GRECIA: Elezioni e bombe. L'illusione della democrazia

di Matteo Zola

Pianto greco

Una giornata di sole ad Atene, una mattina come tante nell’ormai quotidiano convivere con la crisi. Quella che noi, per stanca abitudine, chiamiamo “crisi” ma che sembra essere il tragico progressivo decomporsi del cadavere d’Europa,  parola che sembra avere ormai perso di significato nel solito via vai delle mattine sempre uguali di una Grecia  al collasso. Così tre giorni fa, nascosta sotto il sedile di una fermata del capolinea della metropolitana di Atene, un macchinista ha trovato una bomba pronta per esplodere composta da un innesco a orologeria collegato a quattro taniche di benzina. Una bomba artigianale – da quel che si è capito, non innescata – capace però di uccidere quanti si trovavano alla fermata: persone comuni, in ogni caso.

Può darsi si tratti di un gesto dimostrativo, intimidatorio, che comunque tradisce l’asprezza del clima sociale in Grecia poiché il collasso greco (quello vero) è un collasso sociale. Le famiglie si spezzano, aumentano le separazioni e i casi di suicidio, e prendono piede gli estremismi. I partiti populisti saranno forse i veri vincitori delle elezioni che si terranno ad aprile.

Ma se è facile berciare contro la “trojka” e la “dittatura finanziaria”, assai più difficile è trovare alternative. I megafoni e le bandiere rosse dei parolai nei cantieri navali del Pireo, le bombe molotov dei gruppi anarchici in piazza Syntagma, le bandiere nere agitate contro le banche dagli ultra-nazionalisti, non serviranno certo a trovare una “nuova via” alla crisi greca. A meno che i bombaroli non siano economisti e sociologi illuminati in preda al sacro fuoco della rivolta.

Il fatto è che le misure di austerità imposte dal Fondo Monetario in cambio dei prestiti, non sono negoziabili. Qualsiasi tipo di protesta, per questo, ne esce frustrata e per questo si fa sempre più violenta. Diventa allora necessario rafforzare gli organi di sicurezza e reprimere il dissenso, inasprendo lo stato di polizia, mettendo così a repentaglio la democrazia stessa. Un dissenso sempre più pericoloso, estremo, di cui la bomba al metrò di Atene è solo un primo segno.

I partiti politici greci, responsabili della grave crisi in cui si agita il Paese, pagheranno caro lo scotto, specialmente i socialisti del Pasok che, quand’erano al governo, hanno truccato i conti pubblici. Malgrado ciò il governo Papademos ha annunciato che si terranno elezioni parlamentari in aprile. Un modo per disinnescare la bomba sociale, anch’essa a orologeria, che rischia di far esplodere il Paese.

Secondo un sondaggio dell’8 febbraio condotto dalla Pubblic Issue per il quotidiano greco Kathimerini, i due partiti di maggioranza perderanno molti voti. Nea Demokratia si limiterà a perdere quatro o cinque punti percentuali, assestandosi sul 30% complessivo, mentre i socialisti del Pasok passeranno dal 43,5% del 2009 all’odierno 8%.

Di questa emorragia di voti beneficieranno partiti di minoranza come gli ultra-nazionalisti di Laos, acronimo che sta per Raggruppamento popolare ortodosso. Laos, che in greco significa “popolo”, viene fondato dal 2000 dal giornalista Georgios Karatzaferis ed ha nel proprio programma proposte come il rifiuto dell’entrata della Turchia all’interno dell’Unione Europea o la deportazione di tutti gli immigrati illegali su suolo greco. Il 10 febbraio Karatzaferis ha annunciato il voto contrario al pacchetto di riforme del governo Papademos e contemporaneamente quattro ministri di Laos facenti parte del governo Papademos si sono dimessi. Una scelta che potrebbe portare il Laos al 10%.

Anche il partito di estrema destra Chrysi Avgi (Alba d’Oro) potrebbe superare lo sbarramento del 3% ed entrare in Parlamento.

A sinistra il partito comunista greco arriverebbe al 12,5%, contro il 7% del 2009. Un voto che premia il populismo di un partito i cui rappresentanti scandiscono slogan contro il Capitale (probailmente non il loro). Essi sono però distanti dal mondo anarchico contro cui, durante le recenti manifestazioni di protesta, hanno organizzato un servizio d’ordine che ha evitato il lavoro sporco alla polizia. Diversa la sensibilità di Syriza (la Coalizione della sinistra radicale), più vicina alla galassia “antagonista“, che arriverebbe al 12% contro il 4,6% delle scorse elezioni. Il grosso del malcontento di sinistra dovrebbe portare voti al nuovo partito moderato Sinistra Democratica (al quale viene previsto un 18% delle preferenze).

La vera questione è sulle alternative. Cosa potranno proporre di “diverso” i partiti greci? Uscire dall’euro, impensabile. Cacciare la “trojka”, impossibile. E per fare cosa, poi? La Grecia, da sola, con o senza euro, non potrà mai portare il suo bilancio in attivo. Concedere elezioni in questo contesto serve solo a stemperare la tensione, a vendere l’illusione della democrazia, poiché nulla potrà cambiare davvero.

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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