Orfeo ed Eurudice

Ma chi ci crede ancora nell’Unione Europea? Meglio rifare la Jugoslavia

Che la mancanza di credibilità nei confronti dell’Unione Europea sia diventata una tendenza legittimamente diffusa non è una novità, soprattutto se valutata alla luce dell’odierna crisi finanziaria.

La novità sta invece nel fatto che questa tendenza sia sempre crescente tra quei paesi che non vi fanno ancora parte e che, nell’ampia sala d’attesa europea, assistono ad un fallimento statale dietro l’altro. Tra questi paesi rientrano anche quelli del “blocco balcanico”: la Croazia che vi entrerà nel luglio 2013; e Macedonia, Serbia e Montenegro che, in fase di negoziati, attualmente godono dello status di “candidato all’adesione”.

Sicuramente, questo è il periodo peggiore della storia della comunità europea, e senz’altro il più difficile per entrarvi a far parte. Da un lato infatti, le sfide per il colosso economico aumentano di quantità e qualità, mentre dall’altro il processo integrativo europeo continua a sembrare l’unica strada che prima o poi tutti i paesi devono imboccare.

I criteri per entrare a far parte del club europeo, i cosiddetti “parametri di Maastricht”, non sono soddisfatti oggigiorno che da pochissime economie e continuano a rappresentare un traguardo irraggiungibile piuttosto che un obiettivo realizzabile per tutti i paesi, membri e non di Eurolandia. Ciò nonostante, per i paesi dell’ex Jugoslavia, l’ingresso nell’Unione resta un obiettivo comune per il breve termine, nella speranza che aumentino i propri scambi commerciali e che si riducano i preoccupanti tassi di disoccupazione.

E se i paesi dell’area ex jugoslava bypassassero il sistema? Se si rendessero conto che di fatto l’integrazione europea comporterebbe un effetto boomerang a discapito delle proprie già deboli economie, sarebbero comunque convinti che l’ingresso nell’UE sia il solo futuro auspicabile?
Non abbiamo precedenti per esprimerci in merito ma abbiamo un contesto geo-politico le cui comuni caratteristiche culturali e storiche ci impongono di prendere in considerazione la possibilità di una strada alternativa all’Unione Europea.

Certamente, questa non èla sede corretta per boicottare l’Unione Europea e i suoi sforzi verso la regione, né per ipotizzare la nascita ufficiale di una “Jugosfera” alla Tim Judah piuttosto che una Confederazione Balcanica. Senz’altro però, ci si può immaginare un organismo regionale alternativo ma parallelo all’UE che sia fondato sulla libera circolazione di persone e merci tra gli “ex della Jugoslavia” e che garantisca la cooperazione intergovernativa a più livelli e su più settori, innanzitutto quello giudiziario. Come noto infatti, aldilà di diversi elementi culturali i popoli jugoslavi condividono un ampio bagaglio di problematiche comuni, quali la corruzione e la criminalità organizzata, che solo istituzioni locali – in forza del principio di sussidiarietà – potrebbero contrastare.

Un organismo regionale probabilmente diminuirebbe l’euroscetticismo tra le giovani generazioni balcaniche, così adirate verso istituzioni che vedono spesso come traditrici e lontane ai propri interessi. Proprio il principio si sussidiarietà infatti, garantirebbe alle popolazioni balcaniche di vedere attuate politiche quanto più vicine possibile alla loro realtà quotidiana, senza che le proprie ambizioni si disperdano nelle burocrazie di lontani uffici, riducendo quegli handicap istituzionali che allontanano vertiginosamente i governanti dai governati. In altre parole, si discute circa le potenzialità di una organizzazione comune per affrontare sfide comuni, superare ostacoli comuni ed andare incontro ad un ineluttabile destino comune.

D’altro canto, se sarà invece l’Unione Europea a farsi carico di tali problematiche attraverso il processo d’allargamento, esso non dovrà avvenire secondo il classico iter assimilante, ma sarà aggravato dal dover guardare ai Balcani come ad una vecchia fotografia che riassume in se stessa la storia del nostro continente.

Chi è Giorgio Fruscione

Giorgio Fruscione è Research Fellow e publications editor presso ISPI. Ha collaborato con EastWest, Balkan Insight, Il Venerdì di Repubblica, Domani, il Tascabile occupandosi di Balcani, dove ha vissuto per anni lavorando come giornalista freelance. È tra gli autori di “Capire i Balcani occidentali” (Bottega Errante Editore, 2021) e ha firmato due studi, “Pandemic in the Balkans” e “The Balkans. Old, new instabilities”, pubblicati per ISPI. È presidente dell’Associazione Most-East Journal.

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32 commenti

  1. Molto interessante, grazie mille.
    Una curiosità: a che serie satirica si riferisce l’immagine dell’europa vista dagli USA?
    Grazie mille
    Fabio

  2. Allora, posto che la “jugonostalgia” non è una colpa, e che ognuno insegue l’Utopia che più gli piace, pensare che l’euroscetticismo balcanico si possa curare con una Confederazione jugoslavia o giù di lì, mi pare assurdo. Se è vero che la Jugoslavia esisteva prima del 1991, anche nella testa delle persone, non credo sia altrettanto vero che esista oggi. La guerra ha creato divisioni, rancori, odi, che forse prima non c’erano. Ma ormai mi sembra tardi per sperare in una renaissance jugoslava.

    Matteo

    • giorgiofruscione

      io penso che l’euroscetticismo sia un fenomeno non balcanico, o meglio non solo, ma innanzitutto europeo. una confederazione balcanica/unione balcanica/unione dei paesi del sudesteuropeo(definizione adatta a chi non crede piu alla juga) dovrebbe avere l’obiettivo di farsi carico del futuro della regione senza cedere sovranità ma sanando handicap istituzionali politici e sociali. esiste un minimo comune denominatore tra questi popoli che divisioni e rancori non scalfiranno mai, e questo sono gli jugoslavi stessi a dirlo.

      • Non so, che esista un denominatore comune è cosa ovvia per noi che vediamo le cose dall’esterno. Ma un serbo nazionalista non credo vedrà molto in comune con un kosovaro, e viceversa. O un croato neo-ustascia con un musulmano bosniaco. E viceversa. E le elezioni dimostrano come nazionalismo, etnicismo, e simili, siano ancora all’ordine del giorno. Gli jugoslavi credo siano rimasti in pochi. Che poi possa formarsi un gruppo di cooperazione (modello Visegrad) è auspicabile. Ma i governi ex-jugoslavi non mi sembrano pronti.

        Matteo

  3. giorgiofruscione

    ma vedi, secondo me questa negazione dei rapporti di scambio e culturali e politici è una cosa “nostra”, di noi esterni ed estranei alla storia jugoslava.
    inoltre, ti garantisco, che anche indirettamente un nazionalista serbo e un kosovaro condividono molto di più di quanto essi stessi credano di non condividere!!!

  4. Ma guarda, forzare l’unione non porterebbe ad un legame saldo tra i paesi dell’ex Jugoslavia. Questa unione potrebbe formarsi seguendo un itinerario “naturale”… Con l’entrata nell’EU si potrebbero rafforzare i rapporti tra gli stati in vari settori, . Ma come ben sappiamo tutti e dico tutti, dal primo all’ultimo i paesi dell’ex YU hanno delle dispute con i propri vicini perciò la strada da fare è ripida, non è in discesa.(perciò si parte in prima e con una “buona dose di cautela”) Comunque con la buona voglia e il buon senso nei Balcani possono avverarsi anche degli eventi positivi. Oltre ad avere riempito pagine brutte per non dire orrende i Balcani sono capaci a produrre anche delle opere d’arte. Ma opere d’arte belle assai.

    Un saluto e complimenti per gli spunti di riflessione che ci offrite.

    • giorgiofruscione

      l’opera d’arte più bella che hanno prodotto è la pagina che hanno scritto nella storia d Europa…hanno la fortuna di poter sviluppare molto in comune.
      quelle stesse cose che Tim Judah dice sono delle realtà a cui bisognerebbe dare un ufficialità, un istituzionalizzazione…
      grazie
      un saluto

  5. Francamente, siete ridicoli con questi vostri “progetti”. Innanzitutto bisogna chiederlo ai popoli se vogliono una nuova “organizzazione” balcanica. I croati non lo vogliono sicuramente perche’ non vi appartengono. Auguri

    • Bonaiti Emilio

      Scusa l’ignoranza caro Giorgiofruscione ma qual’é “l’opera d’arte più bella” prodotta dalla Jugoslavia nella storia dell’Europa?

      • giorgiofruscione

        L’unico paese d’Europa che è riuscito a liberarsi da solo, senza il supporto di truppe straniere, dal nazifascismo…l’aver creato un socialismo reale NON stalinista che garantisse libertà e lavoro a tutti (nonostante i suoi difetti)…l’aver creato città stupende e così diverse tra loro come Zagreb Sarajevo e Beograd…ti ho fatto 3 esempi unici che il resto d’Europa nemmeno si sogna

  6. Mah! Che il socialismo di Tito, abbia creato libertà ed uguaglianza nella Jugoslavija, francamente mi sembra un enormità colossale! Per non parlare della tutela dei diritti individuali e della garanzia nell’esercizio delle libertà civili e religiose! Francamente, applaudire al socialismo di Tito, sol perchè non fu Stalinista, mi sembra inaudito! Tanti altri dittatori “rossi” nel mondo, non furono necessariamente stalinisti, ma furono pur sempre dei dittatori con tanto di nomenklatura!: la misura deleteria, del diverso grado oppressivo è sempre ed in ogni caso, indice del medesimo grado di velenosità sociale, comune a tutti questi grandi “timonieri o padri del popolo”! Altrochè!
    Inoltre: non scordiamoci che il 10 febbraio in Italia, per legge, è stato istituito il giorno della Memoria delle Vittime delle Foibe, ad opera dei miliziani titini!!
    Le città di Zagabria, Sarajevo e Belgrado (città molto antiche!) non sono un “capolavoro”, nè di Tito, nè dei suoi “partizani!” Queste citta, semmai, sono il frutto dell’intelligenza “costruttiva e ricostruttiva” del popolo, croato, bosniaco e serbo!!!
    …Posso aggiungere infine: che reduce lo scorso anno dalla Jugoslavia, ho avuto modo di constatare in prima persona (e sempre di più) ,il grado di efferatezze, perpetrate dal magnifico ” TITU ” contro il proprio popolo (tutto!) in tema di oppressione culturale e religiosa!

  7. Francamente io sono per abbandonare un certo romanticismo balcanista, già descritto da Todorova nel ’97 (“Immaginare i Balcani”). Pure l’Albania si è liberata da sola dal nazifascismo, ma l’avere un comunismo endogeno ha forse portato più male che bene. Sul socialismo anti-stalinista si possono citare pure Nagy e Dubcek, con minori fortune. Sulle città, cosa meglio di Venezia, Firenze e Roma?
    questo per dire che è meglio abbandonare gli stereotipi e pensare al presente: nessuna integrazione regionale intra-balcanica è possibile senza il supporto e lo sprone dell’Unione Europea. I due processi possono solo svilupparsi in parallelo

  8. Caro Fruscione, sei un tipico jugonostalgico. Devi sapere, pero’, e tienilo sempre presente, che la Jugoslavia come tale (parliamo del periodo prima e durante la Grande Guerra) e’ stata un progetto di stranieri (Francia, Gran Bretagna), quindi imposto, manipolatore, e, di conseguenza, ovviamente non democratico. E quello di cui stai parlando in questo articolo e’, dunque, deja’ vu.

    • Bonaiti Emilio

      In verità furono i dirigenti politici serbi che si batterono per la grande Jugoslavia, appoggiati dall’americano presidente Wilson e dalla Francia in opposizione alle mire italiane nell’Adriatico. E’ noto che Sloveni, Croati e Bosniaci si batterono con grande valore contro l’Italia nele file dell’esercito austroungarico. Senza nulla togliere al valore e alle capacità dei partigiani jugoslavi, sugli albanesi vi sarebbe da discutere, va ricordato che senza l’avanzata delle truppe sovietiche, che impegnavano la maggior parte delle forze tedesche, la liberazione non sarebbe mai avvenuta.

      • Per parte mia, ho già espresso le mie perplessità sull’effettiva possibilità di realizzare una qualche forma di cooperazione reale tra i paesi dell’ex Jugoslavia. Resta un’interessante suggestione però. Certo ha ragione Mk quando parla di strada in salita. Ma perché non suggestionarci?

        Fortemente scettico mi trovano le affermazioni di bellezza “jugoslava” determinate dal socialismo titino. Mi sa di romantica visione di un regime che, certo diverso e in parte migliore del sovietismo, resta un regime.

        L’articolo però parlava d’altro. E su quello focalizzerei l’attenzione.

        Matteo

  9. giorgiofruscione

    sono stato molto frainteso: non ho mai menzionato ne nell articolo ne nei commenti sia Tito che la SFR Jugoslavia, ma solo quell’entità costituita dai suoi popoli, tutto qui…siate clementi, sono partito solo dall’innegabile idea che l’UE sta creando malcontenti generali, quindi anche tra quei popoli che non vi fanno parte e che, in virtù di un minimo comune denominatore FORSE potrebbero pensare ad alternative…il che non è uguale a JUGOSLAVIA (parola il cui significato deve essere slegato dalle sue connotazioni storico-istituzionali ed è “terra degli slavi del sud”)

  10. Visto che l’ oggetto dell’ articolo mi sembra questo: parlando terra terra, qualcuno di voi pensa che davvero convenga ai paesi balcanici entrare ORA nell’ UE? Non sono un’ euro scettica, ma obiettivamente, vista la situazione globale e quella degli ultimi paesi che hanno intrapreso quest’ avventura, non penso che a nessuno che viva nell’ ex Yu possa sembrare allettante l’ idea. La rincorsa a questo gigante mi sembra più quasi una miope ricerca di riconoscimento.
    Spesso ormai, ci si dimentica lo scopo per il quale l’ allora Comunità Europea fu creata. Aveva lo scopo di rendere pacifica la convivenza di Francia e Germania, che dopo 2 Guerre Mondiali ancora non riuscivano a risolvere i loro rapporti di vicinato. Può essere un paragone forzato, ma la loro convivenza all’ epoca era tanto impensabile quanto lo è oggi quella tra i paesi dell’ ex Juogoslavia.
    Io sono contraria al tornare indietro, ad una federazione, anche perchè mi pare che non fosse questo il focus di questo articolo. Inoltre il “tornare indietro” è qualcosa che la globalizzazione e i tempi che viviamo non ci permettono anche se questa fosse la volontà. (e la volontà non è questa da parte di nessuno dei paesi presi in considerazione).
    quello di cui ci sarebbe bisogno, è di un’ integrazione soft. Come la vecchia Comunità europea del carbone e dell’ acciaio. Trovare un’ unione economica prima tra i paesi dell’ ex Jugoslavia permetterebbe poi a questi di entrare nell’ UE in maniera più consapevole. Anche perchè diciamocelo, siamo veramente sicuri che l’ ingresso nell’ UE possa risolvere i problemi REALI tra i diversi paesi? Sono convinta che nel momento in cui la Croazia entrerà a farne parte tra pochi mesi ormai, il più grosso rischio siano i “scompensi politici” che rischiano di emergere e sedimentarsi nella regione.
    Per quanto riguarda l’ articolo io trovo interessante l’ articolo: pone domande fondamentali, attuali e critiche necessarie.
    Concludo con un’ altra considerazione. Se gli attuali cittadini dell’ UE vedono l’ istituzione come un gigante in affanno, dal 2008 anche molto opprimente, e se ne dimostrano sempre più insoddisfatti e critici, cosa possono pensarne i cittadini di paesi come quelli dell’ ex Jugoslavia? A me la loro criticità nei confronti dell’ Europa sembra una cosa molto coerente e comprensibile.

    Saluti

    • Credo che l’Unione Europea sia in affanno perché l’Europa è in affanno: nazionalismo economico, populismo diffuso, rigurgiti estremisti, radicalismi religiosi. A volte penso che l’Europa sia andata in affanno proprio nei Balcani dove ogni potenza continentale ha fatto la sua partita a scapito delle altre, lasciando che il massacro si compisse. Credo che sia l’Europa oggi a soffrire di balcanizzazione. Ma l’Europa sognata a Ventotene è un’altra cosa, come dici giustamente. Soldiarietà anzitutto. E quella manca. Ciò che non manca, però, è la convenienza ad entrare nell’Unione: la possibilità di accedere al mercato unico, altrimenti impossibile, evitando così l’isolamento economico; la pioggia di fondi strutturali; e tutti i programmi di sviluppo in settori spesso dimenticati ma rilevantissimi come l’agricolutura, l’energia, l’ecologia. Certo che conviene entrare nell’Unione, conviene al punto che i governi fanno il possibile per riuscirvi anche se le loro popolazioni sembrano non volerlo. Ma entare nell’Unione conviene anche dal punto di vista dell’uniformità politica, conviene proprio alla popolazione: apparati giudiziari moderni e omogenei, diritti garantiti per minoranze, libertà d’espressione, lotta alla corruzione. Non su tutti questi aspetti l’Unione interviene come dovrebbe, c’è lassismo, secondo me. Ma spero che una nuova generazione di leader europei possa rimettere la nave in rotta: se ci riuscisse non vedremmo più gentaglia come Sanader, e faccio solo un esempio, al governo.
      Che entrare nell’Unione convegna, insomma, mi sembra un dato di fatto. E mi spiace che “convenga” poiché aderire all’Unione dovrebbe essere anche qualcosa di più di una semplice convenienza.

      Matteo

    • Mi permetto di portare un paio di argomenti alla discussione:
      -un’integrazione ‘soft’ già esiste: tutti i paesi dei Balcani Occidentali (assieme alla Moldavia) sono parte della CEFTA, un’area di libero scambio tra di loro e con l’UE, che potremmo paragonare esattamente alla CECA del 1952-57
      – l’euroscetticismo resta comunque minoritario nei paesi candidati, a parte Croazia e Turchia dove è in ascesa. In linea generale, i paesi dei Balcani Occidentali restano ottimisti e favorevoli all’integrazione europea. (dati Gallup Balkan Monitor)

  11. claudio vito buttazzo

    Si rifacesse la grande Jugoslavia socialista, multietnica, multireligiosa, multilingue, multinazionale! Sarebbe una bella lezione per tutta l’Europa.
    Io penso che non sia solo un’illusione o un’utopia, ma qualcosa di realisticamente possibile. Io penso che il Brics metterà presto le sue radici anche in Europa, in particolare nei Balcani. A quel punto l’ Ue o cambia strada o sarà sepolta sotto le macerie del neoliberismo.

  12. Ed infatti una cooperazione alternativa all’ingresso UE sarebbe la soluzione perfetta per cercare di andare oltre le retoriche nazionaliste… Senza contare che, diversamente da ciò che accadrà con l’ingresso nella zona UE, permetterebbe ai balcani di mantenere libertà d’azione in ambito economico, sfuggendo così all’inevitabile trappola ultra-liberista propinata dalla bce…. Nel lungo periodo le manovre di austerità che saranno chiamati ad applicare nei rispettivi paesi saranno simili alle ricette imposte dalla wto nel terzo mondo negli anni settanta. L’UE è uno dei più grandi crimini ispirato dalla dottrina economica liberale… Per come la penso io. Bell’articolo 😉

  13. Bonaiti Emilio

    Leggo eleganti, accademiche disquisizioni sulla Jugoslavia esposte con molta civiltà e mi viene irresistibile alla mente un pensiero di Cesare Pavese in un altro contesto storico: “Ora che ho visto che cos’é la guerra, cos’é la guerra civile, so che tutti, se un giorno finisse, dovrebbero chiedersi: -e dei caduti che ne facciamo? Perché sono morti-?”.
    Il ritorno alla Grande Jugoslavia, ex paradiso socialista, significa riunire stupratori e stuprate, assassini e assassinati, colpevoli e vittime, riunire uomini divisi da odi inconciliabili, riunire memorie storiche che non hanno niente in comune e questo a distanza di circa dieci anni dalla più grande tragedia europea dopo la seconda guerra mondiale.

    • giorgiofruscione

      Signor Emilio, so che Lei segue EJ assiduamente e quindi saprà che la linea di eastjournal in merito non è la seguente: noi non crediamo che i balcani siano abitati da “uomini divisi da odi inconciliabili” che sono esplosi in una guerra…
      inoltre: cosa avrebbe dovuto fare l Europa intera ai tedeschi dopo la seconda guerra mondiale???? secondo Lei non esiste la riconciliazione? secondo me si.
      detto questo, il discorso è complesso ma se Lei avrà la fortuna di viaggiare da quelle parti e/o di conoscerne la gente si renderà conto di quanto il tutto sia molto più complesso ma anche molto diverso da come lo vede da qui

      • Bonaiti Emilio

        Caro Giorgio il sentimento di ostilità verso i Tedeschi si attenuò solo a distanza di tempo, di molto tempo e per la riconciliazione passarono diecine di anni. Premesso che solo il tempo sana le ferite va detto che perdonare per chi non ha niente da perdonare é facile. Senza nessuna polemica non credo che un viaggio nel Kosovo mi farebbe cambiare idea.

      • Mi trovo d’accordo con Emilio: in Olanda, ancora tante persone di una certa età hanno i brividi lungo la schiena quando sentono parlare tedesco.
        L’integrazione europea (e franco-tedesca) non è avvenuta tramite una riconciliazione ‘dal basso’, ma tramite un’integrazione basata su fattori economici ‘neutrali’ rispetto alle memorie storiche, che sono rimaste a lungo separate. Solo una volta passate una o due generazioni, la pace fredda ha potuto lasciare spazio ad una pace calda.

  14. giorgiofruscione

    infatti è noto che Francia e Germania non siano per nulla legati da vincoli istituzionali intergovernativi…inoltre, non so a proposito dei brividi degli olandesi ma so che la Germania ospita tutti i popoli d Europa (tra cui una valanga di polacchi ed ex jugoslavi, ovvero quei 2 paesi che in percentuale hanno avuto più vittime a causa del nazismo) e Berlino è la vera capitale europea multietnica e multireligiosa in cui trovare QUALUNQUE tipo di possibilità, ma forse parlo di un altra Europa

  15. Premessa: è pienamente legittimo e ragionevole augurarsi che un’integrazione regionale e ex-repubbliche delle repubbliche jugoslave possa svilupparsi ed intensificarsi, grazie al patrimonio comune di lingua, cultura e tradizione che le lega.
    Ma forse è bene chiedersi (e interrogarsi sul perché) questo: chi, al giorno d’oggi, nelle repubbliche ex-jugoslave, è a favore di una maggiore integrazione regionale? Ci sono dei partiti o dei movimenti politici bosniaci, serbi o croati che considerano la cooperazione regionale come prioritaria rispetto a quella comunitaria? Che propongono nei loro programmi modelli di cooperazione con gli stati vicini?
    Che mi risulti, no. Purtroppo, no. Certamente non ne esistono in Bosnia-Erzegovina, dove i principali partiti multi-etnici e non-nazionalisti (SDP, Nasa Stranka, LDS) si concentrano proprio sull’integrazione nell’UE, che ritengono – forse erroneamente, possiamo non essere d’accordo, ma questa è la realtà dei fatti – allo stesso tempo obiettivo e strumento primari per una efficace democratizzazione del paese.
    Né mi risultano altri partiti, movimenti o ONG serbi, croati, macedoni o montenegrini che mettano l’accento sulla cooperazione regionale rispetto a quella comunitaria. E questo perché c’è ancora molta diffidenza tra i rispettivi stati (soprattutto tra la Bosnia-Erzegovina e i suoi due principali vicini).
    Un modello di questo genere può originarsi solo se esiste una spinta dal basso, da parte di quelle stesse repubbliche che compongono la cosiddetta “Jugosfera”. Non sarà certo una forza esterna (e figuriamoci l’Unione Europea!!!) a stimolare un’iniziativa di questo genere. E per ora non si vede all’orizzonte nessuna forza politica, sociale o di opinione, interna alla regione, che si faccia carico di una proposta simile.

    • giorgiofruscione

      “Né mi risultano altri partiti, movimenti o ONG serbi, croati, macedoni o montenegrini che mettano l’accento sulla cooperazione regionale rispetto a quella comunitaria.”
      movimenti e ONG: ne è pieno…tutti transnazionali…il più famoso è REKOM (raccolta firma in tutte le ex repubbliche sull’accertamento delle vittime della guerra)…

      • Bonaiti Emilio

        A mio giudizio i maggiori oppositori alla rinascita della Jugoslavia sono i dirigenti delle varie ‘repubblichette’ che si sono formate, ognuna con la sua brava burocrazia, ministeri, forze armate, ambasciatori e organizzazioni culturali. Inserirli in un unico Stato rappresenterebbe uno sgradito ritorno a un anonimo passato.

  16. La Jugoslavia non si rifarà, ma vi garantisco che esiste nelle tante teste. Non tutti i serbi sono nazionalisti né tutti i croati ustascia – io ho mantenuto tutte le amicizie, per quello che si può a distanza e non sono unica, di certo. Gli scambi (culturali e umani) sono in aumento ed è registrato il primo matrimonio tra una ragazza, figlia di una serba e un croato, e un ragazzo musulmano, proprio di Srebrenica. Ci vuole tempo, il benessere e la pace.
    I più giovani, quelli nati verso la fine dell’ex-Jugoslavia e nati dopo sono molto più nazionalisti rispetto alle generazione nate tra, diciamo, 1955 e 1975. Certe volte mi stupisco sentendo le persone lamentarsi della dittatura comunista adesso, mentre durante tacevano. Ma questo è un capitolo talmente complicato e lungo, meglio lasciarlo perdere. Diciamo che la mia generazione viveva più o meno come i nostri coetanei italiani, solo che avevamo di meno (e forse per questo studiavamo e leggevamo di più), viaggiavamo e facevamo tutto il resto, senza sentire molto questa dittatura che a voi sembrava così feroce.
    Io ero e sono rimasta atea, ma i miei amici, la maggior parte croati e cattolici andavano (qualche volta anch’io con loro) liberalmente alla messa di Natale, certi frequentavano catechismo e non erano perseguitati in nessun modo (parlo degli anni ’70).
    Ma, la vita va avanti, non torna indietro, perciò ripeto – non ci sarà la nuova Jugoslavia, solo per curiosità vorrei capire da Nikola Jelovac in base a che cosa i croati sono così diversi e non appartengono a quella sfera culturale.

    • Ciao Jelena, il senso del testo era proprio questo: anche se non si può rifare la Jugoslavia perchè non cercare vie d uscite “jugoslaviste” piuttosto che europeiste visto che, come dici te, è ancora nelle teste delle persone?

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