Si festeggia il Nawrūz, capodanno persiano. Tra Zoroastro e il presente

La mia conoscenza dell’Iran è simile a quella che ho della fisica nucleare. Quindi piuttosto scarsa. Per questo quando mi hanno invitato al capodanno iraniano ho temuto per i botti, i razzi bengala, i miniciccioli persino, e ogni altro esplosivo che potesse attirare l’attenzione di una qualche ambasceria americana di passaggio. Poiché la mia conoscenza dell’Iran è pari a quella di ogni buon cittadino cresciuto con la retorica atlantista: superficiale, gravata da pregiudizi, ignorante della millenaria storia di quel popolo. Un popolo che ne sa parecchio di fisica nucleare, almeno stando a quanto ci dicono i telegiornali a stelle e strisce, motivo per cui ho deciso di accettare l’invito. Tranquillizzato dal fatto che sarei stato erudito in loco sulle potenzialità dell’atomo, ho ritenuto necessario documentarmi un poco per capire dove stavo andando.

Una remota festività iranica

Capodanno, sì, ma anche festa della primavera e celebrazione dell’equinozio: molti significati si sono stratificati nei secoli ma la ricorrenza non ha mai perso d’importanza. Si chiama Nawruz, dall’unione di due parole antico-persiane: nava (nuovo) e rəzaŋh (giorno), e significa appunto “nuovo giorno”, in cui si pulisce la casa, si incontrano gli amici e – per i veri appassionati – si salta nel fuoco.

Una festa che celebra dunque l’avvento di qualcosa di nuovo ma che pare fosse in uso già in tempi remotissimi, intorno al VII° secolo a.C, presso gli Achemenidi (per intenderci, quelli di Ciro, Dario, Serse, raccontatici da Erodoto nelle Storie). Si sa che il termine Nawruz era già in uso presso i Parti (quelli che le suonarono a Marco Licinio Crasso nella famosa battaglia di Carre) e presso i Sasanidi, entrambe dinastie iraniche. L’impero sasanide era nemico giurato dei bizantini, e aiutò gli slavi e gli avari nell’assedio di Costantinopoli (626 d.C.). Secoli di guerra li indebolirono al punto che non fu arduo per gli arabi, freschi di islamizzazione, conquistarli. Erano quelle tribù guerriere, poco inclini alla cultura e alle arti, e se gli arabi conquistarono i territori persiani, questi dal canto loro influenzarono notevolmente l’Islam dando vita a quella magnifica cultura arabo-persiana che ha in Qayyam e Hafiz due altissime voci.

Così parlò Zoroastro

Ma mi sono perso, dicevo del Nawruz. Nel 487 a.C. l’imperatore persiano Dario fece celebrare, con grandi preparativi, il Nawrūz nel suo palazzo reale a Persepoli; in quell’anno, infatti, il sole cadde esattamente al centro dell’osservatorio astronomico costruito nel palazzo; questo evento eccezionale, previsto dagli astronomi persiani, venne visto come un segno di buon auspicio per il regno. Sotto i Parti e i Sasanidi divenne la festa più importante dell’anno. I primi musulmani la incorporarono nel loro calendario. Stando alla tradizione mitologica iraniana, il Nawrūz viene fatto risalire addirittura a circa 15.000 anni fa, quel che pare più certo è la sua collocazione tra le festività zoroastriane. Lo zoroastrismo è stato un culto assai diffuso nell’Asia prima della conquista islamica, monoteista, pare abbia influenzato anche il cristianesimo.

Non mi avventuro oltre. Ora che mi rendo conto che è da almeno tremila anni che si festeggia questo giorno, mi sento un’idiota. Come ho potuto guardare all’Iran solo come a una teocrazia imbecille, a un nemico “atomico”, a un arretrato Paese orientale? Dannati telegiornali. Credo che, partecipandovi, non apprenderò molto in merito alla scienza nucleare (di cui forse laggiù non sono nemmeno così esperti) ma certo comprenderò quanto di antico e prezioso ci sia dietro al nero velo del regime teocratico, un velo che – almeno qui da noi – impedisce di apprezzare e comprendere quell’importante Paese che è l’Iran. Il Nawruz si festeggia ancora oggi in Iran e ovunque ci siano iraniani. E’ una festa importante, riunisce le famiglie, forse lega il presente al passato. Un presente cupo, quello iraniano, che può nel passato trovare una forza per il riscatto. Tra i riti più importanti c’è il Chahârshanbe Sûrî  la festa del fuoco. Costituisce una rappresentazione allegorica della luce (il fuoco) che sconfigge le tenebre. C’è poi l‘Haft Sin che non è un pasto ma la preparazione di una tavola con sette elementi il cui nome inizia con ”s” in persiano. Il sette è un numero sacro e simboleggia i sette arcangeli con l’aiuto dei quali, quasi tremila anni fa, Zoroastro ha fondato la sua religione.

Non solo Iran, dall’Asia all’Albania

Il Nawrūz si celebra non solo in Iran ma in tutta l’Asia centrale, dal Kazakhstan all’Afghanistan, dal Caucaso all’Albania. Già, l’Albania! Mi dice wikipedia: “La variante locale, detta Sultan Nevruz, viene festeggiata fra la popolazione musulmana, in particolare tra gli appartenenti alla ṭarīqa dei Bektashi“.

Il Nawrūz vietato ai curdi

E’ festeggiato pure dai curdi. Almeno in teoria, poiché apprendo dal blog di Giuseppe Mancini che quest’anno il governo di Erdogan ha vietato i festeggiamenti. Una decisione di “pubblica sicurezza” secondo Ankara, da decenni impegnata in un conflitto (anche militare) con la minoranza curda. Una scelta, scrive Mancini, “politicamente suicida: si vieta, non si dà un’alternativa; è una sconfitta, per tutti: e un’istigazione all’uso della violenza”. Il festeggiamento del Nawrūz è stato vietato in Turchia fino al 2000. Negli anni passati molti curdi sono stati arrestati dalle forze di polizia turche perché sorpresi a festeggiarlo, in taluni casi è stato occasione di scontri armati.

Così le antiche mitologie, le civiltà sepolte, le parabole dei profeti e le inclinazioni del sole all’equinozio, scompaiono in un presente schiacciato sull’attualità, contraddittoria, controversa, ma ancora – per questo – capace di produrre storia. Poiché “bisogna avere ancora un caos dentro di sé per partorire una stella danzante”. Also sprach Zarathustra.

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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12 commenti

  1. Ci sarebbe da discutere sul “presente cupo”. Comunque bell’articolo.

    • beh, prova a chiedere a loro cosa ne pensano. Credo che ti diranno che è cupo. Hanno lottato, molti sono morti, per liberarsi dallo Shah e si sono visti “scippare” la rivolta dall’esule Khomeini e dalle sue relazioni internazionali. Khomeini che, come Stalin nella seconda guerra mondiale, ha fatto imprigionare e uccidere coloro che si erano rivoltati contro lo Shah perché, come Stalin, temeva quelli che sanno opporsi.

      Oggi il regime compra il consenso coi sussidi, mica perché piace. E alla classe media, colta, cosmopolita, certo non se la passa bene. Ma far fuori la classe media non puoi, sono quelli che ti tengono in piedi il Paese, e su queste frizioni accadono cose come la rivolta del 2009. Il fatto che l’Iran degli ajatollah sia un capro della politica estera a stelle e strisce non ne fa una vittima per cui parteggiare. La speranza di ogni persona dotata di senno è che dall’interno si rovesci il regime nei modi e nelle forme che dall’interno verranno ritenute opportune.

      A me francamente spiace vedere un popolo in cattività e spero possa liberarsi da sè, prima o poi, senza che nessuno gli importi la libertà, che è poi un’altra cattività. Neanche a me piace l’ingerenza “imperialista” (posto che la trovo legittima, non giusta secondo il mio senso di giustizia, ma legittima) questo però non deve farmi confondere né tifare per un regime.

      Ne parliamo davanti a una birra? 🙂

      • Da quel che ne so io, la classe media non è molto numerosa…E chi si trova sopra se ne va, spesso anche pensando di non tornare più…e non felicemente. Hamed non vede l’ora di parlarne con due giornalisti 🙂

      • Va beh Valè, sempre a farmi smentire dalle donne. Facciamo una birra io, te e hamed. Un summit sull’Iran. Ti conto.

  2. ne ho festeggiati parecchi e mi sono trovato bene
    condivido molto di quello che hai scritto..
    Mi piace il riferimento a Zoroastro, sapevi che anche lui è morto a 33 anni credo a bastonate , come Ali Hussein (sciiti)anche lui morto a 33 anni (taglio della testa,e come siddarda morto a 33anni (lapidato) e Gesù ? strani i casi della vita

    Mauri

    • Bonaiti Emilio

      Scusate l’ignoranza ma se Hamed é musulmano non lo state trascinando sulla via della perdizione?
      Per Komeini siete tutti troppo giovani per ricordare l’esultanza della stampa ‘democratica e antifascista’ alla notizia della caduta del bieco imperatore e della sua sanguinaria polizia segreta. Quando cominciò a impiccare i comunisti l’entusiasmo si raffreddò visibilmente.

  3. Risveglio a Teheran, niente di nuovo sotto il sole ,il solito smog che opprime questa megalopoli che si delinea all’orizzonte con quel suo colore grigio-violaceo. Le gazze che continuano imperterrite nella loro ricerca di cibo e di oggetti luccicanti e battibeccano tra loro nella disputa di un pezzo di carta stagnola. Scendo in strada e percorro le strade alberate non ancora intasate dal traffico dei pendolari, le scuole sono ancora chiuse , si viaggia abbastanza bene ma….qualcosa di nuovo c’è …..le torrette della contraerea sono in movimento , le parabole dei radar scandagliano il cielo con una frenesia inusuale, alcune squadre di soldati ingrassano le rampe dei missili che si intravedono attraverso le aperture mimetizzate.
    Le Compagnie straniere hanno alzato il livello di rischio e aumentato di uno scalino il codice di allerta. Si sente qualcosa fermentare , non è ben definito ma si percepisce, non è certo per le future elezioni o per la dichiarazione che in Iran il programma nucleare va avanti comunque, c’è qualcosa di diverso , come se fosse in atto una esibizione di forza , di pettorali , contro le intimidazioni esterne. Il pericolo che l’Iran rappresenta per l’America non sono i suoi progetti nucleari, le armi di distruzione di massa, o il suo sostegno alle “organizzazioni terroristiche”, come pretende l’Amministrazione Americana. No, il vero pericolo è rappresentato dal suo tentativo di modificare il sistema economico mondiale utilizzando il petro-euro al posto del petrodollaro. Un tale cambiamento viene considerato, nei circoli americani, come una vera e propria dichiarazione di guerra economica che appiattirebbe i profitti delle aziende americane provocando anche un probabile collasso economico e questo colpirebbe anche gli amici israeliani .
    Nel giugno del 2004 l’Iran aveva già manifestato la sua intenzione di creare un centro di scambio petrolifero internazionale (una borsa) basata sull’euro. L’iniziativa trovava il favore sia di molti paesi produttori sia di molti paesi consumatori. Secondo le dichiarazioni iraniane tale borsa doveva iniziare la sua attività agli inizi del 2012. Naturalmente questa borsa si sarebbe trovata a competere con la borsa petrolifera di Londra (International Petroleum Exchange – IPE-), e con quella di New York (New York Mercantile Exchange – NYMEX-), ambedue in mano americana ma l’embargo ne ha rinviato la partenza.
    I paesi consumatori oggi non hanno scelta e sono obbligati ad utilizzare il dollaro quale moneta di acquisto del petrolio, dal momento che si tratta dell’unica valuta accettata nel settore. Di conseguenza le banche centrali sono costrette ad alimentare le loro riserve mediante l’acquisto di dollari, rafforzando in tal modo l’economia americana.
    Se l’Iran, seguito da altri paesi produttori, accettasse solo l’Euro al posto del Dollaro l’economia americana si troverebbe ad affrontare una vera e propria crisi. Alcuni paesi hanno cercato di studiare gli effetti della conversione da un dollaro sempre più debole ad un euro sempre più forte. La debolezza del dollaro è stata causata dal fatto che l’economia americana ha ridotto la propria base produttiva, esportando all’estero i propri impianti, con l’eccezione delle industrie delle armi, e affidando a paesi terzi la propria produzione. Ormai l’economia americana interna si fonda sui posti di lavoro nei servizi e sulle grosse spese necessarie per le due guerre che ha in corso. Gli investitori stranieri hanno incominciato a ritirare i loro capitali, provocando un ulteriore indebolimento del dollaro.

    La guerra economica dell’Iran è simile a quella di Saddam Hussein che, nel 2000, aveva convertito tutte le sue riserve di dollari in euro, richiedendo il pagamento del petrolio in euro. Gli economisti dell’epoca si fecero beffe di Saddam perché con la sua mossa aveva avuto ingenti perdite. Però gli stessi economisti furono molto sorpresi quando Saddam ha potuto recuperare tutte le perdite in meno di un anno, a causa della rivalutazione dell’euro. L’amministrazione americana era pienamente consapevole del rischio quando le banche centrali di altri paesi cominciarono a diversificare le loro riserve di dollari con l’euro e a formare un fondo per l’acquisto del petrolio con la stessa valuta (Banche centrali della Russia e della Cina nel 2003). Per evitare un collasso economico Bush si affrettò a invadere e a distruggere il paese, sotto falsi pretesti, per dare un esempio a quei paesi che avessero voluto abbandonare il Dollaro, e per cercare di influenzare le decisioni dell’OPEC avendo il controllo del secondo paese produttore. La vendita del petrolio iracheno è quindi tornata a essere quotata in petro-dollari.
    Per utilizzare l’euro quale moneta di scambio dei prodotti petroliferi esiste un solo problema tecnico, e cioè l’assenza di uno standard di quotazione dei prezzi in euro, un “indicatore” del petrolio, come viene utilizzato dagli industriali del settore. Gli attuali tre indicatori utilizzati sono tutti in dollari, sono il West Texas Intermediate Crude(greggio) (WTI), il Norway Brent crude, e il UAE Dubai crude. Però questo non ha impedito all’Iran di richiedere il pagamento in euro nelle sue vendite di petrolio all’Europa e all’Asia, sin dalla primavera del 2003.
    La determinazione dell’Iran di utilizzare il petro-euro risulta invitante anche per altri paesi come la Russia e i paesi del Sud-america, come anche per l’Arabia Saudita, dato il recente deteriorarsi dei rapporti USA/Sauditi. Allo stesso tempo questa decisione ha anche provocato una politica americana sempre più aggressiva che utilizza le stesse scuse usate contro l’Irak: armi di distruzione di massa sotto forma delle ricerche nucleari, aiuto all’organizzazione “terroristica” degli Hezbollah, e minacce alla pace in Medio Oriente.
    Il problema adesso è: come reagirà l’amministrazione americana sollecitata da Israele? Invaderanno l’Iran come per l’Irak? Però l’esercito americano è impantanato nella palude irachena. L’Iran non è l’Irak; ha un esercito molto più robusto. E’ fornito di missili anti-nave basati nell’isola di “Abu Mousa” che controlla lo stretto di Hormuz all’ingresso del Golfo Persico. L’Iran è in grado di chiudere lo stretto bloccando tutto il traffico navale petrolifero che rifornisce il mondo intero, provocando così una crisi petrolifera mondiale. Gli USA non possono rovesciare il regime di Teheran provocando il caos come hanno già fatto nel 1953 con Mossadeck, dal momento che gli iraniani ormai conoscono il trucco. In più gli Iraniani nutrono un orgoglio patriottico riguardo a quello che essi chiamano “la nostra bomba”. L’America si è dovuta rivolgere al suo figlioccio militare, Israele, per istigarlo e incoraggiarlo a colpire gli impianti nucleari dell’Iran, come fecero con l’Irak. Secondo indiscrezioni gli Israeliani si stanno esercitando a colpire i reattori iraniani per un prossimo ipotetico attacco. Israele ha paura della bomba iraniana. Una bomba atomica “islamica” rappresenta una grossa minaccia per l’egemonia militare israeliana nel Medio Oriente. La sua esistenza può provocare qualche concessione da parte di Israele oltre a una corsa agli armamenti che può impegnare tutte le spese israeliane per la difesa. Peggio ancora la presenza della bomba può obbligare gli USA a intavolare dei negoziati con l’Iran che potrebbero limitare ancor di più le ambizioni espansioniste di Israele.
    L’Iran ormai ha fatto grossi sforzi e investito molte risorse per soddisfare le sue ambizioni nucleari e non è certo disposta ad abbandonarle, come risulta anche dalla sua retorica politica e dal fatto che ieri ha aperto la sua centrale nucleare a Isfahan, sotto il controllo degli ispettori internazionali. A differenza dell’Irak l’Iran non rimarrà inerte di fronte a un attacco di Israele contro i suoi siti nucleari. Sicuramente reagirebbe in modo aggressivo con la destabilizzazione dell’intera regione medio orientale, compresi Israele, gli Stati del Golfo, l’Irak e anche l’Afghanistan.
    Io posso fare delle supposizioni, ma la guerra contro l’Iran è già iniziata…..Obama deve trovare una scusa più credibile di quella “delle armi di distruzione di massa” ormai è una menzogna che non sta in piedi ma le elezioni sono alle porte gli ebrei americani premono.
    Il fatto che la contraerea sia in allarme avvalora alcune tesi che fanno cenno a dei velivoli senza pilota che stanno sorvolando il territorio iraniano con strumentazioni sempre più moderne e efficaci.
    La violazione dello spazio aereo di una nazione sovrana è, di per sé, un atto di guerra. Ma la guerra con l’Iran è andata ben al di là di una semplice raccolta di informazioni. Il presidente Obama approfitta degli enormi poteri conferitigli in seguito ai fatti del 11 settembre, per condurre una guerra mondiale contro il terrore e per iniziare delle operazioni segrete all’interno dell’Iran.
    Altre voci danno la responsabilità delle azioni recentemente intraprese dai Mujahadeen el-Khalk, o MEK, un gruppo di opposizione iraniano sostenuto dalla CIA, un tempo guidato dai temibili servizi segreti di Saddam Hussein, oggi totalmente sostituito dalla Direzione delle Operazioni della CIA.
    E’ questa sarebbe una amara ironia della sorte constatare che oggi la CIA si serve di un gruppo appartenente a una organizzazione terrorista, addestrato in attentati dinamitardi dalle stesse forze dell’ex dittatore Saddam, che oggi stanno uccidendo i soldati americani in Irak, per condurre operazioni dinamitarde in Iran, quando Obama condanna ogni giorno le stesse cose però in Irak.
    Forse il detto che “il terrorista per uno è il combattente per la libertà per l’altro” è stato finalmente accolto anche dalla Casa Bianca, rendendo evidente tutta la vergognosa ipocrisia che guida l’andamento dell’attuale guerra globale al terrore.
    Ma altre voci danno per certo che ci sono altre azioni che avvalorano le ipotesi di un attacco imminente e si riferiscono agli stati vicini ormai sganciati dall’egemonia sovietica.
    Nel Nord, nel vicino Azerbaijan, i militari USA stanno preparando una base di operazioni per una presenza militare massiccia posta a preludio di una campagna terrestre avente lo scopo di catturare Teheran.
    L’interesse del segretario di Stato Americano per l’Azerbaijan può essere sfuggito agli addormentati media occidentali, ma la Russia e le nazioni del Caucaso hanno capito anche troppo bene che ormai i dadi sono stati tratti per quanto riguarda il ruolo dell’Azerbaijan nei confronti della prossima guerra con l’Iran.
    I legami etnici fra gli Azeri dell’Iran del nord e l’Azerbaijan sono stati a lungo sfruttati dall’ex URSS durante la guerra fredda, e questa possibilità di manipolazione interna è stata afferrata dagli agenti paramilitari della CIA e dalle unità speciali che si stanno addestrando con le forze dell’Azerbaijan per formare dei gruppi speciali capaci di operare all’interno dell’Iran sia per raccogliere informazioni, sia per condurre delle azioni dirette, sia per mobilitare l’opposizione interna ai Mullah di Teheran.
    Ma questo è soltanto uno dei compiti che gli USA hanno programmato per l’Azebijan. Le forze aeree americane, operanti dalle basi dell’Azebaijan, dovranno percorrere un tragitto molto più breve per colpire obiettivi sia a Teheran che nei dintorni.
    Gli Stati Uniti non hanno più bisogno di ricorrere ai vecchi piani della guerra fredda che prevedevano di arrivare a Teheran attraverso il Golfo Persico e le città di Chah Bahar e Bandar Abbas, I Marines possono prendere queste due città solo per proteggere il vitale stretto di Hormuz, senza la necessità di proseguire l’invasione via terra.
    Adesso esiste una strada per Teheran molto più breve, e cioè la strada che corre lungo il mare Caspio dall’Azerbaijan a Teheran. .
    Considerato il fatto che la maggior parte del lavoro logistico necessario per condurre le operazioni di supporto e comando a sostegno delle operazioni della guerra in Iran è già operativo nella regione, grazie alla massiccia presenza USA in Irak, il tempo per mettere tutto in azione per una guerra contro l’Iran sarà considerevolmente ridotto rispetto anche ai già ridotti tempi di esecuzione richiesti per l’invasione dell’Irak nel 2002-03.
    L’America e le nazioni occidentali continuano ad occuparsi della fallimentare tragedia che si sta svolgendo in Irak. Finalmente sia negli USA che altrove sta crescendo un dibattito e una riflessione molto necessari sulle cause della guerra in Irak e sul conseguente fallimento della occupazione post-bellica e delle forti pressioni per ritirare le truppe.
    Normalmente questo costituirebbe una piega favorevole degli eventi. Ma con i pensieri rivolti esclusivamente al passato non ci si accorge del nuovo crimine che si sta per ripetere in Iran da parte di una corporazione economica a capo di una delle nazioni più potenti della terra, e cioè una guerra illegale di aggressione, fondata su delle falsità, e portata avanti senza rispetto sia verso il popolo iraniano che quello americano.
    La maggior parte degli americani, in compagnia del grosso dei mezzi di informazioni, non vedono gli ormai evidenti preparativi di guerra, e si aspettano, invece, una qualche forma di sanzione.
    Ora non ci resta che sperare che tutta questa ridda di voci siano infondate e che tutto si risolva nei canali della diplomazia e prevalga il buon senso e non ancora una volta la logica del dio denaro.

    • Bonaiti Emilio

      Telegrafiche richieste di informazioni, con esposizione di dubbi, fidando sulla sua conoscenza non solo del paese di Zoroastro ma di tutto il teatro orientale:
      1) che di questi tempi gli Iraniani si convertano all’euro mi lascia perplesso.
      2) “L’orgoglio patriottico” alla luce delle parole della Guida Suprema pronunciate nel febbraio di quest’anno: ‘L’Iran sosterrà ogni gruppo o paese che confronti e combatta Israele […] vero tumore maligno che deve essere rimosso’ sarà ancora più forte?
      3) I paesi arabi a maggioranza sunnita come accoglieranno la bomba scita?
      4) Ma veramente crede che nell’attuale contesto politico e sociale lo statunitense Premio Nobel per la Pace farà la guerra?
      5) Sbaglio o il ‘Satana americano’ é impantanato in Afganistan e non in Irak?

      • 1) può anche lasciare perplessi ma se la convenienza si unisce al fatto di scontrarsi con gli USA può anche essere fattibile oppure sarà una semplice minaccia.
        2) il governo Iraniano è contro il sionismo non contro gli ebrei cmq credo che le minacce contro Israele siano anche quelle minacce dato che sgangiare un ordigno nucleare in quella zona in mezzo a stati arabi non sia proprio il massimo.
        3)Altri paesi mussulmani hanno la bomba (vedi Pakistan) e i paesi intorno credo non possano fare niente contro la bomba sciita se non accettarla.
        4) io non so se il premio Nobel per la pace farà la guerra contro l’Iran ma non mi sembra che in Irak o in Afganistan abbia fermato la guerra, ma di scuse per fare una guerra per la pace ne abbiamo sentite parecchie e le lobby non si arrendono facilmente.
        5)Il “Satana americano ” è impantanato da tutte le parti e come ben saprà la maggior parte delle truppe che operano in quei territori sono di organizzazioni private PSCs (vedi BlackWater) e di conseguenza hanno l’interesse che questi conflitti durino nel tempo e fermare una compagnia che fattura 100 miliardi di dollari all’anno non è cosa semplice.

        Io sono rientrato da qualche mese dopo anni di residenza in Iran e non credo che la situazione sia cambiata da Novembre ad adesso qualunque cosa dica la guida spirituale Kamanei visto che lui stesso ha già pronte delle fabbriche per produrre le SIM per i telefonini che ora con Hamanidnejad non riesce a mettere sul mercato.
        Saluti

  4. Bonaiti Emilio

    Ringraziando per le rapidissime risposte ultima definitiva domanda: L’Iran vuole distruggere Israele, vuole cancellare lo stato israeliano dalla carta geografica o é una calunnia messa in circolazione dai sionisti.

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