RUSSIA: Mikhail Prokorov si candida al Cremlino, per un putinismo senza Putin

di Giovanni Bensi

da Mosca. È assai improbabile che l’oligarca Mikhail Prokhorov venga eletto presidente della Russia, tanto più che, come si crede di sapere in alcuni ambienti moscoviti, la sua candidatura è stata presentata con la “benedizione” di Vladimir Putin, come uno specchio per le allodole, al fine di attirare elettori che detestano Putin, ma non vedrebbero male un “putinismo senza Putin”. Comunque sia, il 18 dicembre la Commissione elettorale centrale (CEC) ha registrato, come prevede la procedura, il gruppo di elettori che appoggia Prokhorov. Egli è un “samovydvizhenets”, cioè un “autocandidato”, un candidato autonomo che si presenta fuori dagli schemi di partito, adesso che il gruppo di cui si era messo (era stato messo) a capo, “Pravoje Delo” (“Giusta Causa”), almeno per ora, ha fatto fallimento. Adesso, entro il 18 gennaio prossimo, Prokhorov dovrà presentare alla CEC non meno di 2 milioni di firme che sponsorizzino la sua candidatura.

Prokhorov, con un patrimonio che si conta in miliardi di dollari, non è un fallito. Egli è il portatore di grossi interessi economico-finanziari, e non si deve dimenticare che dietro “Pravoje Delo” c’è il “Rossijskij Sojuz Promyshlennikov i Predprinimatelej” (RSPP), l’Unione Russa degli Industriali e Imprenditori, cioè, pressappoco, la “Confindustria” moscovita. Che cosa propone al paese Prokhorov? Quali sono le sue idee e i suoi piani? Alla vigilia del congresso elettorale di “Pravoje Delo”, quel congresso che si concluse con la scissione del partito, Prokhorov aveva pubblicato sul suo blog un “Manifesto” che può essere senz’altro considerato anche il suo programma di governo.

Questo documento valuta la situazione nel paese e propone vie per il suo sviluppo. I suoi punti principali, in breve, sono: tornare all’elettività dei governatori (abolita da Putin presidente nel quadro della sua “verticale del potere), avviare un giusto sistema giudiziario, realizzare la modernizzazione dell’economia e orientarsi verso l’avvicinamento all’Unione Europea.

Secondo il documento di Prokhorov, l’attuale governo “non ha un quadro chiaro e realistico del futuro del paese. Il tenore di vita medio dei russi si trova al livello della fine degli anni ’80, mentre il potenziale industriale del paese in 20 anni si è notevolmente ridotto. La produttività media del lavoro nell’economia russa rappresenta il 6%-10% degli indici degli USA. Il 14% della popolazione atta al lavoro è occupata nella sfera dell’attività militare o delle forze dell’ordine: essi non partecipano alla produzione di valore aggiunto” – recita il “Manifesto”.

Nonostante l’aumento del prezzo del petrolio, osserva il “Manifesto” di Mikhail Prokhorov, il bilancio continua a trovarsi sull’orlo del deficit. Il documento rileva: “Nel bilancio federale per i prossimi tre anni vengono ridotte le spese per l’istruzione, l’assistenza sanitaria e i servizi. Crescono i finanziamenti solo per la difesa e le forze dell’ordine, il che priva il bilancio delle risorse per il finanziamento della prossima tappa della riforma delle pensioni”.

L’autore, o gli autori, del documento indicano sei vie d’uscita da questa situazione. In primo luogo essi propongono di ritornare all’elezione diretta dei capi dei “soggetti della Federazione” (abolite da Putin e di cui anche Medvedev ha auspicato il ripristino), il che permetterebbe di imporre il controllo pubblico sul potere esecutivo. Inoltre, gli ideologi della “Giusta Causa” favoriscono la formazione del governo sulla base dei risultati delle elezioni parlamentari (cosa che oggi, per quanto strano possa apparire, non avviene). Come seconda misura per importanza gli autori del manifesto ritengono l’introduzione di un autentico sistema accusatorio nella procedura giudiziaria. Parallelamente per l’esame delle controversie fra imprenditori ed enti dello stato viene proposta l’istituzione dei tribunali arbitrali.

In qualità di indirizzo principale della politica sociale, gli estensori del manifesto propongono il principio dell’”appoggio alla popolazione attiva”. “L’assenza di ascensori sociali, della possibilità di realizzare i propri piani di vita non può essere compensata da nessun livello di sussidi e facilitazioni” – si legge nel documento. Per questo la “Giusta Causa” favorisce la revisione di criteri con i quali viene valutato il livello di povertà. Nello stesso tempo il partito promette di dedicare una grande attenzione al problema della povertà nelle famiglie con figli e di aumentare le entrate dei pensionati. Gli autori del manifesto propongono di prestare l’assistenza sociale in modo “esclusivamente mirato”.

La politica economica del partito si basa sulla modernizzazione dell’industria: “Il paese ha bisogno di una nuova industrializzazione, della costruzione di centinaia di nuovi stabilimenti con un numero medio di occupati sui 300-1000, grazie ai quali si possa assicurare un nuovo livello di produttività. Per i politici di “Giusta Causa” una priorità fondamentale sta nell’attirare investimenti e nuove tecnologie e nella lotta per i mercati di vendita. Tutto questo dovrebbe essere ottenuto grazie all’avvicinamento all’Unione Europea. “Una forma o l’altra di alleanza della Russia e dell’Europa non solo è possibile, ma è cruciale sia perla Russia che per l’Europa” – rileva il manifesto.

Infine, un’altra direttiva d’azione è vista dagli ideologi di “Giusta Causa” nella lotta contro l’irresponsabilità dei funzionari. Viene proposto di includere nel messaggio annuale del presidente un capitolo obbligatorio con i 20-30 parametri in base ai quali gli elettori possono seguire di anno in anno i risultati raggiunti. In conclusione, gli autori del manifesto citano i principi fondamentali della “Giusta Causa”: priorità della proprietà privata, rinuncia all’inutile centralizzazione e ai monopoli, sviluppo della concorrenza, orientamento della politica economico-sociale alla creazione di posti di lavoro e al miglioramento della qualità della vita dei russi.

Chi è Giovanni Bensi

Nato a Piacenza nel 1938, giornalista, ha studiato lingua e letteratura russa all'Università "Ca' Foscari" di Venezia e all'Università "Lomonosov" di Mosca. Dal 1964 è redattore del quotidiano "L'Italia" e collaboratore di diverse pubblicazioni. Dal 1972 è redattore e poi commentatore capo della redazione in lingua russa della radio americana "Radio Free Europe/Radio Liberty" prima a Monaco di Baviera e poi a Praga. Dal 1991 è corrispondente per la Russia e la CSI del quotidiano "Avvenire" di Milano. Collabora con il quotidiano russo "Nezavisimaja gazeta”. Autore di: "Le religioni dell’Azerbaigian”, "Allah contro Gorbaciov”, "L’Afghanistan in lotta”, "La Cecenia e la polveriera del Caucaso”. E' un esperto di questioni religiose, soprattutto dell'Islam nei territori dell'ex URSS.

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3 commenti

  1. Mi piacerebbe avere una testimonianza dal Bensi sulla reale portata delle manifestazioni di protesta a Mosca. Anche la settimana scorsa i giornali italiani hanno “sparato” in prima le manifestazioni di massa che poi a ben leggere avevano in piazza 120mila persone (secondo gli organizzatori) che secondo me, ribadisco, è un numero piuttosto insignificante per una città come Mosca.

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