ALBANIA: Un referendum per non diventare la pattumiera d'Europa

da Ecoinchiesta

In Albania l’opposizione socialista si ribella e chiede un referendum per abrogare al più presto la legge che permette di importare nel paese rifiuti tossici di provenienza straniera. La norma, promossa dal governo di Sali Berisha e approvata lo scorso mese di gennaio da una ristretta maggioranza parlamentare, aveva sollevato fin da subito forti polemiche. Gli ambientalisti erano insorti denunciando l’intenzione di trasformare l’Albania «in un paese di stoccaggio di rifiuti» e anche il presidente della Repubblica, Bamir Topi, aveva in un primo momento respinto il testo reputandolo non conforme alle leggi ambientali in vigore nel paese.

Secondo il premier Berisha invece, Tirana «non riesce a fornire materia prima per l’industria del riciclo» quindi è costretta ad importare rifiuti. Tranquillizzanti erano sembrate a questo proposito le parole del ministro dell’Ambiente che aveva assicurato che il Paese delle Aquile non avrebbe importato «materie prime nocive, radioattive o non riciclabili».

Nonostante ciò la giornalista Marjola Rukaj ha documentato il sequestro nel porto di Bari di circa centocinquanta elettrodomestici usati già pronti a partire per l’Albania.

La pattumiera d’Europa
L’Albania è uno dei paesi più inquinati d’Europa. Una pattumiera molto più vicina dei soliti paesi africani, entrata da vent’anni nel mirino delle ecomafie. Ma non solo, anche delle nazioni più ricche, in primis l’Italia, hanno cercato in passato di approfittare il più possibile delle discutibili scelte dei governi locali. In particolare l’esecutivo presieduto da Berisha non è nuovo allo studio di progetti a forte impatto ambientale: dall’esportazione di sabbia per le coste leccesi al discusso mega-impianto eolico nel parco nazionale di Karaburum con l’obiettivo di fornire energia all’Italia, fino ad arrivare al “favoloso” sogno di impianti nucleari italo-albanesi.

Nel 2004 erano stati invece i socialisti a concludere un contestatissimo accordo con l’Italia per consentire il trasferimento di rifiuti. Un’intesa poi annullata grazie all’intervento della destra dell’attuale premier Berisha.
L’anno scorso una tv di Zagabria ha denunciato la portata dell’emergenza rifiuti albanese che provocherebbe, tra l’altro, il continuo arrivo di spazzatura sulle coste croate.

Storie di rifiuti “umanitari”
Già ai tempi del regime comunista di Hoxha si sono verificati i primi episodi di importazione di rifiuti, in particolare alimenti scaduti e tabacco. Caduto il Muro di Berlino e terminato l’isolamento del Paese, i traffici di rifiuti verso l’Albania hanno paradossalmente registrato un’impennata. Molte spedizioni mascherate dai Paesi europei come aiuti umanitari al settore agricolo albanese, erano in realtà solo un mezzo per esportare a buon mercato dei carichi ingenti di rifiuti tossici.

Un caso su tutti: tra il 1991 e il 1992 l’azienda tedesca Schnidt spedì a Tirana 480 tonnellate di sostanze chimiche pericolose vietate nella Comunità Europea. Tra queste il toxafene, sostanza altamente tossica, un litro della quale può avvelenare fino a due milioni di metri cubi d’acqua.

Nel 1993 l’arrivo in Albania dei rifiuti tedeschi provocò forti proteste da parte di Greenpeace. Si scoprì che le sostanze pericolose non erano state adeguatamente trattate e avevano iniziato a rilasciare liquidi tossici nel terreno, contaminando pozzi d’acqua e bacini idrici come nel caso del lago di Scutari.

Oltre al danno la beffa: nessuna sanzione poté attuarsi contro la Germania in quanto il trasferimento di materiale operato dalla Schmidt avvenne rispettando tutte le normative CE in vigore a quel tempo. Un invio di rifiuti tossici assolutamente legale, anche se moralmente discutibile.

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