STORIA / 3 – Back to USSR

di Susanne Scholl

traduzione di Lorenza La Spada

Nel marzo 1991 la situazione era radicalmente peggiorata in tutto l’Impero. Molte repubbliche sovietiche chiedevano l’indipendenza e Mikhail Gorbaciov fu costretto ad indire un referendum. Il risultato fu “sovietico”: più del 70% degli elettori votò (stando ai risultati dichiarati) a favore dell’esistenza dell’Unione Sovietica.

Ma i riformatori radicali non si diedero per vinti. Eltsin chiese un decentramento del potere e la maggior parte dei politici delle quindici repubbliche sovietiche lo appoggiarono. Anche i minatori (il gruppo più potente nella struttura sociale sovietica) iniziarono uno sciopero per sostenere quest’istanza.

Nell’aprile del 1991 ci fu in Russia un turbolento congresso parlamentare. In un primo momento sembrava che Eltsin rincorresse una battaglia persa. Ma lo sciopero, la crisi economica sempre più minacciosa e l’elezione in Georgia del presidente nazionalista Zviad Gamsakhurdia, fecero aumentare i timori di un caos imminente. In questa situazione i deputati russi decisero che il 12 giugno sarebbero state indette delle elezioni per eleggere un presidente della loro repubblica.

Gorbaciov nel frattempo però aveva ottenuto l’appoggio dell’Occidente e quando Eltsin si presentò al Consiglio d’Europa di Strasburgo fu costretto a confrontarsi con una valanga di accuse e promise quindi che avrebbe sostenuto Gorbaciov in caso di emergenza. Nel frattempo lo sciopero stava distruggendo completamente la già precaria situazione economica e i due furono costretti ad un appello congiunto per convincere i minatori ad interromperlo. Ma lo sciopero ormai era diventato un segno di protesta a favore della democrazia e della libertà.

Alla fine di aprile fu inaugurata ufficialmente la campagna elettorale per il nuovo Presidente della Repubblica Russa e decine di migliaia di persone marciarono a Mosca in sostegno di Eltsin che aveva incassato anche l’appoggio degli scioperanti delle miniere di carbone della Siberia.

Il candidato che si apprestava a sfidarlo era un personaggio che più tardi nella nuova Russia avrebbe giocato un ruolo incredibilmente importante. Si chiamava Vladimir Zhirinovsky e rappresentava l’ala destra della politica russa, ma non era ancora così conosciuto e popolare come lo sarebbe stato di lì a pochi anni. Aveva però (secondo le indiscrezioni di allora) degli appoggi segreti molto potenti. Si trattava nientemeno che di Mikhail Gorbaciov, il quale (sempre secondo indiscrezioni) sosteneva Vladimir Zhirinovsky affinché desse l’idea che esistesse un’opposizione a Eltsin.

Gorbaciov cercò di frenare le affioranti forze centrifughe varando un programma di crisi che prevedeva una graduale transizione verso l’economia di mercato. E aveva proposto alle repubbliche un nuovo trattato di unione che avrebbe concesso loro maggiore autonomia. La crisi raggiungeva in questo momento il suo culmine.

/1: Il 1991, un anno chiave

/ 2: L’Unione Sovietica di fronte a una prova decisiva

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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