Ancora per Antonio Russo, "nemico naturale di ogni prepotenza".

Pubblichiamo qui di seguito un ricordo di Antonio Russo, scritto da Claudio Gherardini -giornalista free lance che alla fine degli anni Novanta ha lavorato, a Banja Luka, in collaborazione con l’Alto Commissariato dell’Onu per i rifugiati (UNHCR). 

Seguito da un pugno di ragazzini “di strada” Antonio andava in giro a cercar guai. Ricordo Antonio Russo che in una settimana a Pristina mi ha dato energie per una vita.

Ho conosciuto Antonio Russo nel dicembre del 1998 a Pristina. Ero stato inviato per vedere lo stato dei villaggi albanesi nel pieno della oppressione delle milizie serbe, punta armata della “corrente di pensiero” che sosteneva come lentamente gli albanesi avessero sfilato la terra natìa ai Serbi con la pratica demografica della moltiplicazione delle nascite, fino a diventare etnia di maggioranza e mettere alle corde la serbitudine proprio nella sua culla, tra i suoi monasteri. Per questo il Kosovo era da “ripulire”, secondo la Belgrado di Milosevic, Arkan, Seselj e compagnia bella.

I villaggi spesso erano macerie delle quali al tempo non si occupava quasi nessuno. Con l’aiuto di Antonio andammo a giro per le campagne e arrivammo a Zatric, poche case semidistrutte dove gli albanesi kosovari non avevano più nulla se non le macerie.

Quando incontri una persona ispirata lo capisci subito. Antonio era come un pesce nell’acqua nelle zone incasinate, un talento naturale ma non un “professionista” classico. Capivi subito che era una anima libera da ogni pregiudizio e da ogni laccio. Era “sovversivo” naturale in ogni situazione repressa. Un nemico naturale di qualsiasi prepotenza.

“Telefona pure con il mio telefono, tanto paga Radio Radicale” mi disse, io approfittai un poco della sua battuta, ma sapeva che nessuna altra testata avrebbe mai accettato uno come lui, nemmeno iscritto all’Ordine dei giornalisti. Uno che la parola ordine non la concepiva mai, figurarsi quando si trattava di fare il suo lavoro.

Ero un dilettante pivello al suo confronto, sembrava non aver paura di niente e quando lasciai dopo pochi giorni il Kosovo, lasciai un pezzo di me accanto a lui.

Quando ho saputo che l’avevano “incidentato” in Cecenia, mi sono sentito molto più solo.

Miserabili vigliacchi coloro che uccidono i giornalisti. Vigliacchi schifosi quando uccidono una persona libera e armata solo della sua penna.

Ora, da ateo, mi piace comunque immaginarlo con Baldoni e Anna e tutti gli altri cantastorie morti ammazzati, a ridere delle democrature euro orientali in qualche bettola vagante nel cosmo.

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