RUSSIA: Guerriglia in Siberia, i "Fratelli della foresta" contro il Cremlino.

di Matteo Zola

Partigiani, guerriglieri, delinquenti alla macchia, terroristi, estremisti di destra. Chi sono questi ribelli siberiani che da mesi mettono nel sacco le autorità russe. Di loro si sa solo che hanno dichiarato guerra ai poliziotti russi, accusandoli di corruzione e di “avere asservito il Paese ai loro fini”. Il gruppo si nasconde nella taiga vicino alle città di Kabarovsk e Vladivostok. I poliziotti, insieme alle forze speciali, gli stanno dando la caccia con elicotteri, senza però aver trovato traccia dei nuovi guerriglieri. I partigiani, come si loro stessi sono soprannominati, avevano lanciato un ultimatum alla Procura e al Tribunale regionali, esigendo la destituzione dei dirigenti di tutte le strutture degli Interni e minacciando, in caso contrario, di scatenare una vera e propria guerra. L’ultimatum è scaduto l’11 maggio scorso. In alcuni volantini comparsi nelle due città, si legge che il gruppo non può più “restare indifferente agli abusi della polizia locale”. Per questo ha scatenato “una lotta armata contro chi ha asservito la nostra patria”. Fino a questo momento, secondo quanto riportato dai quotidiani Kommersant e Komsomolskaia Pravda, il gruppo sarebbe responsabile di tre attacchi contro i poliziotti: un agente è stato ucciso, mentre altri tre sono rimasti feriti. Il primo attacco è stato registrato il 27 maggio, dopo che i membri della banda hanno attaccato un posto di polizia in cui si trovava un solo agente, che è stato accoltellato. Da lì gli aggressori hanno rubato armi, giubbetti antiproiettile, divise della polizia e una radio. Due giorni dopo, riporta il quotidiano Kommersant, il secondo attacco, a raffiche di mitra contro una macchina della polizia di pattuglia: un agente gravemente ferito. Lunedì sera, ancora un attacco, vicino al villaggio di Khvalynka, contro un posto di blocco della polizia stradale che controllava i documenti delle auto di passaggio: gli aggressori hanno usato fucili mitragliatori, ferendo gravemente altri due poliziotti. Ogni volta, dopo gli attacchi, i misteriosi “partigiani” si sono dileguati facendo perdere le tracce.

Fin qui, niente di particolarmente diverso da altri – non rari nella sterminata Russia – episodi di criminalità extraurbana. Quello che preoccupa le autorità in questo caso, però, è il fatto che la banda non sembra avere motivazioni “criminali” (rubare e simili) quanto piuttosto una vaga ispirazione anti-sistema. Sono apparsi, sui siti dell’estrema destra nazionalista e in alcuni blog, dei messaggi attribuiti ai membri della banda in cui si autodefiniscono “partigiani” e “fratelli della foresta”: termine quest’ultimo che venne usato negli anni immediatamente successivi alla fine della seconda guerra mondiale dai partigiani antisovietici che combatterono contro l’Armata Rossa e le autorità di Mosca in Estonia, Lettonia e Lituania. Non solo: sempre dai testi apparsi in rete, sembrerebbe pure che la banda goda di un qualche tipo di appoggio e sostegno tra la popolazione, o comunque si proponga di ottenerlo o di essere d’esempio per altre formazioni analoghe in altre località. Il capo del gruppo infatti, nel suo “Ordine n.1″ chiama alla lotta e all’insurrezione, in quello che viene definito “l’inizio della lotta per la liberazione della Russia”.

La polizia, riportano i giornali, avrebbe individuato i nomi di cinque membri della cosiddetta “resistenza”, guidati da un reduce ed ex paracadutista della guerra in Cecenia. Ci sarebbero poi un paio di giovanissimi disertori dall’esercito, alla macchia già da un anno, e un altro giovanissimo già appartenente a un gruppo di skinhead coinvolto nell’omicidio di un immigrato dal Tagikistan a Vladivostok. Nonostante le ricerche, il gruppo, nascondendosi nelle immense foreste della taiga, è riuscito fino ad ora a sfuggire alla polizia. La domanda però è un’altra: chi li paga? Non volendo credere a moti di spontanea rivoluzione al putinismo da parte di un gruppo di reduci, bisogna chiedersi al soldo di chi sono e quali scopi realmente perseguono.

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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3 commenti

  1. Queste cose sembrano talmente fuori dal mondo che sembra di leggere la pagina di un libro, una storia di un secolo fa almeno!

  2. Ho letto da qualche parte, che questi “fratelli del bosco”, hanno ucciso poliziotti – secondo loro – corrotti…

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