Il ciclista di Černobyl'

di Silvia Biasutti

La casa editrice “Guanda” ha la buona abitudine di pubblicare romanzi brillanti, spesso di autori meno conosciuti (in Italia), ma meritevoli di edizione. Nel romanzo “Il ciclista di Černobyl’”, lo scrittore spagnolo Javier Sebàstian mette in scena una ricostruzione della catastrofe di Cernobyl liberamente ispirata alla vita di Vasilij Nesterenko, che è stato direttore dell’Istituto di Energia Nucleare di Minks e ha lavorato in prima linea nel contenere gli effetti delle perdite del reattore 4 della centrale nucleare di Černobyl’.

Benché la narrazione abbia un incipit torbido, dove il delinearsi dei personaggi e dei fatti è dato un po’ per scontato, con il susseguirsi delle pagine emerge la storia avvincente di uno scienziato spagnolo che, in un suo viaggio di lavoro in Francia, incontra fortuitamente il fisico nucleare bielorusso Nesterenko, apaticamente seduto in un anonimo fast-food parigino dei nostri anni.

Nesterenko è un uomo stanco e malato, arrivato a Parigi grazie all’aiuto di una ONG locale. Con sé non ha documenti ed è restio a comunicare. Per un’incredibile coincidenza burocratica, lo scienziato spagnolo si trova a dover prendere in carico lo sconosciuto Nesterenko. Tra un flashback e l’altro, riemerge l’agghiacciante esperienza di Nesterenko, il quale ha vissuto nella temuta zona di esclusione, a pochi chilometri dalla centrale nucleare di Černobyl’, nel paese fantasma di Pripjat’. Il fisico bielorusso passa le sue giornate a visitare i bambini che vivono nella “Quarta zona”, andando di scuola in scuola con una fiammante bicicletta lasciata in fretta e furia da qualche evacuato dal disastro il 26 aprile del 1986.

A Pripjat’ non c’è riscaldamento, né grandi speranze di approvvigionamento di viveri, se non dai negozi abbandonati o coltivando in proprio funghi e barbabietole nel terreno contaminato. A Pripiat’ i pochi abitanti superstiti vivono fianco a fianco con la morte e cercano disperatamente di aggrapparsi alla vita, dimenticando di tanto in tanto i valori alle stelle del cesio-137. Nesterenko è riuscito a trovare una via di fuga dalle terre contaminate di Černobyl’, ma l’esilio in Francia si rivelerà più complicato del previsto.

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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5 commenti

  1. Interessante, sarà una delle mie prossime letture.

    • Bonaiti Emilio

      A chi fosse interessato alla tragedia di Chernobil mi permetto consigliare la lettura di “Tchernobyl et ses conséquences” di Anna Chassoniol del nove marzo 2005, pubblicato sul sito dell’Institut Pierre Renouvin “www.//ipr.univ-paris1.fr/” Bulletin n.21 Hiver 2005.
      Si farà un quadro della società sovietica.

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