ARMENIA: Il fascismo alle porte?

Lo scorso 21 Maggio gruppi di ultranazionalisti armeni hanno attaccato la “Marcia della diversità che avrebbe dovuto tenersi a Yerevan in occasione della Giornata Mondiale della Diversità Culturale per il Dialogo e lo Sviluppo indetta dalle Nazioni Unite. Gli estremisti hanno definito l’evento una “gay Pride” e per questa ragione ne hanno impedito lo svolgimento aggredendone i partecipanti al grido di “no alla perversione“. Questo attacco é purtroppo lungi dall’essere un caso isolato. Negli ultimi mesi la piccola comunità LGBT Armena é stata, infatti, vittima di una serie di attacchi omofobi di un’ estrema violenza che si sommano a una marcato aumento delle aggressioni omofobe e transfobiche. Oltre alla “marcia della diversità” il principale bersaglio di queste aggressioni, che in alcuni casi meritano di essere qualificate come terrorismo omofobo, é stato il DIY Bar, uno dei pochi locali gay-friendly della capitale armena. Più grave ancora, queste aggressioni e i loro autori sono stati difesi da politici e funzionari pubblici che in molti, troppi, casi si sono lanciati in dichiarazioni omofobe estremamente violente. Tanto gli attacchi come la reazione delle autorità armene pongono in evidenza la difficile situazione che vivono le persone LGBT in Armenia e la preoccupante ascesa dell’estrema destra ultra-nazionalista in questa repubblica post-sovietica del Caucaso meridionale.

Attacco Incendiario contro il DIY

Il primo in questa serie di attacchi omofobi avvenne l’8 di maggio scorso quando due giovani, che si autodefiniscono come “fascisti”, lanciarono delle bombe molotov contro una delle poche oasi di libertà che esistono nella capitale armena, il bar gay-friendly DIY. L’interno del DIY é stato completamente distrutto dalle fiamme (alcune foto dei risultati dell’attacco posso vedersi qui). L’attacco contro il DIY é stato uno shock per molti e ha generato un’enorme emozione nella comunità LGBT che si é immediatamente stretta intorno ai proprietari del locale dimostrando loro la sua solidarietà. Queste manifestazioni di solidarietà, però, non sono piaciute agli omofobi che, una settimana dopo il primo attacco (il 15 maggio), hanno attaccato di nuovo il locale distruggendone il poco che restava in piedi, strappando manifesti antifascisti e dipingendo svastiche sui muri. Gli estremisti di destra hanno inoltre lanciato una vera e propria campagna di intimidazione al fine di impedire che il bar riapra i battenti. Una dei proprietari del DIY, Armine “Tsomak” Oganesova, ha risposto agli attacchi e alle intimidazioni affermando che “é impossibile farmi paura. lotterò”.

Inizialmente molti hanno pensato che questi attacchi fossero opera di un gruppo neo-nazi, chiamato Dark Ravens Armenia, che negli ultimi mesi sta terrorizzando la comunità LGBT e interi quartieri di Yerevan. Grazie alle registrazioni delle telecamere a circuito chiuso del locale, la polizia (che dopo il primo attacco attese ben 12 ore per recarsi in loco e iniziare le indagini) ha potuto fermare due giovani armeno-iraniani che avrebbero ammesso i fatti. I due sono stati però immediatamente rilasciati grazie al fatto che la cauzione di 1 milione di dram (un po’ meno di $2600) fissata per ciascuno di loro, é stata pagata da due deputati della Federazione Rivoluzionaria Armena-Dashnaktsutyun (ARF-D).

Dichiarazioni del deputato Minasyan e ambiguità dell’ARF-D

Uno dei deputati dell’ ARF-D che ha pagato la cauzione per gli autori della distruzione del DIY, Artsvik Minasyan, ha anche difeso pubblicamente i due aggressori affermando che sono “normali” e che hanno “agito bene, nel contesto dell’ideologia sociale e nazionale”. Minasyan ha invitato i cittadini armeni a “combattere la diffusione dell’omosessualità” definendola una “minaccia per la sicurezza nazionale” e ha attaccato “Tsomak” Oganesova (rea ai suoi occhi di avere denunciato pubblicamente l’aggressione in una serie di interviste) dichiarando che sta “causando un danno morale alla società” e che persone come lei sono “distruttive per la società”.

Queste dichiarazioni hanno generato un’ondata di proteste contro l’ ARF-D tanto all’interno del paese come nella  diaspora armena e i dirigenti del partito hanno finito per distanziarsi dalle dichiarazioni del deputato, ma non lo hanno espulso dal loro gruppo parlamentare. Una posizione che molti hanno giudicato insoddisfacente. Tsomak Oganesova dal canto suo ha dichiarato che sospetta che l’ARF-D ha collaborato nell’attacco e ha affermato che ideologicamente la Federazione Rivoluzionaria Armena é molto vicina al fascismo.
L’ARF-Dashnaktsutyun é il più antico partito armeno e conta con molti sostenitori nella diaspora. Si tratta di un partito di ideologia socialista e nazionalista che si definisce come il “Partito Socialista d’Armenia”ed é membro dell’internazionale socialista dal 1996. Nelle ultime elezioni politiche generali, celebratesi lo scorso 6 maggio, ha superato a fatica lo sbarramento del 5% ottenendo 6 seggi.

Altre dichiarazioni omofobe

Minasyan non é stato il solo a lanciarsi in dichiarazioni omofobe e a appoggiare gli estremisti, trasformandoli in veri e propri eroi” nazionali. Eduard Sharmazanov, vicepresidente del Parlamento e deputato del Partito Repubblicano al governo, si é felicitato pubblicamente degli attacchi contro gli omosessuali che, ha dichiarato,“hanno creato un antro di corruzione nel nostro paese…come cittadino armeno considero che la ribellione dei due giovani armeni contro gli omosessuali é totalmente corretta e giustificata”. Hovhannes Sahakyan, un altro membro del Partito repubblicano, ha celebrato le gesta dei due giovani definendoli dei “patrioti”. E il capo di gabinetto del “Consiglio Pubblico d’Armenia”, Hakob Barkhudaryan, ha creato persino un profilo di facebook in onore dei due.

Un’ estrema destra in ascesa

Tanto gli attacchi omofobi come le dichiarazioni dei politici e funzionari che li hanno giustificati sono indicatori, non solo della persistenza di un’omofobia molto violenta, ma anche e soprattutto del rafforzamento di un’estrema destra estremamente aggressiva. Una situazione che é stata denunciata da intellettuali e attivisti per i diritti umani. Il direttore del Regional Studies Center (RSC, si tratta di un’importante centro di studi indipendente con sede a Yerevan), Richard Giragosian, ha notato che esiste una tendenza di fondo che alimenta “l’intolleranza, il pregiudizio e il settarismo”. Le attiviste per i diritti umani Karen Hakobyan e Lala Aslikyan hanno analizzato quanto avvenuto in un’ intervista con civilnet.am. Aslikyan ha affermato che “il fascismo é giunto alle nostre porte” e ha denunciato le crescenti restrizioni alla libertà della stampa, mentre Hakobyan ha notato il moltiplicarsi di gruppi di giovani ultra-nazionalisti che alimentano l’odio contro tutti coloro che non rientrano nella loro visione dell’ armenità. Lo scrittore Christopher Atamian ha pubblicato un articolo nel quale ha denunciato la “lenta discesa nel fascismo” del paese. E il professore dell’American University of Armenia (AUA) Vahan Bournazian ha pubblicato un articolo intitolato “Sex, Choice, Fascism and the Nation” in cui allerta sui pericoli del fascismo e ricorda che coloro che incoraggiano la violenza e l’odio fanno mostra della stessa intolleranza che portò al Meds Yeghern, il Genocidio degli armeni.

Anche la comunità internazionale ha reagito. L’UE e l’ambasciata degli Stati Uniti in Armenia hanno emesso dei duri comunicati di condanna di quanto avvenuto. Il direttore del programma regionale per l’Europa e l’Asia centrale di Amnesty International John Dalhuisen ha definito la riposta delle autorità armene come “assolutamente scandalosa” e ha ricordato loro che “proteggere i diritti umani delle persone LGBTI non é una concessione, ma un obbligo che lo stato armeno ha contratto in virtù del diritto internazionale”.

Vista la situazione non sorprende che l’Armenia si collochi agli ultimi posti un Europa per il rispetto dei diritti umani delle minoranze sessuali. Nell’ultimo “Rainbow Index” elaborato recentemente da ILGA-Europe l’Armenia ha ottenuto -4 punti in una scala che va dal -4,5 della Moldova e della Russia al +21 del Regno Unito.

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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3 commenti

  1. Articolo interessante, ma il titolo mi sembra molto forzato.

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