FOCUS: Elezioni ucraine/2 – La sconfitta di Yushenko

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Le elezioni del 15 gennaio confermano le attese, al primo turno delle elezioni presidenziali Ucraine non esce il nome del vincitore. Si andrà al ballottaggio, il 7 febbraio, tra Viktor Yanukovich, che ieri ha preso il 35% dei voti, e la ex premier del governo e leader del movimento ‘arancione’ Yulia Timoshenko, a cui sono andate circa il 25% delle preferenze. Tra gli altri vcandidati, l’ex ministro dell’Economia Sergei Tigipko ha preso il 13%, mentre il presidente uscente Viktor Yushchenko, con solo il 5% dei voti, è il grande sconfitto di queste elezioni.
La Timoshenko si dice certa di rimontare, concentrando su di sè i voti degli esclusi al primo turno giocando un grande tema: il filorussismo. Nel caso, infatti, vincesse Yanukovich il riavvicinamneto con Mosca sarebbe sensibile. Ma a cosa è dovuto l’insuccesso del Presidente uscente Yushenko?
Partiamo dalla biografia, Yushenko nasce nel febbraio del 1954; suo padre partecipò alla Seconda guerra mondiale e fu catturato dai tedeschi che lo rinchiusero nel lager di Aushwitz-Birkenau come prigioniero di guerra. Sopravvissuto allo sterminio, tornò in Ucraina dove si dedicò all’insegnamento della lingua inglese. Viktor iniziò la sua carriera pubblica nel 1976 facendo carriera nel sistema bancario sovietico. Nel 1983 divenne vice direttore per il Credito Agrario presso l’Ufficio della Repubblica Ucraina della Banca di Stato. Dal 1990 al 1993 fu vice presidente e primo vice presidente della Banca dell’Agricoltura JSC Ukraina. Nel 1993 Juščenko fu nominato Presidente della Banca Nazionale dell’Ucraina (la banca centrale ucraina). La svolta politica avvenne con la nomina a Primo Ministro, nel 1999, da parte di Leonid Kucma allora Presidente. Il governo Yushenko si scontrò subito con le oligarchie del carbone e del gas, e questo ne causò la caduta nel 2001. Inziò allora la collaborazione con Julia Timoshenko che fu nominata vice primo ministro. Molti ucraini videro la caduta di Juščenko con disappunto, e raccolsero quattro milioni di firme per una petizione in suo sostegno e contro il voto parlamentare. I sostenitori organizzarono anche una grande manifestazione a Kiev. Yushenko e Timoshenko organizzarono il loro ritorno sulla scena politica, anche cavalcando un progressivo aumento di consensi nelle regioni occidentali dell’Ucraina. Con il partito “Ucraina nostra” si candidò alle elezioni presidenziali del 2004.Fu una campagna elettorale molto tesa, a molti (in Ucraina e non) sembrò che si stesse per decidere il destino del Paese e i futuri equilibri dell’Europa orientale. La longa manus di Mosca intorbidiva le acque e il candidato filorusso Viktor Yanukovich pareva essere una minaccia per il futuro democratico della Repubblica.L’avvelenamento alla diossina di cui fu vittima Yushenko face capire al mondo che la posta in gioco era alta. Yuščenko sostenne che l’avvelenamento era stato attuato dagli agenti del governo; dopo la malattia, il suo volto rimase sfigurato. Anche alcuni tossicologi avallarono questa ipotesi (John Henry dell’St Mary’s Hospital di Londra e l’olandese Bram Brouwer trovò tracce di diossina nel sangue di Juščenko in quantità 6.000 volte superiori alla normalità) ma non tutti furono d’accordo con la diagnosi.Il risultato del voto fu controverso, e sospetti di brogli e frode spinsero Yushenko a rinnegare il risultato delle votazioni che davano vincente Yanukovich. Dopo tredici giorni di proteste popolari a Kiev e in altre città ucraine, che divennero conosciute con il nome di rivoluzione arancione, i risultati delle elezioni furono annullati dalla Corte Suprema. Yushenko vinse questa nuova tornata con il 52% dei voti.

La sconfitta di pochi giorni fa, alle nuove elezioni presidenziali, segue un quinquennio di scarsi risultati politici. L’Ue ha inspiegabilmente rimandato la partnership commerciale con l’Ucraina, la Nato non è pronta ad accogliere il Paese fra i suoi membri a causa dell’opposizione russa e il governo non ha neppure i soldi per pagare le forniture di gas in arrivo da Mosca. I due candidati presidenti, la Timoshenko e il solito Yanukovich, sembrano maggiormente inclini a un uso personalistico del potere e al compromesso con la Russia. La politica delle “mani pulite” di Yushenko non ha avuto successo in un paese dove troppe sono le pressioni e gli interessi geopolitici ed energetici.

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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3 commenti

  1. Questa frase deve essere corretta specificando il riferimento al padre e non al expresidente. se non lo fate – non sarete attendibili come fonte… “Partiamo dalla biografia, Yushenko nasce nel febbraio del 1954, partecipò alla Seconda guerra mondiale e fu catturato dai tedeschi che lo rinchiusero nel lager di Aushwitz-Birkenau come prigioniero di guerra. “…

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