazia rappresentativa, semplicemente non ha gli strumenti adeguati per risolvere problemi che essa stessa ha creato, attraverso gli uomini che siedono nelle istituzioni. Questo è innegabile. Ti ripeto, basta pensare al problema del cambiamento climatico. E per questo io critico costruttivamente la democrazia ( e non mi pare che siano le “menti annoiate, mediamente colte, votate alla critica destruens e al disimpegno nei confronti della società” a fare questo tipo di esercizio).
    Non ci sono gli strumenti, perchè non si ha il coraggio e la voglia di quelli che siedono nelle istituzioni, di fare un passo in più. Di costruire una democrazia deliberativa. In cui ci sono gli individui, con la loro bellissima libertà e diritti dati loro dalla democrazia, che decidono, che pongono le priorità e che veramente agiscano democraticamente.
    Spererei proprio di poter partecipare a questa Biennale democrazia di Torino, perchè credimi, di dibattito ce ne vuole, appunto perche come dici tu, l’ impegno intellettuale dei giovani è l’ unico differenziale che può salvarci. A questo aggiungo anche che se sono i giovani per primi a cristallizzarsi e a considerare le critiche fatte come frutto di noia, a non avere idee e il fegato di fare proposte oltre i limiti (purchè ragionate), il mondo diventa davvero un luogo triste.

    • Gent. Silvija

      io non sono giovane, la cristallizzazione è inevitabile caratteristica del tempo che trascorre, se è a me che parla. Sulla democrazia deliberativa, concordo che possa essere un’alternativa a quella rappresentativa. Si figuri che apprezzo molto quella diretta, persino più radicale. Dunque siamo d’accordo. il vantaggio di quella deliberativa è che può associarsi a quella rappresentativa, ed alcuni esperimenti in Italia sono già stati condotti. Il mio timore è che questi due modelli siano di difficile applicazione non solo per le resistenze dall’alto ma anche per una impreparazione dal basso, E forse finché gli Stati sono popolati da milioni di persone, finché il livello culturale medio è scadente, finché esistono poteri che competono con la democrazia, in genere vincendola, sarà difficile produrre un mutamento nel modello democratico, Concorderà, però, che di mutamenti nella continuità si tratta. Mentre i mutamenti che propongono alternative alla democrazia (non come la sua, che è alternativa di democrazia) finora non sono altro che rigurgiti del Novecento: postqualcosa, neoqualcos’altro, nostalgici, ideologici, e sempre portatori di una verità esclusiva. E a questi modelli postmoderni, dal mio punto di vista, che soggiacciono molti giovani e meno giovani. La sua, mi pare di capire, è invece una posizione non già alternativa ma riformista, che condivido pienamente. Ma lasciamo ora che il discorso non derivi ulteriormente, siamo partiti dalla Croazia e siamo arrivati fin qui. Ci siamo spinti lontano, ora torniamo al nostro est, ci risentiremo altrove. Un saluto cordiale

      Matteo

    • Non dimenticando i nostri lettori, in merito al dibattito di cui sopra, le segnalo questo appuntamento organizzato a Milano da Libertà e Giustizia: “Di democrazia partecipativa si parla a Milano, venerdì 25 maggio, in un incontro organizzato dal circolo di Milano, con Daniela Benelli (assessore alla Città Metropolitana), Giulio Ernesti (Storico della città e dell’urbanistica), Paul Ginsborg (teorico delle forme di democrazia), Liliana Padovani (esperta in politiche partecipative) e Marianella Sclavi (esperta in gestione creativa dei conflitti).”

      L’incontro mi sembra importante per la presenza di Ginsborg. Saluti

      m.z.

  19. L’unico motivo per il quale sarò felice che la Croazia entrerà nell’Unione Europea sarà il fatto che le popolazioni dell’Istria centrosettentrionale (Umago, Buie, ecc.) , in caso di problemi di salute, potranno tornare a recarsi velocemente al vicino ospedale di Pirano (Slovenia) invece di morire in ambulanza prima dell’odissea che li porti a Pola o a Fiume.

  20. @Riigipirid: questo che hai riferito è un motivo sacrosanto ma che non giustifica il sodalizio Monetario-Bancario!
    Sentimentalmente parlando: vorrei che si Disintegrasse l’UE, che l’Italia uscisse dall’Euro, che la Croazia non entrasse nell’euro, che rimanessero tutte le frontiere (Discorso Emergenze Sanitaria a parte!)…e soprattutto che la Croazia restituisse tutti i territori Giuliano-Dalmati all’Itala Gente e che ognuno vivesse orgoglioso del proprio “nome e cognome”, senza che necessariamente, il tanto odiato vicino, fosse un nemico da combattere ! Non è populismo e non mi sento un ultranazionalista!
    (La nostra identità è come un “l’albero antropologico” : più solide, salde e forti sono le radici di un albero, più….le fronde e i rami dello stesso, saranno rigogliose ed enormi …tanto da poter simbolicamente rappresentare delle braccia aperte, in grado di ospitare la vita deglie sseri piccoli)!
    Sono fiero di essere “Mangiaspaghetti” e siccome lo sono, amo la Croazia e la Jugoslavija tutta! Con riguardo
    *_-

  21. Se si disintegra l’UE East Journal che fine fa? 🙁

  22. Io sono un Croato che vive in Italia. Lavoro con la Croazia e ci passo tantissimo tempo. A chiunque abbia chiesto se volesse entrare nella comunità europea tutti mi dicevano no, ma poi hanno vinto i si. E’ come in italia con Berlusconi non lo vota nessuno ma lui vince sempre

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